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Home » Esteri

Le ultime lettere dei quindicenni jihadisti dell’Isis, dai banchi di scuola al martirio

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Sono stati ritrovati a Mosul i messaggi lasciati dai ragazzi ai loro familiari, insieme a un registro con le generalità di circa 50 reclute

“Mia cara famiglia, per favore perdonatemi”, ha scritto Alaa Abd al-Akeedi, 15 o 16 anni al massimo. Le sue parole erano scritte in una lettera indirizzata ai suoi genitori. Il ragazzo ha firmato il messaggio prima di intraprendere la via del jihad e morire in un attacco suicida nel 2016 contro le forze di sicurezza irachene.

Nella lettera il ragazzo invita la sua famiglia a non essere in lutto perché in Paradiso riuscirà a sposare 72 vergini, il premio promesso a chi muore per la causa di Dio, secondo il fondamentalismo islamico. In realtà i suoi genitori non hanno mai potuto leggere i suoi ultimi pensieri perché non hanno mai ricevuto la busta sulla quale il figlio aveva scritto il loro indirizzo.

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Sono dozzine i giovani combattenti reclutati dal sedicente Stato Islamico dal 2015 per attaccare soprattutto le strutture militari americane in Iraq.

I loro ultimi messaggi sono stati ritrovati da Reuters in un viaggio in un capo di addestramento a Mosul, riconquistata per più della metà a partire da ottobre 2016. La lettera di Akeedi è solo uno dei documenti lasciati dai jihadisti durante l’abbandono della città. Tutte le lettere sono scritte su carta intestata del Dipartimento dei soldati, Brigata dei Martiri dello Stato Islamico.

Insieme ai messaggi dei combattenti è stato ritrovato un registro scritto a mano in cui sono riportate le generalità di oltre 50 reclute. Per la maggior parte si tratta di ragazzi adolescenti o con poco più di 20 anni di provenienza irachena. Alcuni arrivavano dal Marocco, Iran, India o Stati Uniti. Sono stati intervistati i parenti di tre dei combattenti per raccogliere informazioni riguardo alle motivazioni della scelta di abbracciare la causa jihadista. I genitori hanno detto di aver accolto la decisione dei figli con sconcerto e confusione.

(Una delle lettere ritrovate a Mosul. L’articolo prosegue dopo l’immagine). 

Nel caso di Atheer Ali, per esempio, il padre Abu Amir ha raccontato che il figlio era uno studente eccellente in scienze, che amava nuotare e pescare e che aiutava lo zio nella cura dell’orto. Un giorno del 2015, poi, la scelta improvvisa di unirsi all’Isis insieme a sette compagni di classe. Da quel momento non ha avuto più notizie del ragazzo ed è stato minacciato quando ha provato a chiedere informazioni. 

Da allora non l’ha visto più vivo. È solo riuscito a sapere dai combattenti le circostanze della sua morte. È rimasto ucciso durante un attacco aereo a Bashiqa a nord-est di Mosul. Il padre è riuscito a recuperare il suo cadavere. Aveva i capelli lunghi ma era ancora troppo giovane per farsi crescere la barca. “Ancora ora sono meravigliato. Non so come abbiano fatto a convincerlo”, ha detto Abu Amir. “Sono solo felice di riuscire a seppellirlo”.

Sheet Omar, 15-16 anni, è un altro dei nomi che compare nei registri dell’Isis. Tra i dettagli sulla sua fine compare la formula: “Ha portato a termine un’operazione di martirio”. Il ragazzo era originario di Intisar, a est di Mosul.

Un parente del giovane, Shalal Younis l’ha descritto come sovrappeso e insicuro. La sua scelta di aderire all’Isis è arrivata dopo la morte del padre. “La sua mente era fragile e loro se ne sono approfittati”, ha detto Younis. “Se qualcuno lo avesse tentato con droga e alcol, probabilmente avrebbe scelto quello”. 

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