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La comunità di “vampiri” di New Orleans che si nutre di sangue umano

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Un ricercatore ha condotto uno studio su un gruppo di persone che per curare alcuni disturbi fisici beve sangue umano

John Edgar Browning, ricercatore presso la Lousiana State University, si prepara a prendere parte a una pratica alimentare particolare. Con precisione clinica, prima si fa tamponare la pelle con un po di cotone e con dell’alcool impiegato nelle medicazioni, poi con un bisturi usa e getta si fa incidere la parte medicata e con la pressione del dito, fa sì che fuoriesca del sangue. 

Una volta incisa la pelle, invita le persone accanto a lui ad abbassare le labbra sulla piccola ferita e a succhiare il liquido scuro e denso come il vino che fuoriesce. Dopo essersi dissetati ripuliscono la ferita e la bendano. 

“A volte può capitare di rimanere delusi quando si succhia il sangue di qualcuno, perché non sempre si avverte quel sapore metallico. Ciò dipende soprattutto dall’alimentazione seguita, dall’idratazione corporea o dal gruppo sanguigno che possono influire e mutarne il sapore o la consistenza”, ha raccontato Browning nel corso di un’intervista rilasciata alla Bbc. 

Non è la trama di uno degli episodi della serie televisiva True Blood, né tanto meno un remake di Dracula, ma è la storia di John Browning, ricercatore universitario, autore di un’indagine etnografica sulle comunità di persone che si nutrono di sangue umano.

Lo studio è iniziato nel 2009 e tutt’oggi è ancora in corso. 

“Mi sono fatto coraggio e sono andato fino in fondo, studiando le comunità di ‘vampiri’ che abitano nel quartiere francese di New Orleans. Non avevo mai incontrato degli uomini capaci di bere sangue umano. Pensavo che fosse tutta una finzione, e soprattutto, ero convinto che dietro ci fossero individui con disturbi psichici o mitomani con il pallino per i romanzi di Anne Rice, autrice di romanzi gotici e horror”. 

Attraverso le sue ricerche, Browning è riuscito ad andare oltre l’immagine stereotipata tipica della cultura di massa verso gli atti di vampirismo considerati un tabù. Egli ha scelto di condurre le sue ricerche su una comunità attiva nel quartiere francese di New Orleans, formata in prevalenza da persone di etnia caucasica e latino americana. La loro età varia dai 18 ai 50 anni, così come differente è il loro credo religioso e la loro appartenenza di genere. 

I suoi studi hanno dimostrato che la maggior parte delle persone coinvolte in questa pratica sono in realtà persone normali agli occhi della società. Molti sono sposati con figli, altri sono circondati da amici e quasi tutti hanno un posto di lavoro regolare. Nella maggior parte dei casi, questi individui non mostrano le loro inclinazioni, mentre altri optano per una vita all’insegna del vampirismo, con abiti gotici e canini affilati. 

I soggetti sottoposti all’indagine non sono inoltre affetti da problemi psichici, come si potrebbe pensare. Essi hanno confessato di soffrire di condizioni di salute particolari, come stanchezza, mal di testa e mal di stomaco cronici. Sintomi che, a detta loro, hanno curato e risolto nutrendosi di sangue umano. 

“Ci sono migliaia di persone che si nutrono di sangue negli Stati Uniti, non credo che questo sia solo una semplice moda”, ha precisato Browning, e alcuni loro sintomi sono un vero e proprio mistero. Secondo un’indagine condotta dall’Atlanta vampire alliance, sono almeno 5000 le persone che in America si identificano come veri vampiri. Dalle ricerche condotte da Browning sono 50 i soggetti che vivono nella sola New Orleans.

Nella cultura occidentale, il vampirismo viene generalmente associato a omicidi raccapriccianti, come il noto caso di Rod Ferrell negli Stati Uniti, un serial killer che s’ispirò a un gioco di ruolo fantasy, a capo di una gang di adolescenti emarginati e problematici che si faceva chiamare “The Vampire Clan”, fondata verso la metà degli anni novanta, responsabile di efferati omicidi. 

“Quando si parla di vampiri, questi vengono identificati con immagini orribili”, ha sottolineato DJ Williams, sociologo presso l’Idaho State University. 

Le comunità di persone che si nutrono di sangue umano vengono regolamentante bandite o relegate all’angolo della società. “Come risultato di questa stigmatizzazione, i vampiri che ho contattato online mi hanno chiesto di restare anonimi”, ha raccontato Browning. 

Prima dell’avvento di internet, le comunità di vampiri hanno vissuto in gran parte isolate. Nell’ultimo decennio, con l’avvento del web, hanno creato dei gruppi virtuali e delle reti nascoste di adepti. Per paura di esporsi, le comunità sono diventate molto abili a nascondersi, come lo stesso Browning ha sottolineato quando ha iniziato il suo studio.

Grazie ai suoi studi, il ricercatore ha stabilito che i sintomi del vampirismo nella maggior parte dei soggetti presi in esame si manifestano nella fase della pubertà. Inoltre, non tutti i vampiri devono bere sangue per sopravvivere. Alcuni semplicemente si nutrono di sangue umano per trarre forza ed energia dagli altri. 

Difatti le comunità hanno adottato termini specifici per descrivere le loro abitudini non ortodosse. Coloro che bevono sangue umano si definiscono “alimentari”, mentre coloro che danno il loro sangue sono chiamati donatori. “Essere risvegliato” o “uscire dalla bara” sono modi per indicare la loro coscienza e identità vampirica. 

Alcuni diventano donatori per una serie di motivi. A volte per sola amicizia, altre per ragioni finanziarie ed economiche, altre ancora in cambio di favori sessuali. 

Per quanto riguarda l’integrazione nel tessuto sociale, la maggior parte dei soggetti intervistati è alla disperata ricerca di un trattamento socialmente più accettabile. Molti sono inclini perfino a rinunciare a questa pratica, se dal punto di vista medico ci fosse qualcosa capace di alleviare i loro sintomi. “Molti di noi sarebbero felici di vivere come persone normali” ha raccontato una fonte anonima.

“Se si riuscisse a identificare l’origine dei miei disturbi e potessi assumere delle pillole comprate in farmacia, smetterei subito” ha replicato un’altro utente contattato dal ricercatore. “Costoro ritengono che il loro apparato digerente non può assorbire sostanze nutritive dagli alimenti normali. Solo quando sono disciolti nel sangue, allora i loro corpi migliorano in salute”. 

Tomas Ganz, un medico e professore presso la University of California di Los Angeles, ha detto alla Bbc che “bere sangue può essere un fattore psicologico. C’è probabilmente un forte effetto placebo simile all’ingestione di polveri e liquidi dai colori vivaci o altre sostanze che non hanno il gusto di alimenti convenzionali. Questo effetto può essere ulteriormente migliorato se c’è una componente rituale associata  all’ingestione, e se l’individuo avverte di fare qualcosa di esclusivo, come bere un vino molto costoso e raro”. 

Tuttavia, i soggetti presi in esame affermano di non poter controllare i loro impulsi, e che necessitano di bere sangue almeno due o tre volte a settimana. Molti lo conservano in frigorifero, per poi combinarlo con altri ingredienti, come ad esempio il tè. Altri ammettono che la loro impellente necessità di sangue sia associabile a esperienze psicosomatiche. Alcuni hanno tuttavia provato a smettere di alimentarsi bevendo sangue, sperando che i sintomi sparissero, ma finora senza successo. 

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