Uccisi dai droni americani
La storia di una famiglia yemenita colpita dai raid aerei statunitensi contro i terroristi di al-Qaeda
Mohammed Tuaiman aveva 13 anni quando nel 2014 il giornale britannico The Guardian gli affidò una telecamera per documentare la vita quotidiana della sua famiglia in Yemen nella provincia di Marib, nel nord del Paese.
Aveva raccontato di vivere nel terrore di quelle “macchine della morte”, i droni americani, che nell’ottobre 2011 avevano ucciso suo padre mentre era uscito a cercare i suoi cammelli.
“Li vedo ogni giorno e ne abbiamo paura”, diceva Mohammed riferendosi ai droni. “Molti bambini li sognano quando dormono e hanno sviluppato problemi mentali. Hanno trasformato la nostra zona in un inferno, giorno e notte”.
Dopo la morte del padre e la perdita dell’unico reddito familiare, Mohammed si è dovuto prendere cura dei suoi 27 fratelli e sorelle.
L’unica organizzazione che si è mostrata disponibile ad aiutare la sua famiglia è stata una cellula locale di al-Qaeda. Tuttavia, Mohammed e i suoi fratelli non si sono mai dichiarati membri dell’organizzazione jihadista.
Il 26 gennaio 2015 Mohammed ha subito la stessa sorte di suo padre, ucciso da un drone americano mentre viaggiava in macchina in compagnia di suo cognato Abdullah Khalid al-Zindani e di un altro uomo non identificato.
La Cia e il Pentagono si sono rifiutate di commentare l’evento, non chiarendo se Mohammed fosse stato colpito appositamente o per errore.
Fonti non ufficiali sostengono che l’attacco sia stato necessario per uccidere tre uomini che il governo americano aveva identificato come militanti di al-Qaeda.
“Quando siamo arrivati ho visto i corpi completamente bruciati, come se fossero carbone”, racconta Maqded, il fratello maggiore di Mohammed.
“Non abbiamo potuto fare nulla. Non abbiamo neanche potuto spostare i corpi, così li abbiamo seppelliti lì, vicino alla macchina”.
I 27 fratelli e sorelle di Mohammed hanno sin qui perso 3 familiari a causa dei raid aerei americani. Lamentano un senso di forte ingiustizia e confusione.
“Gli anziani ci dicono che uccidere persone civili senza distinguere tra terroristi e innocenti è un atto criminale. Ma gli americani uccidono basandosi soltanto su un sospetto”, ha dichiarato Maqded.
Secondo Maqded, la morte di suo fratello Mohammed ha riacceso la determinazione della sua famiglia a cercare giustizia.