Venezuela: l’ultimatum dell’Unione europea a Maduro. Ma il governo di Caracas non arretra
Spagna, Francia e Germania hanno espresso una posizione comune, schierandosi contro il presidente. La ministra degli Esteri europea Mogherini: "Elezioni subito o ci saranno azioni"
La tensione in Venezuela continua a salire e il fronte internazionale è sempre più diviso tra chi appoggia il presidente Maduro e chi sta con il leader dell’opposizione Juan Guaidò [qui le ultime notizie].
Il 26 gennaio Spagna, Francia e Germania hanno espresso una posizione comune, schierandosi contro Maduro, la cui rielezione è stata contestata dall’Unione europea. La stessa Ue ha posto un ultimatum al capo dello Stato venezuelano, invocando la convocazione di nuove elezioni.
Il governo di Caracas ha tuttavia rigettato categoricamente l’ultimatum: “Nessuno ci può dire se delle elezioni vanno convocate oppure no”, ha detto il ministro agli Esteri, Jorge Arreza, intervenendo alla riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. E ancora: “Chi siete voi per lanciare un ultimatum ad un governo sovrano? È un’ingerenza infantile”.
In precedenza il governo socialista spagnolo di Pedro Sanchez aveva dichiarato che riconoscerà Guaidò come presidente del Venezuela se Maduro non convocherà le elezioni entro otto giorni e lo stesso annuncio era stato ripetuto poco dopo da Francia e Germania.
L’Alto rappresentante della Politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, ha dichiarato che se Maduro non annuncerà nei prossimi giorni la convocazione di elezioni “verranno prese diverse diverse azioni” che avranno al centro anche “il tema del riconoscimento della leadership” nel paese latinoamericano.
Con una nota diffusa dalla Farnesina, l’Italia ha chiarito che si schiera con l’Unione europea.
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Il Consiglio di sicurezza
Intanto il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Uniti si è riunito per discutere della crisi politica del Venezuela. Stati Uniti e Russia però sono su due fronti contrapposti, per cui difficilmente la riunione si concluderà con una presa di posizione comune (qui tutti gli aggiornamenti).
Mosca ha accusato Washington di aver organizzato “un tentativo di golpe in Venezuela contro il presidente Nicolas Maduro”: il rappresentante russo, Vassily Nebenzia, ha denunciato che la situazione creata da Guaidò è una “violazione del diritto internazionale” e un tentativo di “ordire un colpo di Stato”.
Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha affermato che gli Stati Uniti, dal canto loro, chiedono “a tutte le nazioni di mettere fine ai loro rapporti finanziari con il presidente venezuelano Nicolas Maduro”. Pompeo invita al tempo stesso la comunità internazionale a riconoscere come capo dello Stato ad interim del Paese latinoamericano il leader dell’opposizione Juan Guaidò.
“Speriamo anche che ciascuna di queste nazioni assicuri che sarà messa fine ai loro legami finanziari con il regime di Maduro e che si permetta che le attività che appartengono al popolo venezuelano vadano ai legittimi governanti dello Stato”, ha detto Pompeo.
Il 25 gennaio sembrava che ci fosse spazio per una distensione dei rapporti tra i due “presidenti”: Maduro infatti si era detto pronto a “incontrare Juan Guaidò” dopo che il governo del Messico si era offerto di ospitare i due leader per i negoziati. La proposta però è stata respinta al mittente da Guaidò, che ha detto di non aver intenzione di prendere parte ad un “dialogo falso”.
Il leader dell’opposizione poco prima aveva annunciato: “Torneremo nelle strade di Caracas la prossima settimana. Nicolas Maduro ha una faccia tosta, è chiaro. Servono elezioni, elezioni, è ciò che vogliamo, elezioni parlamentari e per tutte le istituzioni del paese”.
Un messaggio simile a quello lanciato il giorno prima: “Fratelli e sorelle, abbiamo fatto passi importanti, quello che serve per arrivare ad un governo di transizione e a libere elezioni. Ricordate sempre, se resistiamo e insistiamo la lotta sarà valsa la pena”, aveva scritto Guaido su Twitter, esortando i cittadini venezuelani scesi per le strade a non arrendersi.
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