Siria, pronta l’offensiva turca contro le milizie curde dell’Ypg: le truppe di Ankara si rafforzano a ovest
La Casa Bianca frena e fa sapere di non avere dato nessun "via libera" alle operazioni militari della Turchia nel nord della Siria contro le Unità di Protezione del Popolo (Ypg)
Trump getta nel caos Siria e curdi: “Ritiro Usa”, poi la frenata. Le ultime notizie
La Turchia ha annunciato di invadere la Siria dopo il ritiro delle truppe americane. “Tutte le preparazioni sono state completate per l’operazione militare nel nord-est della Siria contro le milizie curde dell’Ypg”, ha reso noto il ministero della Difesa di Ankara.
La Turchia invade la Siria: l’attacco nella notte
La notizia del bombardamento di posizioni curde al momento non trova ulteriori conferme da parte turca né dalle autorità curdo-siriane, ma l’agenzia Sana, vicina a Damasco, ha riferito di attacchi nella notte nella regione nord-orientale al confine con l’Iraq, nei pressi del valico frontaliero di Simalka, testimoniati da foto e video.
L’area rappresenta un corridoio vitale per i rifornimenti militari e logistici della Coalizione anti-Isis a guida Usa e per le forze curdo-siriane.
Nell’incertezza di quanto è accaduto della notte, quel che è sicuro è che la Casa Bianca ha spiegato di non avere concesso nessun via libera ad Ankara per procedere con gli attacchi contro le Unità di Protezione del Popolo (Ypg), milizia curda che controlla le regioni nel nord della Siria e che la Turchia considera un’organizzazione terroristica.
Di fatto, però, il ritiro dei soldati americani dal nord del Paese lascia campo libero ai militari turchi, e le 60mila unità delle Syrian Defense Force – dove rientrano anche uomini di Ypg – presidiano capillarmente il territorio ma non hanno i mezzi necessari a respingere l’annunciata offensiva della Turchia.
La frenata Usa
Gli Stati Uniti smentiscono il ritiro delle truppe dalla Siria. “Non c’è nessuna luce verde nei confronti della Turchia per un massacro dei curdi. Dire questo è da irresponsabili”: così nel corso di una conference call con i reporter della Casa Bianca il funzionario dell’amministrazione statunitense ha aggiunto che “le azione decise dal presidente sono solo mirate a proteggere i nostri soldati”.
“Verranno ricollocati in altre basi solo 50-100 uomini delle forze speciali”, ha detto il funzionario dell’amministrazione Trump.
Solo un piccolo contingente delle forze speciali Usa nel nord della Siria – ha specificato il funzionario – è interessato dall’ordine del presidente americano, che non vuole metterli in pericolo. I militari americani saranno quindi dispiegati in altre basi.
Le critiche nei confronti di Trump
Intanto, Trump è stato investito da critiche pesantissime. Per una volta democratici e repubblicani si sono trovati d’accordo: molti parlano di “tradimento”, come il senatore repubblicano Mitt Romney.
La Speaker Nancy Pelosi, invita il presidente a “capovolgere questa decisione pericolosa”. Il leader dei conservatori al Senato, Mitch McConnell ha detto che “saranno avvantaggiati solo Russia e Iran”.
Così a metà giornata il Commander in chief ha provato ad arginare le polemiche, tornando su Twitter: “Se la Turchia farà qualcosa che, nella mia grande e inarrivabile saggezza, considererò oltre i limiti, allora distruggerò l’economia turca (l’ho già fatto)”.
Come rispondono le forze filo-curde
E accuse nei confronti di Trump arrivano agli americani dalle Forze democratiche della Siria, l’alleanza curdo-araba delle Fds, dopo le ultime notizie sull’imminente nuova operazione militare turca nel nordest del Paese arabo.
“Nonostante l’accordo sul meccanismo di sicurezza – si legge in un tweet di Mustafa Bali, portavoce delle Fds nel nord della Siria – le forze americane non hanno rispettato i loro impegni e hanno iniziato a ritirarsi dal confine tra Siria e Turchia, lasciando che l’area si trasformi in una zona di guerra”.
“Ma – aggiunge il tweet – le Fds sono determinate a difendere il nordest della Siria a tutti i costi. Se ci ritirassimo come vuole la Turchia lasceremmo un vuoto enorme tra i principali centri abitati, che favorirebbe il ritorno dell’Isis”.
Perché la Turchia invade la Siria proprio adesso
La decisione del governo turco di invadere il nord della Siria è stata accelerata dalle dichiarazioni di Washington, secondo cui sarebbe necessario creare nel nord della Siria una forza di sicurezza arabo-curda a presidio permanente dell’area, al fine di evitare il ritorno dello Stato Islamico. Un fatto che Ankara intende scongiurare a ogni costo.
Ankara considera i combattenti curdi insorti dei terroristi e ha cercato a lungo di porre fine al sostegno americano al gruppo e l’operazione militare turca spazzerebbe via le forze curde appoggiate dagli americani vicino al confine in Siria.
“Siamo determinati a garantire la sicurezza della Turchia ripulendo la regione dalla presenza dei terroristi. Contribuiremo a portare sicurezza, pace e stabilità alla Siria”, scrive stamani su Twitter il capo della diplomazia turca, Mevlut Cavusoglu, “abbiamo sostenuto l’integrità territoriale della Siria sin dall’inizio della crisi (nel 2011) e continueremo a farlo”, aggiunge il ministro degli Esteri della Turchia.
La Turchia invade la Siria: le reazioni Ue
La situazione in Siria ha messo in allarme l’Unione europea che ha ricordato come “ogni soluzione a questo conflitto non può essere militare bensì deve passare attraverso una transizione politica, in conformità alla risoluzione Onu ed il comunicato di Ginevra nel 2014”.
“I contatti sono in corso a livelli differenti e proseguiranno”, ha reso noto una portavoce della Commissione europea a chi le chiedeva se ci siano stati contatti tra l’Ue e l’amministrazione Usa sulla vicenda siriana.
“L’Ue è molto chiara nel dire che ogni soluzione sostenibile per la Siria non deve essere militare, ma deve esserci una soluzione politica”, ha poi ribadito la portavoce della Commissione europea, ricordando quanto già detto ieri cioè che l’Unione europea “rimane impegnata nel sostenere l’integrità territoriale siriana”.
Ancora più preoccupate le Nazioni Unite che, attraverso il coordinatore Onu per le operazioni umanitarie in Siria Panos Moumtzis, hanno ammesso la loro impotenza: “Ci stiamo preparando al peggio. Non sappiamo cosa succederà. Ma ci prepariamo al peggio”.