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L’incredibile storia dell’ospite indesiderato del New Yorker Hotel

Immagine di copertina
Credit: AP Photo

Mickey Barreto ha vissuto gratuitamente per cinque anni in uno dei più grandi e storici alberghi della Grande Mela, sfruttando un cavillo legale. Per il 49enne è stata una forma di protesta. Ma oggi rischia di finire in carcere per frode

La camera 2565 non è la migliore del New Yorker Hotel. È piuttosto piccola, poco più di 18 metri quadrati, occupati in gran parte dai due letti matrimoniali adagiati su una moquette color marrone. La vista su Manhattan è quasi completamente oscurata da un muro esterno e nella stanza ci sono solo un piccolo armadio e un televisore da 40 pollici con qualche canale in pay-per-view gratuito.

Per raggiungerla bisogna percorrere un lungo e stretto corridoio che si snoda tra gli ascensori del 25esimo piano. Dietro l’angolo invece, ci si può imbattere nella suite 2549, dove Mohammed Ali passò la notte del 9 marzo 1971 dopo aver perso il cosiddetto “incontro del secolo” contro Joe Frazier al Madison Square Garden. Otto piani più su ci sono poi le stanze 3327 e 3328 in cui Nikola Tesla trascorse, dimenticato e in povertà, i suoi ultimi dieci anni di vita prima di spegnersi nel 1943.

Eppure, malgrado la mancanza di lusso e di ospiti illustri, la 2565 potrebbe passare alla storia quanto le sue vicine più famose. Vanta infatti un primato finora ineguagliato: ha dato asilo a Mickey Barreto, l’unico uomo noto ad aver vissuto per cinque anni in uno dei più grandi hotel di New York, gratis. Per soggiornare vicino alla famosa Penn Station e poco lontano dall’Empire State Building, il 49enne di origini brasiliane ha prima sfruttato un cavillo legale poi ha addirittura cercato di impadronirsi dell’intera struttura mentre oggi è in attesa di processo per frode e rischia di scontare diversi anni di carcere, anche se sostiene di aver fatto tutto per protesta contro una nota organizzazione religiosa. Tanto che una volta in arresto ha usato la sua unica telefonata concessa dalla polizia per chiamare, inutilmente, la Casa bianca.

Un’aspra diatriba legale
Tutto cominciò il 21 giugno 2018. Come ha raccontato lui stesso, quel caldo pomeriggio d’estate arrivò all’albergo insieme al suo compagno di allora, Matthew, direttamente da Los Angeles. Per quella prima notte pagarono 200 dollari e 57 centesimi, somma che per i cinque anni successivi restò l’unico versamento effettuato all’hotel.

La mattina successiva, l’uomo scese nell’atrio e consegnò alla reception una lettera per il direttore a cui chiedeva un contratto di locazione di sei mesi, appellandosi a una vecchia legge del 1969 mai abrogata. La norma regola le locazioni in città, comprese le camere dei grandi alberghi costruiti prima della sua approvazione e che nel maggio del 1968 potevano essere affittate per meno di 88 dollari a settimana. Tuttavia, a Barreto fu spiegato che quanto chiedeva era impossibile e che senza prenotare un altro soggiorno avrebbe dovuto lasciare la stanza, cosa che si guardò bene dal fare. Fu però il personale dell’hotel a rimuovere i bagagli della coppia dalla camera.

L’allora 43enne non si diede però per vinto e il giorno stesso si rivolse alla New York City Housing Court di Lower Manhattan, dove il 22 giugno 2018 citò l’albergo in giudizio. Appellandosi a leggi e precedenti, Barreto sostenne che, secondo la norma del 1969, la sua richiesta l’aveva reso un «residente permanente dell’hotel» e che la rimozione dei suoi bagagli dalla stanza equivaleva a uno sfratto illegale. Il caso fu istruito e la prima udienza fissata al 10 luglio successivo.

Allora, anche a causa dell’assenza in aula della controparte, il giudice diede ragione a Barreto ordinando all’albergo, come emerge dagli atti citati dal New York Times, «di restituire immediatamente al ricorrente il possesso dei locali in questione, fornendogli una chiave» della stanza.

