Liberati i quattro docenti universitari turchi arrestati per propaganda terroristica
I procuratori intendono cambiare il capo d'accusa in uno meno grave. Gli accademici avevano letto una petizione contro l'intervento militare nel sudest del paese
I quattro docenti universitari turchi arrestati con l’accusa di diffondere propaganda terroristica e incitare all’odio sono stati rilasciati venerdì 22 aprile 2016. Su di loro pende un processo instaurato dal tribunale di Istanbul.
Il tribunale ha scarcerato gli imputati (Esra Mungan, Meral Camcı, Kivanç Ersoy e Muzaffer Kaya) perché i procuratori intendono cambiare il capo di accusa e attendono il benestare del ministero della Giustizia. La prossima udienza è stata fissata per il 27 settembre.
L’imputazione originale prevedeva una pena detentiva fino a sette anni, ma i pubblici ministeri intendono formulare un’accusa diversa sotto l’articolo 301 del codice penale turco, il quale criminalizza la “denigrazione dell’orgoglio turco”, e la punisce con un massimo di due anni di reclusione.
Le autorità turche avevano arrestato i quattro a marzo, dopo che avevano letto pubblicamente una dichiarazione in cui chiedevano di mettere fine alle operazioni di sicurezza nella regione sudorientale del paese, area a maggioranza curda.
Erano tra gli oltre duemila docenti universitari che hanno firmato una petizione in favore della pace. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva reagito dicendo che coloro che avevano sottoscritto il documento avrebbero pagato per il loro tradimento.
“Siamo felici di annunciare il rilascio dei nostri colleghi. Presto leggeremo un comunicato stampa davanti al tribunale”, si legge sulla pagina Facebook Academics for Peace, che rappresenta il gruppo promotore della petizione.
Il documento, siglato in gennaio e sottoscritto non solo da cittadini turchi ma anche da decine di stranieri tra cui il linguista Noam Chomsky, critica l’azione militare nel sudest, inclusi i coprifuoco ventiquattr’ore su ventiquattro volti a dare la caccia ai militanti del Pkk che si nascondono nelle aree residenziali delle città della regione.
Centinaia di civili, uomini delle forze di sicurezza e militanti sono rimasti uccisi nel corso del conflitto contro il Pkk esploso a luglio 2015 e che ha innescato un’escalation di violenza, come non si vedeva in Turchia da vent’anni.
Nel frattempo, desta preoccupazione la severa limitazione del dissenso e il trattamento in particolare dei giornalisti.
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