Bambini e immigrati: chi sono le vittime dell’attentato contro le moschee in Nuova Zelanda
Il 17 marzo un uomo armato è entrato in due moschee e ha ucciso 50 persone. L’azione terroristica è stata ripresa con il cellulare e mandata in onda via Facebook Live.
Le vittime di questa strage sono padri, madri, nonni, figlie e figli. Sono rifugiati, immigrati, cittadini Neozelandesi.
Emergono le storie dei musulmani uccisi e feriti nelle due moschee di Christchurch: tra loro anche profughi, bambini e una donna che ha salvato il marito in sedia a rotelle.
A soli tre anni, si ritiene che Mucad Ibrahim sia stata la più giovane vittima del massacro. Il piccolo era andato alla moschea di Al Noor con suo padre e il fratello maggiore Abdi, è lì che la famiglia è stata coinvolta nell’attacco mortale.
Poi c’è Alta Marie, che ha detto che suo marito Zulfirman Syah ha protetto loro figlio durante l’attacco a Linwood Masjid. Le azioni coraggiose di Syah hanno permesso di salvare il piccolo Averroes.
La famiglia di Khaled Mustafa aveva invece pensato di aver trovato sicurezza in Nuova Zelanda dopo essere fuggiti dal sanguinoso conflitto siriano solo pochi mesi fa. Ma anche lui è diventato vittima dell’odio quando è stato ucciso mentre pregava con i suoi due figli, Hamza, che ora è scomparso e Zaid, 13 anni, che si sta riprendendo da un’operazione di sei ore presso l’ospedale di Christchurch.
Poi coppie, ragazzi, bambini. Innocenti che si trovavano in Moschea quel giorno solo per una preghiera.