La vittoria scontata di Nazarbayev in Kazakistan
Nursultan Nazarbayev ha vinto per la quinta volta consecutiva le elezioni presidenziali in Kazakistan con la quasi totalità dei voti. È al potere dal 1989
Nursultan Nazarbayev ha vinto le elezioni presidenziali in Kazakistan con il 97,7 per cento dei voti.
È la quinta volta consecutiva che si afferma nelle consultazioni per eleggere il presidente della Repubblica del Kazakistan, un Paese dell’Asia centrale confinante con la Russia e con la Cina che conta di circa 18 milioni di abitanti.
Nazarbayev è al potere dal 1989. È stato segretario del partito comunista dell’allora Repubblica socialista sovietica del Kazakistan, all’epoca parte dell’Unione Sovietica, dal 1989 al 1991.
Dall’indipendenza del Kazakistan in poi, vale a dire dal 1990 a oggi, è stato ininterrottamente presidente del Paese.
Le elezioni si sono tenute domenica 26 aprile e l’affluenza al voto è stata del 95 per cento. Oltre a Nazarbayev c’erano altri due candidati alla presidenza. Nessuno dei due proveniva dall’opposizione, ed entrambi erano in realtà considerati vicini al presidente.
Il primo è un ex alto dirigente del partito comunista, Turgun Syzdykov, di 67 anni. Il secondo è il candidato indipendente Abelgazi Kusainov, di 63 anni, già a capo della federazione dei sindacati. I due candidati hanno ottenuto rispettivamente l’1,6 e lo 0,7 per cento.
L’opposizione ha preferito non presentare alcun candidato, convinta delle irregolarità che avrebbero avuto luogo nelle elezioni presidenziali, evitando così di partecipare a quella che considera una farsa.
L’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha registrato una pressoché inesistente possibilità di competere con il presidente Nazarbayev da parte dell’opposizione, in buona parte per via del controllo mediatico esercitato dal capo di Stato kazako.
Nazarbayev ha trasformato l’economia del Kazakistan in una delle più forti dell’Asia Centrale, attirando numerosi investimenti stranieri e stringendo ottimi rapporti diplomatici con Russia, Cina, Stati Uniti e Unione Europea.
Tuttavia nel Paese si registrano ancora numerose violazioni dei diritti umani, che limitano la libertà d’espressione e di culto, scrive Human Rights Watch.