Turchia: oltre mille arresti per le proteste dell’opposizione. Chp nomina Imamoglu candidato alle presidenziali 2028

Il principale oppositore del presidente Recep Tayyip Erdogan si trova da ieri nel carcere di Silivri in attesa di un processo per corruzione, da lui definito "un'esecuzione"
Il principale movimento di opposizione in Turchia, il Partito Popolare Repubblicano (Chp), ha nominato oggi ufficialmente candidato alle elezioni presidenziali del 2028 Ekrem Imamoglu, il sindaco di Istanbul arrestato il 19 marzo scorso con l’accusa di corruzione e da ieri in custodia cautelare nel carcere di Silivri in attesa del processo e la cui estromissione dalla vita politica ha provocato una settimana di proteste in tutto il Paese, a cui il governo del presidente Recep Tayyip Erdogan ha risposto con oltre mille arresti.
La nomina è puramente simbolica visto lo stato detentivo del sindaco e l’annullamento, senza giustificazione, del suo titolo di laurea da parte dell’Università di Istanbul, prerequisito fondamentale secondo la Costituzione turca per candidarsi alla massima carica dello Stato. La principale forza di opposizione ha comunque tenuto ieri le primarie per le presidenziali, indicando Imamoglu come unico candidato. “Il numero di voti per Ekrem İmamoglu da parte dei nostri militanti e delle urne di solidarietà (riservate agli elettori non iscritti al partito, ndr) è di oltre 14 milioni 850 mila”, aveva annunciato ieri sera il leader del Chp, Ozgur Ozel, alla folla riunita nella zona di Sarachane, davanti al municipio di Istanbul, diventato ormai da una settimana l’epicentro della protesta dopo l’arresto del sindaco. “I risultati odierni hanno messo completamente in discussione la legittimità di Erdogan e reso inevitabili le elezioni anticipate”. “Invio i miei saluti alle milioni di persone che stasera chiedono giustizia a Sarachane e nelle piazze di tutto il mio Paese”, aveva commentato Imamoglu sui social.
Eletto sindaco di Istanbul due volte, nel 2019 e nel 2023, sconfiggendo i candidati del partito Akp del presidente Erdogan, Imamoglu è stato arrestato il 19 marzo insieme al suo portavoce Murat Ongun e ad altre 98 persone accusate di far parte di “un’organizzazione criminale”. Ieri il tribunale di Istanbul aveva convalidato l’arresto del sindaco e di un’altra cinquantina di coimputati, disponendone la custodia cautelare nel carcere di Silivri in attesa del processo. Le accuse risalgono al periodo in cui Imamoglu era sindaco del distretto di Beylikduzu, nella zona europea del comune metropolitano guidato dal 2014 al 2019 dal politico del Chp, un’indagine già aperta nel 2023 per alcune presunte irregolarità nelle gare d’appalto assegnate nel 2015 che gli aveva impedito di correre contro Erdogan alle presidenziali di quell’anno. “Sono qui. Indosso una camicia bianca e non potrete sporcarla. Il mio polso è forte e non potrete torcerlo. Non arretrerò di un pollice. Vincerò questa guerra”, ha dichiarato Imamoglu in un messaggio letto ieri in aula dai suoi avvocati.
L’arresto del sindaco di Istanbul ha scatenato un’ondata di proteste senza precedenti in Turchia dai tempi delle imponenti manifestazioni di Gezi Park a Piazza Taksim del 2013. Anche ieri, come ormai ogni sera dal 19 marzo, decine di migliaia di persone si sono assiepate nella zona attorno al municipio cittadino per esprimere il proprio sostegno a Imamoglu, come avvenuto in decine di altre piazze in una cinquantina delle 81 province turche. “Sarete sconfitti!”, ha gridato la moglie del sindaco, Dilek Kaya Imamoglu, alle autorità dal podio allestito dal Chp. “Ciò che avete fatto a Ekrem ha toccato un nervo scoperto che ci ricorda a tutti le vostre ingiustizie”. Lo stesso Imamoglu, nel messaggio letto ieri in aula dai suoi legali, ha definito la vicenda “un’esecuzione senza processo”, invitando “la nazione a combattere”.
La reazione delle autorità però non si è fatta attendere. Il governatorato di Istanbul ha vietato le manifestazioni fino alla serata di mercoledì 26, giorno in cui il consiglio comunale dovrebbe designare un vicesindaco facente funzioni per sostituire Imamoglu. Intanto continuano gli arresti e le limitazioni dei social. Oltre 1.130 persone, secondo il ministro degli Interni Suleyman Soylu, sono state arrestate negli ultimi giorni durante le proteste andate finora in scena in almeno nove città di tutta la Turchia mentre Ankara ha richiesto al social X la chiusura di oltre 700 profili ritenuti ostili e afferenti, secondo la piattaforma, a “testate, giornalisti, politici, studenti e attivisti” secondo il team di comunicazione del network.