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La cooperativa di ragazzi africani che vive a Roma producendo yogurt

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Barikamà è un progetto di micro reddito nato nel 2011 che promuove l’integrazione e la sana alimentazione, attraverso la produzione di yogurt ed ortaggi biologici

Suleman, Aboubakar, Cheikh, Sidiki, Modibo, Seydou e Ismael sono sette ragazzi, provenienti dall’Africa occidentale, che vivono a Roma. Sono i membri della cooperativa sociale Barikamà, un progetto di micro reddito nato nel 2011, che promuove l’integrazione culturale e la sana alimentazione, attraverso la produzione di yogurt ed ortaggi biologici, e la distribuzione, rigorosamente in bici, in tutta Roma e dintorni.

Si tratta di giovani con alle spalle storie simili a molti immigrati residenti in Italia: dalla tradizione contadina del paese d’origine, al viaggio attraverso il Mediterraneo, allo sfruttamento selvaggio nei campi, fino allo stallo nei centri d’accoglienza italiani. Ciò che fa la differenza è il modo in cui hanno scelto di andare avanti.

L’idea nasce nel 2010 quando, per il rinnovo del permesso di soggiorno, hanno bisogno di trovare lavoro, ma i loro curriculum non vengono presi in considerazione. Decidono così di “mettersi in proprio”. Con l’aiuto del centro sociale romano Exsnia, che li ha accolti dopo lo sbarco nella capitale, riescono ad ottenere i contatti di alcuni agricoltori della zona, da cui apprendono la lavorazione del latte pastorizzato. 

“In Africa lo yogurt viene prodotto diversamente”, ci racconta Cheikh, uno dei membri fondatori della cooperativa. “Basta filtrare il latte, versarlo nel calabash (tipico contenitore africano ricavato dalla scorza di una zucca, ndr.) e, una volta coperto, far riposare per una notte. Qui, in Italia, è più complesso”.

I primi tentativi nella piccola cucina del centro non danno i risultati sperati, ma i ragazzi non demordono e decidono di unire la tradizione maliana della lavorazione del latte a quella locale. Basta poi un micro finanziamento (30 euro) di Ilaria, amica del centro sociale, per far decollare il progetto.

Oggi Barikamà non rappresenta più un esperimento sociale, ma è diventata un’impresa vera e propria, che rispetta le proprie responsabilità ed incornicia i propri successi. Nel 2013 la cooperativa vince un bando stanziato dalla regione Lazio che finanzia attrezzature come biciclette e frigoriferi professionali per una somma complessiva di 20.000 euro. Ma intanto quel denaro deve essere anticipato e sono costretti a chiedere una mano. A venirgli incontro stavolta sono i membri dei Gas, Gruppi di Acquisto Solidale, che, attraverso la dinamica del pre-acquisto, anticipano all’associazione il prezzo per una spesa di yogurt annuale. Il debito da saldare, dopo tre anni dal prestito, è di 284 euro, ma riuscirà ad essere regolato per il 2017.

Le richieste dei prodotti, infatti, sono aumentate enormemente: dai primi 15 litri agli attuali 300 litri a settimana. Dal 2014 la cooperativa ha fatto un grande passo avanti. Ha aperto le porte a nuovi membri, tra cui Mauro, affetto dalla sindrome di Asperger, e ha deciso di estendere la produzione anche alla coltivazione biologica di verdure. L’orto, certificato da Icea (Istituto per la certificazione etica ed ambientale), è al Casale Martignano (35 km dalla capitale) dove, una volta a settimana preparano il carico di yogurt.

Le soddisfazioni che la vita sta riservando loro si sommano, tuttavia, alle tante cicatrici del passato. Barikamà in lingua bambara significa “resilienza”, ci spiega Cheikh. “Abbiamo superato tante difficoltà: il nome della cooperativa doveva raccontarci, esprimere il senso di qualcosa che non cade mai, che va sempre avanti”.

Suleman Diara, direttore e fondatore della start-up, conferma questa definizione. Ha 30 anni e viene dal Mali, dove ha vissuto circondato dai campi di mais, miglio e riso. La sua vita s’intreccia a quella di Sidiki e Aboubakar, con cui ha condiviso, anche se non direttamente, l’esperienza di Rosarno. Vengono a contatto con la brutalità del razzismo, la schiavitù nei campi di arance, dove lo stipendio di pochi euro non copre neanche le spese degli spostamenti. Ma nel 2010 la frustrazione degli oltre 1500 extracomunitari impiegati nei campi di Rosarno e Gioia Tauro esplode. 

Da quel momento per loro inizia una nuova serie di spostamenti tra Calabria, Puglia e Sicilia. Nelle campagne di Foggia, Sidiki vede per la prima volta Ismael, con cui, però, entra in contatto solo una volta giunti a Roma. Ismael, nato nella Repubblica del Benin, è sbarcato in Italia nel 2009 ed è l’ultimo arrivato nell’associazione.

Cheikh, invece, viene dal Senegal. Frequentava la facoltà di Biologia quando, al secondo anno di studi, un allenatore portoghese lo convinse a partecipare alla selezione per entrare nella squadra di calcio Benfica di Lisbona. La prova non andò bene. Arrivò a Roma, dopo essersi fermato a Milano e a Napoli per pochi mesi perché “vendere le borse false alla stazione e scappare all’arrivo della polizia” non gli piaceva. Mobido nasce in Guinea, Saydou in Gambia. Entrambi hanno contribuito alla nascita del progetto cinque anni fa.

In Italia risiedono attualmente 5 milioni di stranieri. Si tratta di 5 milioni di storie che, a volte, si combinano dando vita a qualcosa di nuovo, dai risvolti positivi. È questo il caso di Barikamà.

*A cura di Luisa Ammirati

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