Il ministro degli Esteri cinese a Roma: la partita del 5G contro Trump si gioca anche in Europa
Inizia dall'Italia il tour europeo del ministro degli Esteri di Pechino Wang Yi, che in seguito all'incontro con Luigi Di Maio a Roma partirà alla volta di Amsterdam, Oslo, Parigi e Berlino. Con l'intento di scongiurare la creazione di un fronte transatlantico contro la Cina dopo il no di Londra a Huawei
È iniziato oggi a Roma il tour europeo del ministro degli Esteri e Consigliere di Stato cinese, Wang Yi, il primo viaggio al di fuori dei confini della Cina da quando si è diffusa l’epidemia di Covid-19. Dopo l’incontro con il suo omologo italiano Luigi Di Maio a Palazzo Madama, Wang volerà alla volta di Amsterdam, Oslo, Parigi e Berlino, in una missione strategica con cui Pechino gioca la sua partita sul 5G in Europa, a poche settimane dalla visita del capo della diplomazia americana Mike Pompeo. In un tour realizzato a inizio agosto tra Austria, Inghilterra, Repubblica Ceca, Danimarca, Polonia e Slovenia, il ministro di Trump ha messo sul tavolo dei Paesi del nord e dell’est Europa la richiesta di rispedire al mittente le avances del dragone. Con qualche successo: il Regno Unito si è già impegnato a rimuovere Huawei dalla sua rete 5G entro il 2027.
E adesso l’intento opposto di Wang in Italia, Germania, Francia e Paesi Bassi è quello di prevenire la creazione di un fronte transatlantico unito contro la Cina, specialmente sul 5G, in un momento in cui il resto dei Paesi si è mostrato in larga parte neutrale nella guerra di dazi e sanzioni tra Pechino e Washington. La tempistica non è casuale: Angela Merkel ha annunciato che prenderà la sua decisione a ottobre prossimo, e il ministro sa bene che la scelta potrebbe influenzare anche gli altri Paesi in bilico. Se Berlino dovesse cedere alle pressioni atlantiche e escludere Huawei dalla propria rete 5G come Londra, gli indecisi potrebbero accodarsi. Se invece fosse Pechino a spuntarla, Donald Trump potrebbe ricorrere alle ritorsioni annunciate, soprattutto per quanto riguarda la collaborazione dei servizi di intelligence. Sempre che il tycoon sieda ancora alla Casa Bianca dopo le elezioni presidenziali in programma a novembre.
Intanto in Italia è stato il Copasir a esprimere preoccupazione per l’impiego della tecnologia cinese nel settore delle comunicazioni. Il presidente del Comitato parlamentare e esponente della Lega Raffaele Volpi ha esortato il governo a decidere alla luce delle implicazioni che la posizione sul 5G potrebbe avere nei rapporti con Stati Uniti e Nato. Volpi ha manifestato timori per “i rischi legati alle tecnologie cinesi alla luce delle due leggi di Pechino (National Security Law e Cyber Security Law) che regolano il rapporto dei cittadini con l’intelligence”. “Nessuno ha ancora capito cosa intende fare il nostro Governo su tale questione che tocca anche i rapporti nell’alleanza Nato, non soltanto con gli Stati Uniti”, ha dichiarato il leghista, che già a dicembre ha trasmesso alle Camere una relazione sulla protezione cibernetica e sulla sicurezza informatica, in cui il Copasir comunicava di ritenere “fondate” le preoccupazioni sull’apertura alle aziende cinesi per lo sviluppo della rete 5G italiana, tanto da suggerirne l’esclusione.
Nonostante l’esecutivo abbia messo in atto misure per regolare l’accesso delle aziende cinesi in base all’aderenza ai principi di sicurezza nazionale, la linea del governo rimane tiepida, non si schiera apertamente con Washington e non chiude definitivamente al 5G cinese. L’opposizione di centro-destra invece è ricompattata sulle tradizionali posizioni critiche nei confronti della Repubblica popolare cinese. Sull’incontro di oggi, il presidente della delegazione italiana all’Osce e componente della Commissione Esteri della Camera in quota Lega Paolo Grimoldi ha dichiarato di augurarsi che “l’improvviso meeting” tra il ministro degli Esteri e l’omologo cinese “non consista solo nella solita genuflessione al padrone cinese, ma sia l’occasione per dire un no definitivo dell’Italia al 5G cinese, dimostrando la nostra fedeltà e lealtà storica alla Nato”.
Intanto, la National Security Law citata da Volpi, che a partire da giugno scorso ha cambiato il volto di Hong Kong, è uno dei temi portati alla luce dalla visita di Wang: in occasione di questa, infatti, Nathan Law, uno degli attivisti esiliati dall’ex colonia britannica per effetto della nuova controversa legge approvata da Pechino, ha organizzato una protesta davanti al Palazzo della Farnesina (Hong Kong, l’attivista Nathan Law: “Temo per la mia vita, l’Italia ci difenda prima che sia tardi”). La prima in Italia, dove la mobilitazione contro l’autoritarismo cinese a Hong Kong è stata in questi mesi pressoché inesistente. Il 27enne fondatore del movimento per la democrazia Demosisto insieme al leader Joshua Wong è arrivato a Roma ieri, lunedì 24 agosto, su invito del senatore di Forza Italia Lucio Malan e della radicale Laura Harth, e ha annunciato la volontà di essere ricevuto da Di Maio per “cercare di aumentare la consapevolezza” perché “le democrazie hanno una responsabilità”. Ma intanto sono altri i temi che interessano il ministro cinese, deciso a sbloccare e rilanciare i dossier rimasti sospesi a causa della pandemia.
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