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Home » Esteri

La Turchia entra in Siria: cosa sta succedendo

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L'esercito turco è intervenuto militarmente in Siria con il duplice obiettivo di allontanare l'Isis dal confine siriano e di contrastare i curdi

Forze speciali dell’esercito turco, insieme ai jet della coalizione internazionale a guida statunitense, hanno lanciato mercoledì 24 agosto la prima offensiva coordinata sul territorio siriano, al confine con la Turchia.

I carri armati turchi e i miliziani ribelli dell’Esercito siriano libero hanno attraversato la frontiera turco-siriana e, dopo alcune ore di combattimenti, hanno strappato all’Isis il controllo della città di Jarablus, a pochi chilometri dal confine con la Turchia. Intensi bombardamenti hanno accompagnato l’avanzata.

L’operazione, chiamata Scudo dell’Eufrate, dal nome del fiume che scorre nell’area, è la prima missione militare dell’esercito turco dopo il tentativo di golpe.

Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha detto che l’operazione militare ha l’obiettivo di annientare le organizzazioni terroristiche al confine con la Turchia e aumentare il livello di sicurezza alla frontiera, e per questo non sono dirette solo contro l’Isis ma anche contro le milizie curde.

Ankara considera i combattenti curdi del PYD, il partito dei curdi siriani, un’estensione del PKK, il partito dei lavoratori curdi presente in Turchia e accusato di essere il responsabile di una serie di attacchi terroristici negli ultimi anni, mentre gli Usa vedono nell’YPG un alleato nella lotta al sedicente Stato islamico.

Turchia e Stati Uniti sperano che allontanando i miliziani dell’Isis dal confine, possono privare il sedicente Stato islamico di un’importante via di accesso dei foreign fighters e di contrabbando del petrolio estratto negli impianti siriani.

Ma per Ankara è anche un modo per prevenire la conquista della città di confine da parte delle milizie curde, che giocano un ruolo fondamentale nella guerra all’Isis nella regione.

I miliziani curdi hanno conquistato ampie aree del territorio siriano dall’inizio della guerra civile nel 2011 e Ankara ha già indicato il fiume Eufrate, che scorre a est di Jarablus, come una linea rossa che non tollererebbe nel caso in cui venisse superata.

Il premier turco Binali Yildrim ha annunciato che le operazioni nel nord della Siria continueranno finché i curdi non si saranno ritirati ad est dell’Eufrate. Giovedì 25 agosto, altri dieci carri armati hanno attraversato la frontiera con la Turchia.

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani ieri a Jarablus si sono verificati scontri tra le forze ribelli siriane sostenute dalla Turchia e milizie curde dell’Ypg.

Il segretario di Stato Usa John Kerry ha annunciato in una telefonata con il suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu, che le forze curdo-siriane hanno iniziato a ritirarsi a est del fiume Eufrate, come richiesto da Ankara.

Le milizie curde starebbero preparando, inoltre, un’offensiva congiunta per liberare la città di Raqqa, la capitale di fatto del sedicente Stato islamico, ha fatto sapere un portavoce della coalizione a guida statunitense.

Il leader del partito curdo PYD, tuttavia, ha scritto in un tweet che la Turchia sta entrando in un “pantano” e sarà sconfitta al pari del sedicente Stato Islamico.

Dopo l’incidente in cui nel novembre del 2015 fu abbattuto un jet russo che volava lungo il confine tra Siria e Turchia, gli aerei turchi non avevano più bombardato in Siria. L’esercito turco aveva fatto un’altra incursione in territorio siriano nel febbraio del 2015 per liberare la tomba di Suleyman Shah, il nonno del fondatore dell’impero Ottomano.

In seguito al tentativo di colpo di Stato la Turchia ha cercato di rinforzare il legame con Washington e l’Unione europea dopo le tensioni nei mesi precedenti e ha messo fine alla disputa diplomatica con la Russia, proponendo a Mosca maggior collaborazione militare nella lotta all’Isis.

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