Pochi giorni dopo, l’uomo tornò nella camera 2565, con propositi ancora più grandiosi. Il verdetto non obbligava infatti l’hotel a sottoscrivere un contratto di locazione, non imponeva a Barreto di pagare alcun canone e nemmeno fissava limiti al suo soggiorno ma si limitava solo a riconoscergli il “possesso” della stanza. Forte della sentenza, l’uomo si recò presso il Finance Department di New York City, dove si registrano le proprietà immobiliari. Qui Barreto chiese di intestare a suo nome la stanza 2565 e fu allora che fece una scoperta sorprendente.

All’equivalente del nostro catasto scoprì che il New Yorker Hotel non era mai stato suddiviso in singole unità immobiliari ma l’intero edificio risultava un’unica proprietà. Così, citando il verdetto del giudice, Barreto fece richiesta di intestare tutto l’hotel a suo nome. Un’istanza respinta per ben sei volte dall’ufficio cittadino.

Anche perché intanto i veri proprietari avevano intentato causa contro di lui, sostenendo che l’albergo non rientrava nei parametri previsti dalla legge del 1969 perché nel maggio dell’anno precedente il costo a settimana per una stanza superava gli 88 dollari a settimana. I legali però non riuscirono a produrre abbastanza prove a sostegno di questa asserzione e il tribunale respinse il ricorso volto a sfrattare Barreto dalla sua camera.

Fu una vera corsa contro il tempo: a meno di un anno dalla prima volta in cui aveva messo piede nell’albergo l’ospite presentò la sua settima richiesta di rogito del New Yorker Hotel, che fu finalmente accettata. Così Mickey Barreto divenne legalmente proprietario di un edificio di 41 piani, o almeno questo emergeva dagli atti registrati presso gli uffici competenti del Comune.

Delitto perfetto
L’uomo, che continuava a soggiornare nella sua stanza insieme al compagno Matthew, cominciò allora a comportarsi come se fosse davvero il proprietario dello stabile. Pretese 15 milioni di dollari di profitti da parte dell’hotel, che ovviamente non gli furono mai versati. Informò la società che dal 2014 gestisce l’albergo, Wyndham Hotels & Resorts, che era lui il nuovo proprietario, anche se non fornì mai la documentazione richiesta per farsi riconoscere come tale. Si rivolse anche alla M&T Bank, chiedendo che tutti i conti correnti intestati all’hotel fossero registrati a suo nome. Quindi reclamò per sé gli assegni mensili dovuti dal ristorante sull’Ottava Avenue, il Tick Tock Diner, che invece continuò a pagare l’affitto ai legittimi proprietari.

Intanto Barreto e il suo compagno non solo continuavano a soggiornare nello stabile ma anche a usufruire del servizio in camera, della pulizia della stanza e ad avere accesso a tutte le altre strutture dell’albergo, come la palestra.

La situazione era diventata insostenibile per i proprietari dell’edificio, legalmente acquistato nel 1976 dall’ormai ex Chiesa dell’Unificazione, oggi ribattezzata “Federazione delle famiglie per la pace mondiale e l’unificazione”, il movimento religioso fondato in Corea nel 1954 dal Reverendo Sun Myung Moon e diventato famoso per la vicenda del matrimonio del vescovo cattolico Emmanuel Milingo e per i sospetti di coinvolgimento (sempre negato dall’organizzazione) nell’omicidio dell’ex premier giapponese Shinzo Abe, ucciso nel 2022 da un uomo che l’accusava di avere legami proprio con la setta dell’autoproclamato Messia coreano.

I legali della Federazione si rivolsero nuovamente al tribunale locale e dopo mesi di dibattimento in cui Barreto sosteneva di non aver fatto nulla di male e di essersi presentato come proprietario della struttura soltanto dopo la registrazione presso gli uffici cittadini, i giudici diedero ragione ai legittimi proprietari dichiarando l’atto «contraffatto». Fu una piccola vittoria perché d’ora in poi l’uomo non avrebbe più potuto presentarsi come il proprietario della struttura, anche se continuava ad abitarci.

In altri due procedimenti legali infatti, Barreto ottenne il diritto a un contratto di locazione a canone agevolato per la camera 2565 e l’accesso a tutti i servizi e le strutture dell’hotel. Malgrado questo però rifiutò sempre ogni proposta da parte dell’albergo, che intentò così una causa per sfratto presso la stessa Housing Court a cui l’uomo si era rivolto nel 2018.

Intanto, come riportato dall’emittente Nbc, Barreto registrò l’hotel a suo nome anche presso il Department of Environmental Protection di New York, fingendosi ancora il proprietario. Continuò inoltre a presentare ulteriori documenti falsi al Finance Department in violazione dell’ordinanza del giudice che ne aveva disconosciuto la proprietà. Questo fece perdere all’albergo l’esenzione dall’imposta sugli immobili, causando un danno da 2,9 milioni di dollari. Alla fine, il tribunale si pronunciò contro Barreto, che fu sfrattato nel luglio del 2023, andando a vivere con il suo compagno in un appartamento nell’Upper West Side. A settembre però l’uomo continuò a presentare atti, considerati contraffatti, che ne attestavano la proprietà del New Yorker Hotel, addirittura trasferendola ad altri enti registrati a suo nome. Così Barreto fu accusato di oltraggio e a febbraio venne arrestato e accusato di 24 reati, inclusi 14 capi di imputazione per frode. Attualmente è in attesa di processo presso la State Supreme Court di Manhattan e rischia una condanna a diversi anni di carcere. Prima di tornare a piede libero, provò a chiamare la Casa Bianca, lasciando un messaggio a cui nessuno rispose.

“Modus operandi e movente”
La storia, non ancora conclusa, lascia inevasi due interrogativi: come ha potuto Barreto vivere gratuitamente per cinque anni in uno dei più grandi, storici e centrali alberghi di New York, passando addirittura da ospite non pagante a presunto proprietario dell’intera struttura, e perché?

Per capire il come bisogna tornare a una sezione poco conosciuta del Rent Stabilization Act del 1969, la legge sull’edilizia abitativa a cui l’uomo si è appellato per giustificare il suo soggiorno nell’hotel. Come risulta dal sito-web dell’amministrazione cittadina, grazie alle successive modifiche, la norma si applica sia agli appartamenti situati in edifici contenenti sei o più unità immobiliari costruiti prima del 1974 che alle camere dei grandi alberghi realizzati prima del 1969 e che nel maggio del 1968 potevano essere affittate per meno di 88 dollari a settimana. Secondo la legge, un ospite può diventare residente permanente richiedendo un contratto di locazione a canone agevolato per sei mesi, con accesso a tutti i servizi della struttura.

L’obiettivo, come spiegato al portale Curbed dal docente della Brooklyn Law School, David Reiss, era mettere a reddito una parte del patrimonio immobiliare cittadino che di solito versa in pessime condizioni e che negli anni Settanta e Ottanta era abitato prevalentemente da single arrivati a New York per farsi strada nella vita. Ma, come risulta da diverse interviste, tutto fa pensare che Barreto fosse perfettamente a conoscenza del cavillo e che sapeva esattamente cosa stava facendo. Durante la prima notte al New Yorker Hotel, lui e il suo compagno passarono al setaccio gli archivi legali con i loro portatili finché non scoprirono che l’albergo rientrava nella “List of Manhattan Buildings Containing Stabilized Units”, in cui si citavano tutte le proprietà soggette a questa legge.

Il perché si sia comportato in questo modo invece, a detta del protagonista, va ricercato negli interessi dei legittimi proprietari dello stabile. Barreto era convinto, o almeno così ha affermato in varie interviste e persino in aula, che l’ex Chiesa dell’Unificazione avesse legami con la Corea del Nord solo perché il suo fondatore era nato nei territori settentrionali della Penisola e perché in passato l’organizzazione aveva gestito alcuni interessi economici nel Paese guidato da Kim Jong-Un. Durante uno dei tanti procedimenti legali in cui fu coinvolto, l’uomo arrivò a sostenere di aver agito in questo modo per «negare profitti» alla setta, che non ha mai voluto commentare le accuse di Barreto.

Gran parte dell’edificio comunque è ancora abitato dai seguaci del reverendo Moon, che alla fine degli anni Settanta ne fece il quartier generale della sua organizzazione religiosa, finché nel 1994 una parte del palazzo non riaprì come hotel che, subito dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, donò 10 mila pernottamenti gratuiti ai volontari arrivati in città per i soccorsi. Insomma, un pezzo di storia della Grande Mela di cui, nel bene o nel male, ormai fa parte anche Mickey Barreto.

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