Cosa ha detto Trump sui rapporti degli Stati Uniti con Taiwan e la Cina
Durante un'intervista il presidente eletto ha dichiarato che in futuro Washington potrebbe non sostenere più la politica dell'unica Cina
Il presidente eletto Donald Trump ha detto che gli Stati Uniti non devono necessariamente continuare a sostenere l’appartenenza di Taiwan alla Cina continentale.
La dichiarazione rilasciata a Fox News Sunday domenica 11 dicembre 2016 mette in dubbio una posizione politica e diplomatica portata avanti da Washington per quasi quarant’anni. Pechino si era infastidita per la telefonata del 2 dicembre tra Trump e Tsai Ing-wen, la presidente taiwanese.
“Comprendo perfettamente la politica dell’unica Cina, ma non so se noi dobbiamo sentirci legati a essa a meno che non stringiamo con la Cina un accordo in merito ad altre cose, incluso il commercio”, ha dichiarato il presidente eletto all’emittente televisiva.
La telefonata tra Trump e la presidente di Taiwan è stata un evento storico: nessun presidente americano dai tempi di Jimmy Carter – presidente dal 1977 al 1981 – aveva avuto contatti di questo tipo con Taipei, capitale dell’isola asiatica.
Nel 1979 gli Stati Uniti cambiarono posizione e riconobbero Pechino come la rappresentante della Cina, al posto di Taiwan. Il seggio in seno al Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite era passato dalla Repubblica della Cina alla Repubblica popolare cinese nel 1971.
Pechino considera Taiwan una provincia ribelle della Cina e pertanto i commenti di Trump hanno toccato un argomento delicato, anche se l’amministrazione cinese non ha, per il momento, reagito.
Nell’intervista Trump ha anche criticato le attuali politiche cinesi, in particolare la questione delle dispute nel mar cinese meridionale e la posizione verso la Corea del Nord, aggiungendo che non sta a Pechino decidere quali telefonate il presidente eletto degli Stati Uniti può accettare.
In merito alla chiamata, l’amministrazione Obama aveva rassicurato i cinesi sul sostegno americano alla politica dell’unica Cina, avvertendo che innescare una diatriba in merito a Taiwan avrebbe potuto minare gli sforzi fatti per migliorare i rapporti con Pechino.
Con tutta probabilità Trump nominerà il governatore dell’Iowa Terry Branstad, figura considerata vicina a Pechino, ambasciatore in Cina.
Ma potrebbe scegliere John Bolton, ex funzionario dell’amministrazione Bush e fautore di una linea meno morbida nei confronti del gigante asiatico, come numero due del dipartimento di Stato.
Bolton ha dichiarato che Washington dovrebbe essere più assertiva nel condannare l’aggressività militare della Cina nel mar cinese meridionale e in quello orientale, e che bisognerebbe ricevere ufficialmente i diplomatici taiwanesi al dipartimento di Stato, per usare tutti gli strumenti di pressione disponibili.