Nel 2015 la Cina utilizza ancora torture medievali
Secondo un rapporto di Amnesty International, la polizia cinese userebbe tecniche particolari di violenza fisica per interrogare i prigionieri opposti al regime comunista
“Sono stato legato a una sedia di ferro, mi hanno schiaffeggiato, dato calci alle gambe e colpito alla testa con una bottiglia piena d’acqua in modo così forte che sono svenuto”.
Tang Jitian è uno dei 37 avvocati intervistati da Amnesty International riguardo all’inchiesta sull’utilizzo delle torture in Cina. L’organizzazione internazionale ha pubblicato a novembre il report No End in Sight – nessuna fine in vista – per denunciare i metodi medievali che le autorità cinesi userebbero per estorcere confessioni ai prigionieri.
La Cina nel 1988 ha ratificato la convenzione delle Nazioni Unite contro tortura e punizioni crudeli e inumane ma, secondo i testimoni intervistati, il governo non avrebbe ancora messo in atto misure per modificare la gestione dei prigionieri.
“In un sistema in cui anche gli avvocati possono finire per essere torturati dalla polizia, che speranza hanno gli imputati?”. Il ricercatore per la Cina di Amnesty Patrick Poon sottolinea la pericolosità di una situazione in cui chi dovrebbe fare in modo che venga fatta giustizia non si sente libero di lavorare per paura di ripercussioni.
Secondo Amnesty International, la Cina punta molto sulle confessioni dei prigionieri – in special modo per quanto riguarda dissidenti, minoranze etniche e coloro che sarebbero coinvolti in crimini religiosi – perché la maggior parte delle condanne del Paese dipendono dalle dichiarazioni di colpevolezza degli imputati.
Sedie di ferro per limitare i movimenti, privazione del sonno, del cibo e dell’acqua sarebbero solo alcuni dei metodi e degli attrezzi utilizzati dalle autorità cinesi. Tra questi c’è anche l’utilizzo della panca della tigre, in cui il prigioniero viene legato a una sedia, con le gambe stese di fronte a sé e bloccate, mentre sotto di esse vengono aggiunti a mano a mano mattoni per forzare le gambe a piegarsi all’indietro.
Un altro report era stato pubblicato da Human Rights Watch nel maggio del 2015 e il governo cinese aveva promesso che avrebbe punito i poliziotti che torturavano i prigionieri.
Secondo l’agenzia di stampa internazionale Associated Press, però, la pratica della tortura, sebbene in diminuzione, sarebbe ancora radicata in Cina.