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Home » Esteri

La verità dietro la foto che cambiò le sorti della guerra del Vietnam

Immagine di copertina
"Saigon Execution" di Eddie Adams/AP

Cinquant'anni fa Eddie Adams scattò l'immagine che gli valse il Pulitzer, ma che secondo il fotografo "distrusse due vite"

Il 1 febbraio 1968, esattamente cinquant’anni fa, il generale Nguyen Ngoc Loan sparava a sangue freddo ad un Viet Cong, un membro del gruppo armato di resistenza vietnamita, appena catturato dai suoi soldati.

Nello stesso momento scattava l’obiettivo del fotografo Eddie Adams, che catturò l’esatto istante della morte del prigioniero, in una foto che cambiò per sempre il giornalismo di guerra e la storia del Vietnam.

Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come

L’immagine, diffusa dalla Associated Press dopo lunghi dibattiti e vincitrice del premio Pulitzer, causò il brusco risveglio di milioni cittadini statunitensi.

La foto raccontava infatti le atrocità di una guerra lontana e costosa, la brutalità dell’esercito sudvietnamita (alleato degli Stati Uniti) e soprattutto la vincibilità delle truppe americane, colte alla sprovvista dall’Offensiva del Tet, lanciata due giorni prima dai Viet Cong.

I vent’anni di guerra in cui l’esercito USA lottò contro le forze insurrezionali filo-comuniste del Vietnam del Nord videro accesi movimenti di protesta animare le strade e le piazze di tutto il mondo, per chiedere al governo degli Stati Uniti di ritirare le truppe.

Da quel 1 febbraio passarono anni prima del definitivo disimpegno del 1975, ma l’immagine contribuì in modo determinante ad orientare l’opinione pubblica contro il violento conflitto.

Leggi anche: Le incredibili foto della guerra in Vietnam che solo in pochi hanno visto

La storia che si cela dietro al famoso scatto mostra però una verità diversa. Come commentò lo stesso Eddie Adams “le foto non raccontano l’intera storia, non dicono il perché. Sono solo mezze verità”.

La brutale Offensiva del Tet, che si trascinò sanguinosamente per più di un mese, venne combattuta casa per casa.

Il Viet Cong protagonista della foto non era un civile, come poteva sembrare dal suo abbigliamento, ma il capo squadra Nguyen Van Lem, arrestato sul luogo di una strage di civili (tra cui la moglie e i sei figli di un ufficiale agli ordini del generale Loan).

Quando i soldati dell’Esercito del Sud Vietnam lo scortarono alla jeep del comandante, Nguyen Ngoc Loan gli sparò senza interrogarlo. Adams, che non conosceva la storia e non si aspettava un’esecuzione, lo descrisse come “un assassino a sangue freddo”.

Dopo averlo seguito per mesi, però, cambiò opinione: “Il generale è un prodotto del Vietnam in questi tempi”, scrisse in un articolo.

Loan era considerato un eroe a Saigon, ma quella foto rovinò per sempre la sua vita. “Se esiti, se non fai il tuo dovere, gli uomini non ti seguono” aveva spiegato ad Adams dopo l’esecuzione “loro hanno ucciso molti dei vostri uomini e molti dei miei”.

Quando il generale sudvietnamita fuggì negli Stati Uniti, dopo il ritiro definitivo delle truppe americane, l’Ufficio Immigrazione e Naturalizzazione lo riconobbe e chiese di poterlo espellere.

Ad Adams fu chiesto di testimoniare contro di lui, ma il fotografo lo difese. “Ho vinto il Pulitzer per quella foto, mi hanno pagato per aver mostrato un uomo mentre uccideva un altro uomo. Due vite distrutte e io sono stato trattato da eroe”.

“Ma io non voglio distruggere la vita di nessuno. Non è questo che voglio fare, come fotografo”.

Adams andava infatti molto più fiero delle foto scattate nel 1977 ai “boat people”, profughi che fuggivano per mare dal Vietnam riunificato, che contribuirono a convincere il governo USA ad accogliere oltre 200mila rifugiati.

Anche a trent’anni di distanza commentò così lo scatto, inserito dalla rivista TIME nella sua raccolta delle 100 immagini più influenti di tutti i tempi:

“Il generale uccise il Viet Cong, io uccisi il generale con la mia macchina fotografica. Le fotografie sono ancora l’arma più potente al mondo”.

La storia della foto, raccontata da Eddie Addams.

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