Lamiere, rifiuti e container abbandonati: ecco come vivono le 73 famiglie rom sgomberate a Giugliano | REPORTAGE
Il 10 maggio in un comune vicino Napoli 450 persone, di cui circa la metà minori, sono state sgomberate da un campo rom senza alcuna soluzione alternativa. TPI è entrato nel loro nuovo e precario insediamento
Sgombero campo Rom Giugliano famiglie | Nel pomeriggio, dopo l’ultimo acquazzone di un maggio insolitamente piovoso, i bambini camminano o saltellano a piedi scalzi nel fango e nelle pozzanghere. I genitori li osservano, chi da vicino, chi da lontano.
Mentre i più piccoli giocano, inconsapevoli di quello che sta succedendo, i grandi hanno negli occhi lo sguardo di chi ci è già passato. Hanno dovuto ricominciare diverse volte da zero le 73 famiglie rom di Giugliano, comune campano di circa 124mila abitanti, nella città metropolitana di Napoli.
Questa comunità rom è giunta in Campania a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta. Si tratta di persone di origine bosniaca, alcuni dei quali sono arrivati in Italia per sfuggire alla guerra nell’ex Jugoslavia. Molti hanno la cittadinanza italiana e la residenza nel comune di Giugliano.
Prima dell’ultimo sgombero avvenuto lo scorso 10 maggio, che ha costretto 450 persone a spostarsi per giorni da una zona all’altra del territorio, in un travagliato gioco dell’oca in cui venivano di volta in volta allontanati dalle forze dell’ordine, negli anni precedenti erano già stati sgomberati altre volte.
Il penultimo sgombero risale invece al 2016 ed è stato definito “inumano” in un rapporto di Amnesty International.
La mattina di lunedì 20 maggio le famiglie si guardano intorno incuriosite e un po’ diffidenti.
L’Associazione 21 luglio, che pochi giorni fa ha presentato sul caso un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (poi accolto), ha accompagnato una delegazione di giornalisti e parlamentari a vedere in che condizioni stanno vivendo queste famiglie da una settimana.
Nel sopralluogo sono presenti il deputato Riccardo Magi di +Europa, la deputata del Movimento Cinque Stelle Doriana Sarli e la senatrice Paola Nugnes. Ad accompagnarli c’è anche il consigliere comunale di Giugliano Nicola Palma.
Assenti invece la senatrice M5S Mariolina Domenica Castellone e il sottosegretario all’Ambiente Salvatore Micillo, entrambi eletti nel collegio di Giugliano.
Dopo lo sgombero del 10 maggio la comunità ha trovato una sistemazione precaria in un terreno privato della frazione Lago Patria in cui sorgeva un’ex fabbrica, tra lamiere e container abbandonati. Siamo a circa due chilometri dal campo sgomberato.
I più fortunati dormono nei camper. Gli altri in auto o nei furgoni.
“Io dormo qui con 8 figli”, dice una donna a TPI mostrando un container abbandonato e riempito di coperte e cuscini.
“C’è chi dorme in macchina, chi ha il camper o una roulotte”, racconta invece Giuliano, un altro abitante del campo, “Mio padre si è comprato una tendina e sta dentro. La più giovane qui è una bambina di due settimane, il più anziano ha più di 80 anni”.
“Stavolta è stato come le altre volte”, sostiene Giuliano, “abbiamo dovuto trovare noi una sistemazione, abbiamo dovuto occupare. Conoscevamo questi capannoni abbandonati da tanti anni e ci siamo appoggiati qua”.
Le famiglie non hanno accesso all’acqua corrente o all’elettricità, da pochi giorni hanno sei bagni chimici messi a disposizione dal comune.
La questione peggiore, però, per loro, è l’incertezza sul futuro. Potranno rimanere in quest’area? Per quanto tempo? Se saranno cacciati via dove andranno stavolta?
Dopo la visita alle famiglie rom, i parlamentari presenti hanno incontrato il sindaco di Giugliano, Antonio Poziello (Pd) per trovare una possibile soluzione.
“Dall’amministrazione non è arrivata alcuna alternativa, per cui chiediamo l’intervento della protezione civile e delle istituzioni di livello superiore, della Regione e del governo”, spiega Magi alla fine dell’incontro (qui il video con le dichiarazioni dei parlamentari).
Il sindaco non ha rilasciato dichiarazioni alla stampa né ha accettato le richieste di incontro con le associazioni che stanno seguendo le sorti delle famiglie.
La popolazione di Giugliano le ha abbandonate, anzi probabilmente non le ha mai neanche conosciute, perché queste persone non si sono mai integrate, né sono state messe nelle condizioni di farlo.
Persino i bambini non hanno potuto sviluppare legami con gli altri loro coetanei giuglianesi: non frequentano una scuola di Giugliano, ma una del quartiere Scampia di Napoli.
A prendersi cura di loro ci sono alcune associazioni religiose che vengono da Napoli e dalle zone circostanti. C’è l’instancabile padre Alex Zanotelli, e Enrico Muller, responsabile di CasArcobaleno di Scampia.
I religiosi erano presenti anche alla conferenza stampa che si è tenuta il 15 maggio alla Camera dei deputati.
“L’unica novità da allora è che il comune ha portato dei bagni chimici”, spiega Muller a TPI. “Per il resto non è cambiato niente. C’è un pochino più di agitazione, c’è l’insicurezza che aumenta. Qualcuno ha voluto costruirsi una baracca ma in realtà non si sa com’è la situazione”.
Sgombero campo Rom Giugliano: l’integrazione, un’alternativa possibile (e meno costosa)
“Ci sono tante comunità rom venute in italia nello stesso periodo che oggi vivono tranquillamente in casa, lavorando, facendo gli imprenditori”, osserva durante la conferenza stampa a Giugliano Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio.
“Penso a zone del nord ma anche del sud e delle isole. Fino a ieri la nostra associazione era a Mazara del Vallo, dove ci sono rom venuti nello stesso periodo che non hanno mai visto il campo. Hanno sempre vissuto nelle case e sono perfettamente inclusi sul territorio”.
“Questo per dire che nella storia dei rom in Italia un fattore determinante è dato dalle politiche che l’amministrazione ha deciso di attuare sul suo territorio”, spiega Stasolla. “Non è vero che i rom vivono nei campi, perché in Italia su 180mila rom sono 25mila quelli che vivono nei campi: è uno su sette”.
“Il caso di Giugliano è veramente anomalo. È la comunità che più di tutte ha subito delle politiche discriminatorie, segreganti e anche molto costose”, prosegue il presidente della 21 luglio. “Discriminare costa molto più che includere, a livello diretto e indiretto. Dare una residenza a una persona significa ad esempio assicurarle prevenzione per la salute. Non dargliela significa che questa persona avrà un costo molto più alto sulla sanità pubblica. Non dare scuola a generazioni di bambini significa in termini molto brutali non consentire che queste persone diventino una risorsa per il paese”.
Qui la diretta di TPI dalla conferenza stampa: