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Le donne sono l’arma di Biden per governare l’America divisa

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Il neo eletto presidente degli Stati Uniti ha nominato uno staff di comunicazione composto da sole donne. Una scelta storica necessaria a Joe Biden non solo per segnare un cambio di passo rispetto all'amministrazione di Donald Trump, ma anche per riunire le diverse anime di un partito diviso e governare con la sua maggioranza fragile

Le donne sono l’arma di Biden per governare l’America divisa

Joe Biden ha presentato il team di comunicazione che lo affiancherà nel corso del suo mandato: è composto da sole donne. E già questa è una notizia, perché si tratta della prima volta nella storia. Poi c’è un altro elemento che emerge dalle nomine che il neo eletto presidente degli Stati Uniti ha annunciato in questi giorni: la diversità di etnie e provenienze. Pili Tobar, di origini guatemalteche e americane, da sempre impegnata nella lotta per i diritti civili, sarà vicedirettrice della comunicazione. Karine Jean Pierre, di origini caraibiche, sarà vice segretaria dell’Ufficio Stampa. E andando a scavare anche nelle altre cariche che Biden ha intenzione di presentare al voto del Senato a gennaio si trovano altri volti più o meno noti alla politica americana che, se da un lato rappresentano ancora una certa establishment, hanno anche un forte valore simbolico: incarnano l’America plurale e diversa che i democratici cercano di contrapporre a quella bianca e nazionalista di Trump.

Mario Del Pero, professore di Storia americana all’Università Sciences Po di Parigi, ha spiegato a TPI che le nomine di Biden assumono un valore strategico anche in termini di governabilità politica: con un partito così diviso e una maggioranza fragile in Congresso, l’ex vicepresidente ha l’obbligo di portare dentro la sua amministrazione pezzi della multicolore coalizione democratica che lo ha appoggiato e del Paese che lo ha eletto.

Professore, Biden ha nominato un team di comunicazione di sole donne: è chiara la volontà di dare un segnale. Quale?
Credo che le nomine siano mosse dalla volontà di fare una politica di un certo tipo e di dare un messaggio di pluralismo e diversità che può arricchire lo staff anche in termini di competenze e sensibilità. La presenza femminile è massiccia perché nel bacino in cui Biden è andato a pescare ci sono donne competenti e preparate. Il Partito Democratico è un partito eterogeneo dentro il quale il ruolo femminile e il voto femminile è centrale: senza le donne Biden non avrebbe vinto, e nemmeno Obama nel 2008.
L’altro elemento è la diversità: molte donne sono di origine ispanica. E d’altronde alla vicepresidenza c’è l’afroasiatica Kamala Harris.
Viene data una forte visibilità a pezzi della multicolore coalizione democratica anche nella squadra di politica estera e sicurezza. C’è il primo ispanico, Alejandro Mayorkas, a capo del dipartimento Homeland and Security, una giovane diplomatica afroamericana di carriera – Linda Thomas- Greenfield – all’Onu. Si dà un messaggio di un certo tipo, portando diversità e competenza. Si rompe anche con un certo establishment washingtoniano, si aprono le porte del potere. L’altro punto di queste nomine è che servono a tenere assieme diverse anime del Partito, quella più centrista che Biden incarna e una sinistra democratica dentro la quale le figure femminili sono centrali e importanti come Ocasio-Cortez, sperando che aiuti a riunire un partito fragile che non avrà una maggioranza al Congresso. Si cerca di cooptare e responsabilizzare diversi pezzi di questo partito.

Le donne nominate nella squadra di Biden sono persone di grande esperienza: aldilà dei segnali, significa che c’è una reale volontà di valorizzare le competenze?
Se andiamo a vedere i profili politici di queste donne sono di alto livello, ha nominato direttrice dell’Office Management Budget, una carica importantissima anche se meno famosa, Neera Tanden: una figura dell’establishment controversa per tanti aspetti ma che porta sul tavolo 25 anni di attività politica nelle fondazioni, dentro le amministrazioni Obama. Porta una dose di professionalità politica forte.
Ma Neera Tanden sarà anche la prima americana di origini indiane a ricoprire la carica.
Esattamente, c’è sempre una dimensione simbolica. Questa è stata una campagna tra due visioni di cosa l’America è e due visioni molto normative di cosa deve essere: da una parte il nazionalismo etno-razziale di Trump e dall’altra il multiculturalismo del Partito Democratico. Se i democratici credono che l’America debba essere composita e multicolore, devono dare spazio a questa America nei luoghi decisionali. Biden ha l’obbligo politico di farlo perché o riesce a portare la coalizione dentro l’amministrazione o avrà difficoltà a governare.

