Turchia: un gruppo armato vicino al Pkk rivendica l’attentato alle Turkish Aerospace Industries
"I terroristi sono dei burattini", ha commentato Erdogan, che poi se l'è presa con gli Stati Uniti: "È ormai un fatto noto che utilizzano le organizzazioni terroristiche nella regione per i propri interessi e per la sicurezza di Israele"
Un gruppo armato legato al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) ha rivendicato l’attacco terroristico compiuto mercoledì 23 ottobre da due attentatori, poi uccisi dalle forze speciali turche, contro la sede delle Turkish Aerospace Industries (TAI, in turco TUSAŞ) di Kahramankazan, a circa 40 chilometri dalla capitale Ankara, che ha provocato 5 morti e 22 feriti.
L’attentato, ha fatto sapere il Comando del Quartier Generale del Centro di Difesa Popolare (Hsm) in un comunicato diramato su Telegram citando per nome i due autori materiali della strage e pubblicandone le foto e alcune informazioni personali, “è stato portato a termine da una squadra del Battaglione degli immortali” in una operazione “pianificata da tempo”, che “non ha alcun legame con l’agenda politica discussa in Turchia nell’ultimo mese”.
L’attacco terroristico dunque, secondo la rivendicazione, non sarebbe legato al possibile negoziato in corso segretamente negli ultimi mesi per porre fine a un conflitto che dura ormai da quarant’anni e che ha provocato oltre 40mila morti coinvolgendo a vario titolo non solo la Turchia ma anche Siria, Iraq e Iran.
“È noto che le armi prodotte da TUSAŞ hanno massacrato migliaia di civili, tra cui bambini e donne, in Kurdistan. Non esiste un diritto più legittimo di quello di ogni organizzazione patriottica, istituzione e persona del Kurdistan di agire contro i centri in cui vengono prodotte queste armi”, si legge nel comunicato che definisce i responsabili degli “eroi” di una “azione storica condotta con grande determinazione, talento creativo e spirito di sacrificio”.
Per il Centro di Difesa Popolare (Hsm) però, che l’anno scorso aveva già rivendicato un attentato suicida contro il direttorato della Sicurezza di Ankara nel giorno della riapertura dei lavori del Parlamento turco, questo genere di azioni serve a inviare “avvertimenti e messaggi contro le pratiche di genocidio, i massacri e le politiche di isolamento del governo turco”.
Chi erano gli autori dell’attentato alle Turkish Aerospace Industries
L’attacco è stato effettuato da due persone, tra cui una donna, ripresi anche dalle telecamere di sicurezza della sede delle TAI. I due, dopo aver ucciso l’autista, hanno rubato un taxi e sono arrivati ai cancelli dell’Aviation campus delle Turkish Aerospace Industries intorno alle 15:26 del 23 ottobre ora locale (le 14:26 in Italia).
Dapprima hanno fatto esplodere un ordigno ai cancelli dell’impianto e poi hanno cominciato a sparare contro i dipendenti delle Turkish Aerospace Industries. Solo l’intervento delle unità speciali ha permesso di fermare i due attentatori, rimasti uccisi nello scontro a fuoco con le forze di sicurezza turche.
Sin dalle prime ore successive all’attacco, le autorità turche avevano puntato il dito contro il Pkk e i gruppi armati curdi. Ieri poi era stato lo stesso ministro degli Interni turco, Ali Yerlikaya, a rivelare l’identità degli attentatori in due diversi messaggi pubblicati sulla piattaforma social X, informazioni oggi confermate dal Hsm nel comunicato di rivendicazione.
I responsabili della strage sono stati identificati come Ali Örek, nome di battaglia Rojger Hêlîn, e Mine Sevjîn Alçiçek, nome di battaglia Asya Ali, entrambi, secondo Ankara, membri del Partito dei lavoratori del Kurdistan. L’uomo era originario della provincia di Sirnak mentre la donna proveniva da Izmir.
La reazione di Erdogan
“I terroristi sono dei burattini. Il nostro obiettivo è una Turchia senza terrorismo”, ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, citato dall’agenzia di stampa Anadolu, sull’aereo di ritorno dal vertice dei Paesi Brics+ a Kazan, in Russia. “Su questo non scenderemo a compromessi”. Gli autori della strage, ha accusato, sono “infiltrati” dalla vicina Siria.
Perciò il capo dello Stato turco se l’è presa con gli Stati Uniti: “È ormai un fatto noto che gli Stati Uniti utilizzano le organizzazioni terroristiche nella regione per i propri interessi e per la sicurezza di Israele”. Ma, ha aggiunto, la Turchia continua a impegnarsi per “estirpare completamente il terrorismo alla fonte”. “Il Pyd/Ypg, ramo siriano del Pkk, è destinato ad essere abbandonato e lasciato isolato”, ha promesso Erdogan.
Intanto, come annunciato ancora una volta su X dal ministro degli Interni Ali Yerlikaya, oggi le autorità turche hanno arrestato 176 presunti membri del Pkk in varie operazioni anti-terrorismo condotte in 31 diverse province del Paese, tra cui Istanbul. Gli arrestati non sono accusati di essere coinvolti nell’attentato alle Turkish Aerospace Industries ma di aver diffuso materiali di “propaganda” a favore del Pkk e di aver partecipato a “manifestazioni illegali con blocchi stradali, dando fuoco a pneumatici e lanciando molotov”.
Sulla base delle informazioni fornite dall’intelligence turca del Mit, secondo fonti delle forze di sicurezza citate da Anadolu, l’esercito e l’aviazione hanno “colpito 120 obiettivi legati al Pkk e alle Ypg”. Inoltre, secondo una nota diramata oggi dal ministero della Difesa Nazionale di Ankara, almeno 7 miliziani del gruppo armato turco sono stati “neutralizzati” (un’espressione solitamente usata dalle autorità turche per dire “uccisi”) nel nord dell’Iraq, dove ieri l’Aviazione aveva già bombardato decine di obiettivi.
L’apertura al dialogo di Ocalan
L’attentato alle Turkish Aerospace Industries complica il percorso di riavvicinamento tra Ankara e i gruppi armati curdi dopo una serie di (timidissimi) segnali lanciati nelle scorse settimane che facevano sperare nella riapertura delle trattative per un cessate il fuoco.
Tuttavia, dal carcere di Imrali dove è rinchiuso da 25 anni e dove è stato in isolamento negli ultimi 43 mesi, il fondatore del Pkk, Abdullah Öcalan, ha aperto a un possibile dialogo. Proprio il 23 ottobre, suo nipote Ömer Öcalan, deputato del Partito dell’Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli (Dem), aveva incontrato lo zio con alcuni familiari, pubblicando sui social il messaggio del leader curdo.
“Durante l’incontro, Öcalan ha fatto delle valutazioni sugli sviluppi politici generali e ha chiesto che fosse trasmesso al pubblico il seguente messaggio: ‘L’isolamento continua. Se si verificano le condizioni, ho il potere teorico e pratico di spostare questo processo dal terreno del conflitto e della violenza a quello legale e politico’”, ha scritto ieri il deputato su X. Parole che lasciano sperare in una possibile riapertura delle trattative, che l’attentato però sembra allontanare.