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Usa, 50mila lavoratori portuali in sciopero: a rischio le catene di approvvigionamento e le forniture alimentari

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Credit: Gerd Altmann / Pixabay

Le trattative tra il tra il sindacato International Longshoremen's Association (Ila) e la United States Maritime Alliance (Usmx), che rappresenta le principali compagnie di navigazione, tutte di proprietà straniera, oltre agli operatori dei terminal e alle autorità portuali locali, sono in stallo da giugno

Per protesta contro la scadenza dei contratti, quasi 50mila lavoratori portuali in 36 scali lungo la costa orientale e del Golfo del Messico hanno dato oggi il via a uno sciopero, il primo mai visto negli Stati Uniti dal 1977 che potrebbe causare gravi interruzioni nelle catene di approvvigionamento e provocare ritardi nelle consegne delle merci e persino dei prodotti alimentari.

La serrata è cominciata alla mezzanotte ora locale (le 6,00 del mattino in Italia) dopo l’arenarsi delle trattative tra il sindacato International Longshoremen’s Association (Ila) e la United States Maritime Alliance (Usmx), che rappresenta le principali compagnie di navigazione, tutte di proprietà straniera, oltre agli operatori dei terminal e alle autorità portuali locali.

I lavoratori chiedono un aumento dei salari e minori livelli di automazione, mentre la Usmx spinge per un maggiore utilizzo della tecnologia per migliorare l’efficienza delle operazioni e ridurre i costi. Durante gli ultimi incontri tra le parti, avvenuti a giugno, il sindacato avrebbe chiesto un progressivo aumento del salario orario di almeno 5 dollari all’anno per i prossimi sei anni, mentre l’associazione dei datori di lavoro avrebbe offerto un incremento di soli 2,5 dollari all’anno della paga oraria. Attualmente, i lavoratori iscritti all’Ila con sei o più anni di esperienza guadagnano fino a 39 dollari all’ora.

I porti della costa orientale e del Golfo del Messico gestiscono oltre il 68 per cento delle esportazioni in container e più del 56 per cento dei carichi in entrata negli Stati Uniti. Le perdite causate dallo sciopero all’economia statunitense potrebbero arrivare fino a 5 miliardi di dollari al giorno. Il presidente Joe Biden, che da anni si batte contro il ribasso dei salari, ha già fatto sapere che non ha alcuna intenzione di invocare il Taft-Hartley Act, una legge del 1947, per ordinare agli scioperanti di tornare al lavoro.

Ma il prolungarsi della protesta potrebbe causare persino carenze di cibo in alcune zone del Paese. Nel 2023 oltre 39,4 milioni di tonnellate metriche di prodotti agricoli, per un valore di oltre 110 miliardi di dollari, sono stati importati attraverso i porti oceanici orientali degli Usa, pari al 56 per cento del volume delle importazioni agricole statunitensi.

La serrata fermerà anche il flusso in entrata di una vasta gamma di merci sulle banchine di quasi tutti i porti cargo dal Maine al Texas: dalle banane alla birra, dal vino ai liquori, ai mobili, ai vestiti, agli articoli per la casa, fino alle automobili provenienti dall’Europa, compresa la componentistica necessaria per mantenere operative le fabbriche statunitensi. Lo sciopero potrebbe anche fermare le esportazioni Usa, danneggiando le vendite delle aziende americane.

“Usmx ha provocato questo sciopero quando ha deciso di sposare la linea dura con i vettori oceanici di proprietà straniera che guadagnano miliardi di dollari di profitti nei porti degli Stati Uniti, ma di non compensare i lavoratori portuali americani dell’Ila che svolgono il lavoro che porta loro ricchezza”, ha affermato il presidente del sindacato Harold Daggett, in una nota divulgata online un’ora dopo l’inizio dello sciopero. “Siamo pronti a combattere finché sarà necessario, a rimanere in sciopero per tutto il tempo necessario, per ottenere i salari e le protezioni contro l’automazione che i nostri iscritti all’Ila meritano”.

Al momento Usmx non ha commentato l’avvio dello sciopero. Ieri però l’associazione aveva annunciato nuovi contatti con il sindacato Ila, sottolineando che le parti avevano “abbandonato le loro posizioni precedenti”. “La nostra offerta”, si legge nell’ultimo comunicato diramato da Usmx, “aumenterebbe i salari di quasi il 50 per cento, triplicherebbe i contributi dei datori di lavoro ai piani pensionistici dei dipendenti, rafforzerebbe le nostre opzioni di assistenza sanitaria e manterrebbe l’attuale linea sull’automazione e sulla semi-automazione”. Proposte considerate insufficienti dall’Ila.

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