Usa: il Secret Service indaga su Elon Musk per un post (cancellato) contro Biden e Kamala Harris
Dopo il secondo attentato alla vita di Donald Trump, il patron di Tesla e SpaceX si era chiesto perché nessuno avesse tentato di assassinare il presidente e la sua vice
Elon Musk è sotto indagine del Secret Service degli Stati Uniti, l’agenzia preposta alla sicurezza dei presidenti americani per un post pubblicato sulla sua piattaforma X e poi cancellato in cui, dopo il secondo attentato alla vita di Donald Trump, si chiedeva come mai nessuno avesse tentato di assassinare Joe Biden e Kamala Harris.
Tutto è cominciato domenica 15 settembre, quando poco dopo il tentativo di omicidio dell’ex presidente da parte di Ryan Wesley Routh presso il Trump International Golf Club di West Palm Beach in Florida, l’utente DogeDesigner ha chiesto su X: “Perché vogliono uccidere Donald Trump?”. A quel punto, ai suoi 198 milioni di follower, Elon Musk ha risposto: “E nessuno sta nemmeno cercando di assassinare Biden/Kamala 🤔”, concludendo con un’emoticon perplessa.
La risposta, visualizzata da decine di milioni di persone e cancellata poco dopo a causa delle polemiche suscitate, doveva essere intesa come uno scherzo, secondo il il patron di Tesla e SpaceX. Eppure all’inizio Musk ha resistito per ore alle numerose richieste di cancellare il messaggio, rincarando la dose: “Nessuno ha nemmeno provato a farlo, questo è il punto che sto sottolineando e nessuno lo farà”.
Alla fine però ha acconsentito a ritirare il post, quando l’utente Phil Trubey lo ha avvisato che “ad alcune persone piace malinterpretare il tuo, ovvio, intento”. “Abbastanza giusto. Non voglio fare quello che hanno fatto loro, nemmeno per scherzo”, ha risposto il miliardario di origini sudafricane, che in seguito ha ribadito più volte che si trattava appunto solo di una battuta.
Subito dopo, il portavoce della Casa Bianca Andrew Bates ha parlato di “retorica irresponsabile”, riferendosi ai commenti del patron di Tesla. Successivamente però Musk c’è ricascato, rispondendo a un post simile con un’emoticon perplessa a una foto che notava come i quattro predecessori di Trump non avevano subito alcun attentato mentre il magnate newyorkese ha già rischiato la vita per ben due volte. Intanto il Secret Service aveva registrato tutto, anche perché minacciare il presidente o il vicepresidente degli Stati Uniti costituisce un reato in America, che può comportare una pena massima fino a cinque anni di reclusione.
Così newsletter FOIA Files di Jason Leopold e Dana Hull pubblicata da Bloomberg, ai sensi del Freedom of Information Act in vigore negli Usa, ha inviato una richiesta di accesso agli atti alla Protective Intelligence & Assessment Division, all’Office of Protective Operations e all’Office of Investigations del Secret Service per ottenere documenti ed e-mail che facessero riferimento al post pubblicato e poi cancellato da Elon Musk.
L’agenzia statunitense ha risposto il 18 settembre, affermando che i documenti richiesti in suo possesso sono stati “redatti allo scopo di applicare la legge” e sono stati trattenuti perché “si potrebbe ragionevolmente prevedere che la loro divulgazione interferisca con dei procedimenti”.
Infine la Protective Intelligence & Assessment Division ha comunicato alla testata statunitense di non poter divulgare alcun documento a causa di “procedimenti esecutivi”. L’agenzia “è a conoscenza del post sui social media pubblicato da Elon Musk”, ha detto a Bloomberg il portavoce del Secret Service, Nate Herring. “Come prassi, non commentiamo questioni che riguardano l’intelligence. Possiamo dire, tuttavia, che il Secret Service indaga su tutte le minacce relative alle persone da noi protette”.
Insomma l’indagine sarebbe in corso ma non è detto che porti ad alcun risultato. Basti ricordare l’anno scorso quando, sempre su X, l’attore John Schneider, noto per la sua interpretazione di Bo Duke nella serie televisiva degli anni Ottanta “Hazzard”, chiese che il presidente Joe Biden e suo figlio Hunter fossero “impiccati”. Allora il Secret Service stabilì che si trattava solo di una “minaccia velata”, rifiutandosi di intervenire.
Intanto però Musk ha tentato di spiegare l’accaduto con un altro post su X: “Beh, una lezione che ho imparato è che solo perché dico qualcosa a un gruppo e loro ridono non significa che sarà poi così divertente come post su X”, ha scritto il patron di Tesla. “A quanto pare le barzellette sono MOLTO meno divertenti se le persone non conoscono il contesto”.