Guerra in Siria, l’appello del leader curdo: “Il mondo fermi Erdogan”
Guerra in Siria, l’appello del leader curdo: “Il mondo fermi Erdogan”
L’offensiva turca nella Siria nord-occidentale diventa sempre più brutale. Il presidente turco Erdogan parla di 653 “curdi neutralizzati”, di cui 556 uccisi. Il deputato Hisyar Ozsoy, responsabile Esteri del partito filo-curdo Hdp, unica forza parlamentare in Turchia a opporsi all’offensiva, lancia un appello: “C’è una crescente pressione internazionale sulla Turchia per fermare l’invasione in Siria e trovare una soluzione attraverso il dialogo. Ma i leader mondiali devono mantenere la pressione su Erdogan, perché se ne avrà l’opportunità cercherà di distruggere tutte le forze curde”.
Hisyar Ozsoy, una delle poche voci di dissenso in Turchia sull’offensiva militare, ha rilasciato un’intervista all’agenzia Ansa. L’Hdp, di cui è responsabile per la politica estera, è l’unica forza parlamentare a essersi opposta alla retorica nazionalista e militarista di questi giorni.
Il deputato del partito filo-curdo delinea un quadro in cui i combattenti curdi in Siria appaiono con le spalle al muro, ma determinati a resistere. “L’idea di Erdogan non è solo quella di eliminare le forze curde, ma anche di modificare la struttura demografica, sostituendo la popolazione locale con i suoi sostenitori arabi e salafiti”, accusa Ozsoy.
Per le Forze democratiche siriane a guida curda (Fds), chiedere aiuto al regime di Bashar al Assad è stata secondo Ozsoy una scelta tanto necessaria quanto indigesta. “Sono stati costretti a negoziare con Damasco in una posizione di debolezza. Ma i curdi – dice il deputato dell’Hdp all’Ansa– non si fidano di Assad, ricordano quello che suo padre Hafez ha fatto in passato.
“Migliaia di civili sono in queste ore sotto attacco a Ras al Ayn”, sostiene Ozsoy, che riferisce di “decine di vittime civili e fino a 250 mila sfollati”, in un contesto “aggravato dall’evacuazione delle organizzazioni internazionali di soccorso, come Medici senza Frontiere”. L’operazione militare è destinata a scuotere profondamente anche la politica interna della Turchia, dove Erdogan cerca di recuperare sostegno dopo la batosta delle amministrative a Istanbul e Ankara.