Nuova stretta sui media in Turchia: tre anni di carcere a chi diffonde “fake news”
La Turchia rischia di scivolare ancora più in basso del 149° posto attualmente occupato su 180 paesi nell’indice mondiale della libertà di stampa di Reporter senza frontiere per il 2022: il parlamento di Ankara ha approvato nella serata di ieri una dura legge che prevede il carcere fino a tre anni per chi diffonde messaggi di disinformazione. A decidere cosa sia “fake news” e cosa no però saranno giudici fortemente influenzati dal potere autoritario del presidente Recep Tayyip Erdogan. Il provvedimento è stato portato avanti proprio dal suo partito di matrice islamica, Akp, ed è stato duramente condannato dal Consiglio d’Europa: “La vaga definizione della misura di ‘disinformazione’ e la relativa minaccia di detenzione potrebbero avere un effetto spaventoso e provocare una maggiore autocensura, anche in vista delle imminenti elezioni del giugno 2023”.
Durante il dibattito sulla legge alla Camera il deputato Burak Erbay, fortemente contrario, ha distrutto con un martello il suo smartphone con un gesto simbolico: “Hai solo una libertà, è il telefono che hai in tasca… se questa legge passa puoi rompere i tuoi telefoni in questo modo, non avrai bisogno di usarli”. Il disegno di legge specifica inoltre che le pene possono essere aumentate fino alla metà se si utilizzano account anonimi per diffondere presunta disinformazione. Le autorità della Turchia si erano precedentemente scontrate con Meta, il proprietario di Facebook, per la richiesta che ogni società di social media con più di 1 milione di utenti nominasse un rappresentante locale per rispondere al governo e per archiviare i dati degli utenti a livello locale.
L’AKP di Erdogan ha affermato che era necessaria una legislazione per contrastare la disinformazione e le “false accuse” al governo sui social media, garantendo però che non avrebbe messo a tacere l’opposizione. Un’indagine della Reuters ha recentemente mostrato come i media mainstream siano controllati da uomini approvati dal governo, mentre i media indipendenti e di opposizione devono affrontare il peso di diverse sanzioni normative. Il contestato disegno di legge ora passa al presidente per la formale approvazione finale.