Usa, la dichiarazione dei redditi di Trump: nel primo anno da presidente ha pagato più tasse all’estero
Dopo una battaglia legale durata anni, la Camera americana ha pubblicato le dichiarazioni dei redditi di Donald Trump, nonostante l’ex presidente abbia fatto di tutto per evitarne la diffusione: dai rendiconti emerge che il tycoon nel suo primo anno alla Casa Bianca ha pagato più tasse all’estero che negli Stati Uniti, e che ha avuto diversi conti correnti bancari al di fuori del territorio nazionale tra il 2015 e il 2020, incluso uno in Cina, per due anni, tra il 2015 e il 2017.
L’ultima volta in cui erano stati resi noti i dettagli fiscali di un presidente Usa risale al 1973, quando l’agenzia delle entrate americana consegnò le dichiarazioni dei redditi di Richard Nixon a una commissione del Congresso. Dalle oltre 2700 pagine di documenti vengono fuori dati rilevanti, come il fatto che Trump abbia pagato zero tasse federali nel 2020 e solo 750 dollari nel 2016 e nel 2017.
“I democratici non avrebbero dovuto farlo, la Corte Suprema non avrebbe dovuto approvare” la diffusione della dichiarazione dei redditi perché questo potrebbe “portare a cose orribili per molte persone”: “I democratici radicali di sinistra usano come arma qualsiasi cosa”, ha commentato il leader repubblicano, aggiungendo che i documenti mostrano come lui abbia “avuto successo” e sia stato “in grado di usare alcune deduzioni fiscali per creare migliaia di posti di lavoro”.
Dagli atti non risulta inoltre alcuna donazione beneficenza nel 2020, ultimo anno di presidenza: in campagna elettorale nel 2015, Trump aveva dichiarato che non avrebbe percepito lo stipendio da presidente, pari a 400mila dollari l’anno, e che lo avrebbe sempre donato: nei primi tre anni lo ha fatto, ma non nel quarto.
Il tycoon è stato costretto a rendere pubblici i suoi registri contabili dopo il voto del Ways and Means Commitee della Camera dei rappresentanti, avvenuto la settimana scorsa: i democratici sostenevano che fossero in gioco la trasparenza e lo stato di diritto del Paese, mentre i repubblicani hanno agitato il rischio di invasione della privacy dell’ex presidente.