I 7 cibi più puzzolenti al mondo (e perché ci piacciono tanto)
Dal durian all'hakarl passando per l'uovo centenario e il nattō. Uno studio dimostra perché continuiamo a mangiare alimenti
Si chiama “odore all’indietro” ed è il fenomeno per cui amiamo (non tutti, s’intende) i cibi maleodoranti. A dirlo è la scienza, che spiega il fatto specificando che il nostro cervello tende a collegare il forte odore dell’alimento al gusto rassicurante. In questo modo nella nostra testa si attiverebbe l’idea che la l’odore non è così importante rispetto alla goduria di quel cibo.
“Le molecole aromatiche dello zolfo, maleodorante, stimolano una combinazione unica di recettori per aiutarci a identificare l’odore”: a dirlo è James Wong, tra gli autori di Food-Delicious Science, programma su PBS. “Quando poi mangi il formaggio, succede qualcosa di magico: i composti aromatici vengono rilasciati nella bocca e si diffondono nella parte posteriore del naso. Ma stranamente il cervello li percepisce molto diverso da quello se ha avvertito solo attraverso l’olfatto”, spiega ancora Wong.
Ma non è solo il caso del gorgonzola. Sono tanti i cibi puzzolenti che continuiamo a ingurgitare. Eccone alcuni.
1. Durian
Mentre gli asiatici lo definiscono il “re di tutti i frutti, il resto del mondo lo conosce come l’alimento più puzzolente in assoluto. Il frutto nasce dall’incrocio di diverse specie di J-Queen, messo a punto da uno studente in Indonesia.
Arriva dalla fredda Islanda e già la traduzione letterale dice molto di questo alimento: “squalo fermentato” o – erroneamente, ma di gran lunga azzeccato – “squalo putrefatto”. Si tratta di carne di squalo lasciata fermentare. Il suo odore è terribile, simile a quello dell’ammoniaca.
L’uovo dei cent’anni arriva dalla Cina ed è un metodo di conservazione delle uova di anatra e più raramente di gallina o di quaglia. Il sapore particolare delle uova è dato dal processo di fermentazione, che prevede che le uova siano lasciate per cento giorni in un composto di acqua, sale, carbone e ossido di calcio. In pratica, nel lungo periodo di fermentazione, l’albume diventa gelatinoso e cambia colore, assumendo le sfumature dell’ambra. Il tuorlo, invece, diventa di un verdognolo scuro. L’odore, come possiamo immaginare, non è dei migliori.
Anche la “cagliata di soia” arriva dalla Cina e si tratta di tofu fermentato che assume, al termine del periodo di fermentazione, un odore fortissimo. Oggi è una vera raffinatezza culinaria, ma la sua ricetta è avvolta nel mistero. I venditori di Stinky tofu non la rivelano, ma si premurano di vendere il prodotto in strada o nei mercati, per la puzza inquietante che emana.
5. Nattō
Restiamo sempre in Asia e dal Giappone arriva il nattō. Tipico alimento della tradizionale giapponese, il nattō si ottiene tramite la fermentazione dei fagioli di soia. Il sapore molto forte, l’odore ancora di più, se possibile. A vederlo non ispira tantissimo: è appiccicoso e unto, oltre a essere particolarmente maleodorante. Di solito viene servito in abbinamento a riso e salsa di soia.
Arriva dalla Corea del Sud e puzza di ammoniaca: la carne di pesce lasciata a lungo in fermentazione, infatti, emana questo forte odore. Qualcuno dice che il suo odore assomiglia a quello di un gabinetto, ma il sapore, secondo gli intenditori, è pazzesco.
Ancora pesce, ma stavolta dalla cucina svedese. Il surströmming è conosciuto anche come “aringa acida” ed è un piatto tipico del paese nordico. Anche in questo caso, il pesce – l’aringa del Baltico – è lasciato fermentare a lungo. Il prodotto viene conservato in barattoli e quando la latta viene aperta, l’odore che il pesce emana è al limite del nauseante. Non a caso gli svedesi lo consumano all’aperto.