Un’altra crepa nell’euro
La crisi dell’eurozona irrompe a Cipro e invia preoccupanti segnali di instabilità in tutto il continente
Sabato, dopo 10 ore di trattative, i ministri delle finanze dell’eurozona hanno trovato un accordo per erogare un prestito da 10 miliardi di euro a Cipro, nel tentativo di salvare il suo enorme settore bancario, grande otto volte l’economia del Paese.
In cambio, su pressione del Fondo Monetario Internazionale, è stato chiesto a Nicosia un contributo di 5,8 miliardi di euro, da prelevare dai depositi nelle banche cipriote. La misura impone di fatto un “haircut” (perdita) anche ai risparmiatori più modesti, che sono chiamati a contribuire al salvataggio del proprio elefantiaco sistema bancario.
Il prelievo dei 5,8 miliardi sarà realizzato applicando due aliquote, 6,75% e 9,9%, rispettivamente ai depositi inferiori e superiori ai 100.000 euro. A titolo d’esempio, un piccolo patrimonio di 10.000 euro sarebbe tassato per 675 euro. Cifre che fanno impallidire il celebre decreto del 1992 con cui il governo Amato mise “le mani nelle tasche degli Italiani” operando un prelievo forzoso del 6 per mille sui conti correnti bancari: meno di un decimo rispetto a quanto dovranno pagare i ciprioti con patrimoni inferiori ai 100.000 euro. Oggi le banche saranno chiuse e forse anche martedì, per evitare che i ciprioti possano prendere d’assalto gli sportelli nella speranza di portare i propri risparmi al sicuro da salassi.
Il provvedimento non ha alcun precedente nella storia ormai quadriennale della crisi dell’eurozona. Anche nel caso irlandese il sistema bancario da salvare era ben più grande dell’economia nazionale e l’intervento statale mise in ginocchio le finanze pubbliche della Tigre celtica. Dal timore che si ripeta un caso simile viene la richiesta del FMI di ridurre l’impatto del salvataggio, chiedendo contributi anche ai risparmiatori.
Un’altra ragione è eminentemente politica ed è legata alla massiccia presenza di depositanti esteri, e in particolare russi, nel sistema finanziario cipriota. Le banche del Paese in questione hanno infatti la scomoda fama di ospitare una grande quantità di capitali “sporchi” di provenienza russa. Quasi un terzo (25 miliardi di euro) dei depositi totali nel Paese appartengono a società russe con sede a Cipro. Secondo i commentatori il prelievo forzoso dai conti dei ciprioti è stato adottato anche per rendere più digeribile ai Paesi membri il salvataggio di risparmi di dubbia provenienza, soprattutto in un anno elettorale per la Germania.
Perché i problemi finanziari di un Paese piccolo come Cipro sono tanto importanti? Il caso crea un pericoloso precedente, in base al quale nessun risparmiatore può considerarsi completamente al sicuro da pesanti perdite. Il rischio è che nei Paesi periferici i cittadini decidano di ritirare il proprio denaro dalle istituzioni finanziarie, privandole dei fondi necessari per continuare a operare. La situazione esemplificata è detta “corsa agli sportelli” e secondo molti analisti è remota la possibilità che possa avvenire. Quella che appare più probabile è una corsa “lenta”, ossia una progressiva fuoriuscita di capitali a favore di lidi più sicuri, come i Paesi che formano il nucleo dell’eurozona. La conseguenza di un simile pellegrinaggio di fondi sarebbe una graduale disgregazione dell’area euro e, più in generale, dell’Europa unita.