Se nell’era Obama era il presidente a incarnare l’America plurale, ora saranno la vice-presidente e le altre figure chiave dell’amministrazione a rappresentarla. Ma come sappiamo i due mandati di Obama, primo presidente nero alla Casa Bianca, hanno contribuito a polarizzare gli Stati Uniti. Una squadra presidenziale così multicolore rischia di avere lo stesso effetto?
Questo voto ha mostrato ancora una volta quanto l’America sia divisa: Biden ha vinto ma i repubblicani non hanno perso. Dentro questo Paese polarizzato, dentro un corpo in difficoltà, si innesta il veleno della narrazione repubblicana della vittoria rubata che rimarrà nei mesi e negli anni a venire. Biden si trova a fronteggiare un compito immane anche perché avrà una maggioranza fragilissima al Congresso, il margine di distacco tra i due partiti alla Camera non era così basso da anni, con rappresentanti democratici molto divisi tra loro. Al Senato nella migliore delle ipotesi ci sarà il pareggio (con Bernie Sanders e Angus King dello stato del Maine che sono indipendenti formalmente) e la maggioranza sarà appesa al voto della vice presidente. Sarà complicato governare e Biden lo farà dando alle burocrazie federali indicazioni attuative.
Come hanno fatto anche Trump e Obama.
Si, ma il problema è che governando per ordini esecutivi quello che fai resta tracciato nella sabbia, basta una sconfitta elettorale per travolgere tutto come è successo alle politiche di Obama sull’ambiente, ambiziose ma mai codificate a livello legislativo, che Trump per questo ha aggirato facilmente. In più gli stati possono impugnare queste politiche sostenendo ci sia un difetto di costituzionalità. Ci sarà anche il problema del sistema di corti che è stato “trumpizzato”: Trump in questi quattro anni ha nominato centinaia di giudici di cui tre alla corte suprema, che presumibilmente da proiezioni demografiche saranno in carica fino al 2050 o 55. Per questo o si fa un governo così multicolore o niente: non puoi permetterti defezioni nel tuo campo.

Eppure Biden ha dichiarato molto chiaramente e fin dall’inizio di voler essere il presidente “di tutti” che ha l’ambizione di curare questa America divisa.
Quelle parole erano un modo per distinguersi subito dal messaggio divisivo di Trump, che non ha mai detto di voler essere il presidente di tutti, anzi, ha detto che una parte di America non aveva diritto alla cittadinanza. Dall’altra parte è congruente con la carriera politica di Biden, senatore democratico moderato nato e cresciuto in una politica in cui le convergenze bipartisan erano frequenti, di un mondo primariamente bianco, con leggi sulla sicurezza dure che finivano per colpire duramente i giovani afroamericani, perché questa era quell’America. Il messaggio è congruente con la sua storia e funzionale al messaggio elettorale che voleva dare, ma stridente con la realtà di un Paese diviso e lacerato.

Harris ha detto che il team femminile rifletterà la necessità di garantire trasparenza alla comunicazione dopo quella confusionaria e fuorviante di Trump, soprattutto sul Covid. Ha senso questo collegamento tra donne e affidabilità?
Non credo che la verità, la scienza, la correttezza nella comunicazione sia esclusiva di un genere piuttosto che di un altro, ma credo che questa forte presenza femminile in ambiti strategici rispecchi anche la volontà di rompere con la retorica mascolina non di rado misogina e volgare di Trump. Un’America più femminile che rigetta il degrado del discorso pubblico. La comunicazione seria, informata, fattuale, basata sulla verità è femminile anche perché si risponde a un degrado della comunicazione politica che il maschilismo grossolano di Trump simboleggiava.

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