Esteri
Guerra in Siria, i curdi chiedono corridoi umanitari per i civili
L’offensiva militare turca in corso nel nord-est della Siria ha provocato finora oltre 300 mila sfollati
Guerra in Siria, i curdi chiedono corridoi umanitari per i civili
Per fare fronte all’emergenza della guerra della Turchia in Siria, i curdi chiedono corridoi umanitari per evacuare i civili dalla città sotto assedio turco di Ras al Ayn, dopo che un ospedale della città è stato colpito, lasciando in trappola al suo interno pazienti e personale sanitario.
L’offensiva militare turca in corso nel nord-est della Siria ha provocato finora oltre 300 mila sfollati. Ad annunciarlo è l’Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo cui la maggior parte degli sfollati ha lasciato le proprie case nella provincia nord-orientale di Hasakeh, a causa dei combattimenti tra le forze turche e curdo-arabe lungo il confine.
Secondo quanto rivelato all’agenzia di stampa Afp dal direttore dell’osservatorio, Rami Abdul Rahman, migliaia di sfollati hanno lasciato Kobane, nella provincia di Aleppo, e Tal Abyad (Raqqa) nel nord del Paese.
La Turchia ha lanciato l’operazione militare ad est dell’Eufrate lo scorso mercoledì 9 ottobre contro le Forze democratiche siriane, l’alleanza curdo-araba siriana finanziata dall’Occidente per la lotta all’Isis. Ankara ha in programma di reinsediare 2 milioni di siriani in una zona sicura che si estenda per una profondità di 30 chilometri lungo il confine turco-siriano.
Corridoi umanitari, il commento della chiesa
Anche la chiesa cattolica si schiera a favore dei corridoi umanitari. “L’offensiva anti-curda della Turchia ci interpella per molte ragioni – ha commentato don Buonaiuto, sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII – Il sangue versato in queste ore renderà ancora più complessa la soluzione delle crudeli e cronicizzate controversie regionali”.
Secondo don Buonaiuto, “ora la priorità è salvare, in ogni modo e con qualunque mediazione, gli uomini, le donne e i bambini costretti a scappare dalle loro case distrutte dai colpi di mortaio e dai bombardamenti”, lanciando un appello all’Unione Europea affinché “per una volta almeno smetta di parlare a più voci e si mostri compatta nel promuovere corridoi umanitari e negoziati multilaterali per consentire alle popolazioni indifese di uscire dalla morsa dei combattimenti”.
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