Questa è la Siria, questa è Aleppo: la risposta in quindici foto
Una sequenza di immagini, alcune molto forti, mostrano la situazione drammatica in Siria dove a pagare il prezzo più alto di cinque anni di guerra sono i bambini
“Che cos’è Aleppo?”, se lo domandava qualche giorno fa il candidato alla Casa Bianca, Gary Johnson, collezionando una gaffe in diretta televisiva, nel corso di un’intervista rilasciata all’emittente americana Msnbc.
Si discuteva della crisi siriana e di quello che il futuro presidente statunitense avrebbe fatto per risolvere la situazione di stallo e di conflitto che da oltre cinque anni sta devastando il paese.
L’esponente del Partito Libertario ha chiesto candidamente che cosa fosse Aleppo, dimostrando scarsa conoscenza sulla questione.
La risposta a questa domanda è racchiusa in questa serie di immagini, alcune piuttosto forti, che ritraggono in prevalenza le vittime più deboli e più esposte di questa lunga guerra, ossia i bambini.
Secondo l’ultimo rapporto diffuso dall’Unicef nel marzo scorso, il numero complessivo dei minori siriani colpiti dalle conseguenze della guerra, all’interno del paese o negli stati dove si sono rifugiati, è di circa 8,4 milioni ovvero oltre l’80 per cento della popolazione infantile della Siria.
“In Siria le violenze sono diventate la normalità. Vengono colpiti in modo indifferenziato case, scuole, ospedali, cliniche, giardini, parchi gioco e luoghi di preghiera”, ha dichiarato Peter Salama, direttore Unicef per Nord Africa e Medio Oriente. “Circa 7 milioni di bambini vivono in uno stato di miseria che ha reso la loro infanzia un’età di perdite e privazioni”.
Metà dei rifugiati (51,6% secondo i dati Unchr più aggiornati) sono minori di 18 anni. E hanno abbandonato la Siria almeno 15mila bambini non accompagnati da adulti o rimasti separati da essi. “In questi 5 anni di guerra milioni di bambini sono cresciuti troppo in fretta”, ha sottolineato Salama. “In questo conflitto che non accenna a finire, i bambini stanno combattendo la guerra degli adulti”.
La drammatica situazione ad Aleppo
Nella seconda città della Siria dopo la capitale Damasco, sono almeno 75mila i bambini che combattono quotidianamente per riuscire a sopravvivere, soprattutto nei quartiere a est di Aleppo.
La città è stata negli ultimi anni al centro della lotta tra il regime di Bashar al-Assad e dei ribelli impegnati in una contro-offensiva per cacciare le forze governative, e viceversa.
Nel mese di giugno, le forze governative con l’aiuto dei caccia russi hanno tagliato l’ultima via di accesso ai rifornimenti che fino ad allora aveva resistito nell’area orientale della città, al fine di bloccare l’avanzata dei gruppi ribelli ma nel contempo rendendo la vita ancora più difficile ai 300mila siriani ancora residenti nella città.
L’assedio è stato rotto ai primi di agosto dalle forze di opposizione, ma la situazione è peggiorata denotando una vera e propria catastrofe umanitaria.
Il cibo scarseggia e non vi sono mercati o negozi per poter acquistare il necessario per sopravvivere. Molti siriani hanno cercato una soluzione nella coltivazione di piccoli orti, ma insufficiente per colmare la richiesta.
Secondo Human Rights Watch, i prezzi dei prodotti alimentari di base sono aumentati notevolmente da quando è iniziato l’assedio: un chilo di riso è arrivato a costare 14 dollari, un chilo di zucchero 20 e l’olio d’oliva 44 dollari.
La situazione degli approvvigionamenti d’acqua si è rivelata ancora più drammatica: quasi due milioni di persone non hanno avuto accesso all’acqua corrente dal 31 luglio, a causa di un bombardamento che ha interrotto la corrente delle pompe che trasportano l’acqua, secondo quanto riferito dall’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari.
Pertanto i residenti in città – un terzo dei quali sono bambini – si sono affidati all’acqua dei pozzi potenzialmente contaminati da materiale fecale o altre sostanze pericolose.
Inoltre, non avendo a disposizione combustibile per bollire l’acqua o cucinare, molti residenti (soprattutto bambini, con un sistema immunitario più debole) hanno mostrato dei sintomi da intossicazione.
Secondo Save The Children, nella città di Aleppo nell’ultimo periodo si sono registrati numerose malattie legate all’acqua non potabile e alle condizioni sanitarie in generale, dovute principalmente alla mancanza di servigi igienici adeguati.
Gli ospedali nel mirino dei continui raid aerei
Aleppo ha registrato una grave perdita numerica di ospedali e strutture di pronto soccorso: sei degli otto ospedali presenti nelle aree orientali della città sono stati distrutti o danneggiati negli ultimi anni. Sotto accusa il regime di Damasco e i suoi alleati, responsabili di innumerevoli bombardamenti ai danni delle strutture mediche.
Attualmente in città sono rimasti in tutto 35 medici per 300mila residenti. “Essere un medico ad Aleppo è una delle professioni più pericolose che si possa immaginare oggi”, ha raccontato al Time Magazine un membro di Medici senza Frontiere in Medio Oriente.
“Molti colleghi sono stati uccisi dai bombardamenti, altri sono fuggiti e i pochi che sono rimasti sono consapevoli di mettere la propria vita a repentaglio, con il solo scopo di fornire aiuti alla popolazione pur sapendo di poter essere uccisi ogni giorno”.
Gli ospedali ad Aleppo sono generalmente delle piccole strutture: hanno sede in qualche scantinato o in appartamenti ancora in piedi. Di solito hanno la disponibilità fino a un massimo di 40 posti letto, con un numero ridotto di medici e di personale infermieristico. Nonostante il numero ridotto di spazi, le strutture ospitano a volte un centinaio di persone ferite alla volta.
Anche i mezzi di soccorsi sono stati danneggiati gravemente dalle bombe. Su otto ambulanze disponibili, più della metà sono state in parte distrutte: molte non hanno più gli sportelli o le finestre, e altre sono state colpite dai raid aerei.
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