Ritratti di persone prima e dopo la morte

Il tedesco Walter Schels ha raccolto le storie di alcuni malati terminali e li ha fotografati quand'erano ancora in vita, e poi subito dopo il decesso
Noch Mal Leben è il nome del coraggioso progetto di un fotografo tedesco, Walter Schels, che ha realizzato una serie di scatti raffiguranti alcuni malati terminali mentre erano ancora in vita e subito dopo la loro morte.
La storia di cosa lo ha spinto a scegliere questo tema controverso e inquietante è utile a capire le sue intenzioni: secondo quanto ha dichiarato durante un’intervista al Guardian, Schels è stato per lunga parte della sua vita terrorizzato dalla morte, da quando cioè – crescendo a Monaco di Baviera durante la guerra – la sua casa fu bombardata ed ebbe occasione di vedere i corpi dilaniati delle vittime.
Questa paura lo ha accompagnato anche in età adulta, tanto che non ebbe per esempio il coraggio di vedere il corpo di sua madre ottantanovenne quando morì. Arrivato alla vigilia dei 70 anni d’età, e quindi costretto a confrontarsi con l’idea sempre più incombente della sua stessa morte, nel 2002 il fotografo ha però deciso di sfidare questa paura, e per farlo ha scelto di usare la sua arte per ritrarre persone destinate a una morte imminente.
Con la sua compagna, la giornalista Beate Lakotta – che si è occupata di raccogliere le storie dei soggetti dei ritratti – si è quindi recato presso alcune case di cura per malati terminali di Amburgo e Berlino, e lì ha chiesto ai pazienti di partecipare ad un singolare progetto: essere ritratti una prima volta da vivi e una seconda volta dopo la morte.
In queste occasioni ha scoperto che molti accettavano di buon grado la proposta, poiché spesso le persone incontrate erano ormai sole e amareggiate, e sentivano che posare per il suo progetto sarebbe stato un modo per lasciare una testimonianza di sé. Il fotografo si è occupato quindi di realizzare i ritratti, per poi tornare in fretta nella casa di cura non appena gli fosse comunicato dai responsabili del luogo l’avvenuto decesso di un paziente coinvolto nel progetto.
Nonostante lo choc che i secondi scatti, soprattutto inizialmente, gli hanno provocato, Schels ha proseguito nella sua sfida, e ha dichiarato di aver col tempo perso la sua fobia, imparando anzi a valorizzare la vita e le relazioni d’amicizia e parentela. Su TPI abbiamo raccolto una galleria di questi potenti ritratti.