Lo Zimbabwe libera duemila detenuti
Alla base di questa decisione c'è la volontà di arginare il sovraffollamento delle carceri che affligge il paese e promuovere migliori condizioni di vita
Il governo dello Zimbabwe presieduto da Robert Mugabe ha concesso la grazia a duemila detenuti. Alla base di questa decisione c’è la volontà di fronteggiare il problema del sovraffollamento delle carceri che affligge il paese e l’intento di promuovere migliori condizioni di vita. Lo ha reso noto giovedì 26 maggio il quotidiano nazionale Herald.
Ma come ha precisato l’agenzia di stampa Reuters, la decisione è stata presa anche per far fronte alla scarsità di cibo dovuta alla mancanza di finanziamenti da parte del governo.
Il provvedimento deciso da Mugabe riguarderà almeno duemila detenuti, compresi “tutti i minori indipendentemente dalla gravità dei loro crimini e tutte le detenute donne, fatta eccezione per coloro rinchiusi nel braccio della morte o condannati all’ergastolo”.
L’amnistia vale invece per i condannati all’ergastolo prima del 1995, per coloro che dovranno scontare una pena detentiva inferiore ai tre anni, per i malati terminali e per quelli condannati per il furto di bestiame. Non saranno inclusi in questo provvedimento che prevede una cancellazione del reato, i detenuti condannati per omicidio, tradimento, stupro, rapina a mano armata e reati sessuali.
“Le 46 prigioni del paese sono sovraffollate. Sulla carta possono contenere fino a un massimo di 17mila detenuti, quando in realtà ne ospitano 19mila”, ha precisato Priscilla Mthembo portavoce del servizio di correzione penitenziaria all’Herald.
La continua carenza di cibo ha alimentato dei conflitti all’interno delle carceri, secondo quanto riferito da Reuters. “Nel marzo del 2015 cinque prigionieri sono morti dopo essere stati colpiti dalla polizia durante una protesta scoppiata per la mancanza di cibo, poi degenerata in scontri violenti”.
L’ultimo indulto di massa concesso dal presidente Mugabe risale al 2014, sempre per gli stessi motivi: ridimensionare il massiccio sovraffollamento dei penitenziari del paese e fronteggiare la mancanza di cibo. Prima che questo decreto venisse varato, un rapporto del 2013 stilato dall’ambasciata degli Stati Uniti a Harare ha descritto le condizioni di detenzione terribili vissute dai detenuti.
Tra gennaio e novembre del 2013, oltre 100 prigionieri sono morti in carcere a causa della malnutrizione e per altre cause naturali aggravate dalle cattive condizioni sanitarie, che hanno contribuito alla diffusione di malattie virali come il morbillo e la tubercolosi, e in casi più gravi anche all’Aids. Inoltre, i detenuti non hanno avuto accesso all’acqua potabile, molti di loro sono stati costretti a dormire sul pavimento per la mancanza di materassi. Nei mesi invernali, i prigionieri non hanno potuto indossare vestiti caldi.
I penitenziari del paese non ricevono dei finanziamenti da parte del governo, e nella maggior parte dei casi sopravvivono grazie alle donazioni di enti benefici, primo fra tutti la Croce rossa internazionale che fornisce coperte, vestiti e cibo.