La reazione di una donna alla diffusione delle foto della figlia disabile per promuovere l’aborto
"Ci sono persone che fanno di tutto per assicurarsi di mostrare la loro crudeltà. C'è gente che mi dice di uccidere mia figlia, per liberarla dalla sua miseria"
Negli ultimi anni i casi di cyberbullismo sono cresciuti esponenzialmente, e spesso si concludono con un tragico epilogo. Questo perché, con l’aumento dell’utilizzo di internet, è aumentato anche l’abuso di esso.
Recentemente, ad esempio, su Twitter sono state diffuse le foto di una bambina di nove anni di nome Sophia Weaver, affetta da una malattia neurologia chiamata sindrome di Rett. Fortunatamente in questo caso è stata la madre Natalie Weaver a rispondere al posto suo, e lo ha fatto nel modo più adatto a una madre che ama sua figlia.
Sophia è nata con alcune deformità del viso, delle braccia e dei piedi, e le è stata diagnosticata la sindrome di Rett quando aveva solamente un anno. La sua malattia consiste in un disordine cerebrale che ritarda l’apprendimento del linguaggio e della coordinazione motoria. Per questo motivo, la famiglia di Sophia si occupa di lei 24 ore al giorno, tutti i giorni.
“Ha avuto 22 interventi chirurgici”, ha detto Weaver all’emittente televisiva statunitense CNN. “Ha un tubo per l’alimentazione. Una sacca per la colostomia. Soffre di crisi epilettiche e soffocamento a causa sia delle deformità che della sindrome di Rett”.
Natalie Weaver vive a Cornelius, nel North Carolina, negli Stati Uniti, e non è estranea alle prese in giro di internet, cominciati due anni fa, nel 2016, con l’inizio della sua lotta per far approvare, nel suo stato di origine, una proposta di legge riguardante Medicaid, il programma federale sanitario degli Stati Uniti d’America che provvede a fornire aiuti agli individui e alle famiglie con basso reddito salariale.
Questo ha spinto la donna a parlare più spesso e più apertamente delle condizioni della figlia, ma “le persone ti cercano e vogliono ferirti”, ha detto Weaver. “Ci sono persone che fanno di tutto per assicurarsi di mostrare la loro crudeltà. C’è gente che mi dice di uccidere mia figlia, per liberarla dalla sua miseria”.
Una di queste persone, in particolare, voleva davvero essere ascoltata: non solo ha condiviso la foto di Sophia accompagnata da un paragrafo in favore dell’aborto, citando l’account Twitter di Weaver e inviandole un messaggio diretto.
“L’ho bloccato. Speravo solo che sparisse”, ha detto Weaver, “ma non è mai stato rimosso. L’account è rimasto”. Anzi, la donna ha raccontato che Twitter le aveva persino inviato un messaggio in cui diceva che il post non violava le loro politiche, e dunque non necessitava di essere rimosso.
Con il passare del tempo, l’account Twitter che aveva scritto quelle dolorose frasi ha cominciato a contattare i seguaci di Weaver su Twitter, mentre il tweet con la foto di Sophia continuava a ossessionare la donna. Dunque, la madre di Sophia ha iniziato a chiedere alle persone di segnalarlo e ha anche raccontato la sua storia a un giornale locale, sperando di mettere abbastanza pressione su Twitter.
Dopo circa una settimana e mezza di battaglie senza sosta contro quel tweet, la donna ha ricevuto un altro messaggio da Twitter, in cui la compagnia si scusava, comunicava di aver rimosso il post offensivo e sospeso l’account da cui proveniva.
Soddisfatta del risultato, Weaver ha iniziato a parlare del modo in cui Twitter esamina i contenuti: “Twitter deve aggiungere le persone con disabilità come categoria contro la quale vengono realizzate le violazioni”, ha affermato. “Altrimenti le persone non sanno quale categoria selezionare per l’odio verso le persone con disabilità”.