La tratta dei calciatori africani minorenni
Un'accademia calcistica del Laos ha sfruttato per mesi giovani calciatori africani, violando il regolamento Fifa. I ragazzi vivevano in condizioni "deplorevoli"
Ventitré giovani calciatori dell’Africa occidentale – tra cui alcuni 14enni e 15enni – sono stati portati in Laos con la promessa di un contratto regolare e di entrare a far parte di un’accademia calcistica del Paese, la IDSEA Champasak Asia African Football Academy. Ma le condizioni della loro permanenza si sono rivelate molto diverse rispetto a quanto pattuito prima di partire.
Secondo quanto rivela una recente inchiesta di FIFPro (Federazione internazionale dei calciatori professionisti), riportata dalla Bbc, i ragazzi sono arrivati in Asia nel febbraio del 2015 e hanno cominciato ad allenarsi nello stadio di Pakse, una città nel sud del Laos.
Le condizioni in cui vivevano erano drammatiche. Si allenavano due volte al giorno ma non partecipavano mai a partite ufficiali, perché l’accademia non era registrata. Mangiavano solo due volte al giorno: pane al mattino e riso la sera. La notte dormivano tutti insieme sul pavimento, in una camera all’interno dello stadio stesso, senza vetri alle finestre. Alcuni dei giovani hanno contratto la malaria e il tifo, a causa delle condizioni igieniche del luogo, ma non è stata fornita loro alcuna assistenza medica. Durante la loro permanenza, non ricevevano alcun tipo di istruzione.
Inoltre, il regolamento della Fifa stabilisce che solamente i calciatori maggiorenni possano allenarsi in un’accademia all’estero, o lavorare per una squadra estera, mentre n questo caso la maggior parte dei ragazzi era minorenne.
La Champasak United, il club calcistico che ha assunto i giovani africani e che gioca in prima categoria nel Laos, probabilmente aveva intenzione di guadagnare dalla vendita dei ragazzi ad altre squadre in futuro. L’associazione ha negato di aver infranto il regolamento Fifa o di aver violato la legge.
Uno dei ragazzi portati in Laos, Kesselly Kamara, un 14enne originario della Liberia, ha raccontato alla Bbc di essere stato costretto a firmare un contratto di sei anni prima di poter giocare nella squadra della Champasak United.
Questo contratto prevedeva uno stipendio e un alloggio, ma Kamara dice di non essere mai stato pagato, e di aver dormito sul pavimento.
“È stato orribile” dice Kamara ricordando la sua esperienza in Laos.
Tutti quelli che sono arrivati alla IDSEA Champasak Asia African Football Academy erano stati invitati da Alex Karmo, un liberiano che gestiva la squadra lo scorso febbraio. I giovani calciatori avevano accettato l’invito volentieri, dal momento che in Liberia non ci sono accademie di calcio.
Ma quella della Champasak United si è rivelata una “finta accademia”, secondo quanto riferito dal giornalista liberiano Aleah Bedell, che ha seguito il gruppo in Laos e adesso è tornato nel suo Paese. “Non ci sono allenatori e dottori. Karma era l’allenatore, il direttore, tutto. Era una situazione assurda”.
Sotto le pressioni della Fifa e della FIFPro, nell’aprile del 2015 la Champasak ha rilasciato 17 ragazzi, tra cui Kamara, ma sei minorenni hanno deciso di rimanere in Laos.
Secondo la FIFPro tutti i ragazzi hanno firmato contratti che sono stati presentati loro da Karmo.
Questi contratti sembrano permettere alla Champasak di non pagare i ragazzi, stabilendo inoltre condizioni molto difficili da soddisfare per poter lasciare l’accademia. Karmo ha invece dichiarato che i giocatori mangiano tre volte al giorno e sono pagati ogni mese.
Né Karmo né il presidente hanno negato la presenza di minorenni nell’accademia, anche se Karmo ha dichiarato che ce n’è soltanto uno – un ragazzo di 16 anni originario della Guinea.
Secondo le fonti della Bbc, invece, nel club ci sarebbero altri cinque minorenni originari della Liberia. Insieme ad altri otto giocatori maggiorenni, i ragazzi vivono in “condizioni deplorevoli e disgustose”, ha detto Bedell. La situazione all’interno dell’accademia è così tragica che il giornalista l’ha paragonata al contesto della guerra civile in Liberia, quando le persone rimaste senza casa si accampavano dove potevano.
La libertà di movimento dei ragazzi minorenni rimasti in Laos è limitata. A marzo sono infatti diventati immigrati illegali, dal momento che i loro visti sono scaduti, ed è difficile ottenere un permesso di lavoro prima dei 18 anni.
Karmo ha dichiarato alla Bbc che nove dei 14 ragazzi – tra minorenni e maggiorenni – presenti al momento presso l’accademia, non hanno un permesso di lavoro, ma hanno i documenti in regola per poter restare in Laos legalmente. Inoltre, è la squadra a detenere i passaporti dei ragazzi, che anche per questo lasciano raramente lo stadio.
Nonostante la situazione, non tutti credono che i minorenni dovrebbero tornare nei loro Paesi d’origine. “Non voglio che torni in Liberia fino a che non ha coronato i suoi sogni”, ha detto Bella Tapeh, la madre di un ragazzo diciassettenne che si trova ancora a Pakse.
Alcuni di quelli che invece sono tornati in Liberia hanno raccontato che durante la loro permanenza in Laos ricevevano poco cibo, venivano pagati raramente – o non pagati del tutto – e non hanno ricevuto alcuna assistenza medica. Un ragazzo ha paragonato il lavoro svolto in Laos alla schiavitù.
La FIFPro ha dichiarato che probabilmente il caso della Champasak rappresenta solamente “la punta dell’iceberg” di un problema molto più esteso.
Secondo l’Ong Culture Foot Solidaire, infatti, i calciatori adolescenti che lasciano l’Africa occidentale – nella maggior parte dei casi illegalmente – sono circa 15mila ogni anno.
La FIFPro ha inoltre chiesto alla Fifa di intervenire contro la Federazione calcistica del Laos, che finora non ha fatto nulla per sanzionare la Champasak United.