Gli uomini masai che si sono schierati contro le mutilazioni genitali femminili
In alcune comunità africane gli uomini possono decidere sulla vita e la salute delle donne. Ma alcuni di loro combattono per abbattere la pratica delle mutilazioni
Nelle comunità masai più tradizionaliste gli uomini posseggono ancora il potere di decidere sulla salute e la vita delle donne. Le ragazze che non subiscono la mutilazione genitale non vengono prese in sposa, perché considerate immature o non abbastanza valorose.
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“Quando le nostre ragazze non mutilate si recano nell’entroterra a visitare i nonni e altri parenti vengono insultate pesantemente. Una pressione psicologica tale da spingerle a subire il taglio pur di guadagnarsi rispetto e accettazione sociale”, raccontano le donne masai intervistate dall’organizzazione Amref Health Africa, che promuove progetti di salute nelle aree più isolate dell’Africa.
Non tutti gli uomini, però, la vedono in questo modo e anche grazie a loro la battaglia contro le mutilazioni genitali femminili (FGM) può essere vinta.
In occasione della Giornata Internazionale delle Donne, Amref ha lanciato il video “Uomini che rispettano le donne” con lo scopo di ribadire il messaggio che per l’uguaglianza di genere e il rispetto dei diritti umani bisogna combattere insieme.
Douglas è un giovane guerriero Moran che nella sua comunità masai in Kenya si è fatto ambasciatore della lotta alle mutilazioni genitali femminili.
“È molto importante che gli uomini siano impegnati nella lotta contro le mutilazioni, perché nelle nostre comunità gli uomini sono dei modelli di riferimento e prendono la maggior parte delle decisioni”, dice Douglas.
“La chiave nella lotta contro le FGM è l’istruzione per le ragazze e far conoscere loro i diritti di cui godono, nonché educare le comunità sulle conseguenze tragiche del taglio: morte trasmissione di malattie come l’HIV e riduzione del piacere sessuale. È molto difficile convincere gli uomini, poiché credono che una donna non sia tale se non si è sottoposta a mutilazione. Ma non possiamo fermarci, le mutilazioni devono essere fermate”.
Tra le comunità rurali di Kenya e Tanzania, in cui sono ancora largamente diffuse pratiche tradizionali lesive dei diritti umani, della libertà e della dignità della donna, come le mutilazioni genitali femminili, Amref si dedica ad attività di sensibilizzazione e mobilitazione comunitaria.
Grazie a questo lavoro e alla diffusione di “riti di passaggio alternativi”, Amref è riuscita a salvare dalla mutilazione oltre 10.500 bambine e ragazze in 6 anni. Per loro l’età adulta non è segnata da un taglio ma dall’educazione. Nella prima settimana di marzo 2017, Amref Italia ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi sul tema delle mutilazioni genitali femminili.
Secondo l’Unicef, 200 milioni di donne e ragazze in 30 paesi del mondo sono vittime di mutilazione genitale femminile – 70 milioni più del 2014. 44 milioni di vittime sono bambine e adolescenti sotto i 14 anni di età. Tre milioni di donne rischiano di subire questa pratica ogni anno.
In Europa 500mila donne e bambine sono vittime di MGF e 180mila sono a rischio ogni anno. In Italia 60mila donne e bambine sono vittime di MGF e 7.700 sono a rischio.
Qui sotto il video lanciato dall’organizzazione Amref: