“Noi saremo i prossimi? Chi attacca l’Estonia, dichiara guerra alla Nato”: a TPI parla il ministro estone Terik
"Non vedo più possibile oggi alcun negoziato ragionevole con Vladimir Putin, la diplomazia finisce lì dove iniziano a parlare le armi. Svezia e Finlandia nell'Alleanza Atlantica? Per noi sarebbe molto importante": intervista al ministro della Cultura estone Tiit Terik, a margine della Biennale di Venezia
La crisi tra Ucraina e Russia ha visto negli ultimi due mesi politologi e analisti dichiarare che l’obiettivo strategico di Vladimir Putin è una sfera d’influenza russa estesa dal Baltico al Caucaso. Abbiamo cercato di rispondere, attraverso autorevoli esperti e figure istituzionali, agli interrogativi sulle concrete ragioni che hanno indotto il leader del Cremlino a lanciare l’attacco e sui reali obiettivi futuri. È stata una reazione all’espansione ad est della Nato, oppure l’offensiva nasconde un obiettivo programmatico? Dove vuole arrivare la Russia di Putin? I nodi, ancora oggi, sono gli stessi. Ne abbiamo parlato con il ministro della Cultura estone Tiit Terik, a margine della Biennale di Venezia, il quale crede che il “soft power” possa ancora giocare le sue carte in uno scenario, oggi, completamente militarizzato.
Il termine soft power è stato utilizzato nella teoria delle relazioni internazionali per la prima volta all’inizio degli anni ’90 dal politologo statunitense Joseph Samuel Nye, partendo dalla considerazione che a dominare l’atlante geopolitico nel mondo globalizzato debba essere non lo “scontro di civiltà” – come teorizzato da Samuel Phillips Huntington (il politologo newyorchese nel 1996 affermò che le grandi divisioni dell’umanità e la fonte di conflitto principale sarebbero state legate alla cultura) – ma un complesso meccanismo di interdipendenze (il soft power), attraverso cui gli Stati Uniti potrebbero migliorare la propria immagine internazionale e rafforzare il proprio potere. Il dibattito tra soft power e hard power è ancora oggi aperto.
Signor ministro, cosa significa per l’Estonia la partecipazione alla Biennale di Venezia?
Oggi festeggiamo un piccolo giubileo: siamo stati alla Biennale di Venezia 25 anni fa e stiamo partecipando per la tredicesima volta. Speriamo che questo numero ci porti fortuna! Ma il fatto che siamo ospitati per la prima volta nel padiglione olandese, è estremamente importante per l’Estonia che non ha un suo padiglione. Quando alla fine dell’anno scorso è arrivata la notizia che gli olandesi erano pronti a mettere a disposizione per l’Estonia il loro padiglione, sapevamo già che sarebbe stata una grande vetrina per gli artisti del nostro Paese. Ma è importante anche per altri motivi, come ad esempio incontrare rappresentanti e colleghi di altri paesi. Ho paragonato la Biennale a un “mondo” ricco di scambi sociali, un gruppo nel quale ci si può sentire bene e al sicuro. La stessa cosa vale nel mondo complicato di oggi per un Paese! Il fatto che abbiamo buoni amici qui a Venezia è estremamente importante.
Qual è il ruolo che la diplomazia culturale esercita durante eventi come la Biennale di Venezia rispetto a quanto sta accadendo in Ucraina?
Estremamente importante! Quando abbiamo pianificato il programma per Venezia ho prestato molta attenzione a organizzare gli incontri con i colleghi degli altri paesi partecipanti! Non solo visite ai vari padiglioni, ma dialoghi e incontri con gli altri ministri della cultura soprattutto europei. Abbiamo avuto un incontro con il ministro finlandese, islandese, lettone, danese e con il presidente della regione fiamminga del Belgio. E tanti altri! Questi eventi sono molto importanti per stabilire un confronto su questioni che spesso non sono direttamente legate all’arte.
Ad esempio, con il ministro della cultura islandese abbiamo discusso come l’Islanda sta organizzando la sua agenda politica nel contesto militarizzato di oggi. Con i finlandesi è stato affrontato il tema della reciproca politica di sicurezza e le questioni legate alla NATO. Allo stesso tempo, con il collega danese abbiamo parlato dei grandi colossi della tecnologia e dell’impatto che alcune piattaforme di social media potrebbero avere sulla salute mentale dei giovani. In effetti, abbiamo molti problemi diversi che però condividiamo con i paesi dell’area Baltica, e non solo. I ministri della cultura oggi parlano per esempio anche di difesa nazionale, i tempi sono cambiati.
Il ruolo del soft power oggi, è un’utopia?
Dobbiamo crederci! Dobbiamo! Ma ci sono paesi che oggi rappresentano una grande delusione sotto questo profilo. A causa del nostro passato in Estonia siamo molto attenti a tutto ciò che riguarda la Russia. Ma parlando con altri ministri e rappresentanti delle istituzioni europee qui a Venezia, ho scoperto che i paesi che non hanno avuto una esperienza simile alla nostra (l’occupazione dell’Unione Sovietica) sono ora estremamente delusi. L’Occidente sperava che il regime di Putin – che è sempre stato molto imprevedibile – non avrebbe causato una guerra così cinica.
Gli ultimi 20 anni hanno visto diffondersi una nuova immagine del suo Paese – Estonia di successo, un E- stato ricco di opportunità digitali – ma in questa fase si parla solo delle possibili ripercussioni della guerra in Ucraina nell’area baltica. I Paesi Baltici, Estonia, Lettonia e Lituania potrebbero essere “i prossimi”? Qual è la strategia di comunicazione estone in risposta alla crisi nel campo della diplomazia culturale, dopo il 24 febbraio?
Sì, certo è nei nostri pensieri e all’interno della nostra agenda politica. Tutti i nostri ministri diffondono quel messaggio fuori dal paese. Soprattutto, ovviamente, il ministero degli Esteri. Bisogna ammettere che al di fuori della regione del Mar Baltico, l’Estonia è stata messa sullo stesso piano dell’Ucraina. A marzo ho viaggiato molto in Europa per motivi istituzionali – incontri ministeriali in Francia, l’apertura della mostra di Konrad Mägi in Danimarca, l’Expo negli Emirati Arabi Uniti – tutti mi hanno sempre chiesto se i poveri estoni sarebbero stati i prossimi? Ho dovuto correggerli tutti, la domanda se i Paesi Baltici siano o meno i prossimi ad essere invasi dalla Russia non è corretta. Si potrebbe chiedere, ad esempio, se la NATO sarà la prossima? C’è una differenza molto chiara tra l’Estonia e l’Ucraina, ed è l’adesione alla NATO.
Se la NATO sarà la prossima, saremmo tutti con voi in questo pasticcio. Estonia, Lettonia e Lituania sono osservate da occhi ansiosi, ma noi siamo fiduciosi grazie ai nostri alleati della NATO! Non ho dubbi che i nostri alleati siano decisamente con noi! Quindi, le posso affermare senza dubbio che la situazione nostra e quella dell’Ucraina, data la nostra adesione alla NATO, è molto diversa. Nell’ambito poi della guerra in Ucraina stiamo aiutando i profughi ucraini che arrivano in Estonia. Oggi, circa il 2,5% della nostra popolazione totale sono rifugiati di guerra ucraini. Questa percentuale, per il nostro paese, rappresenta un numero alto e mostra che l’Estonia aiuta tantissimo gli ucraini.
Ma qui torniamo anche alla questione del perché è importante organizzare grandi eventi culturali o sportivi internazionali in Estonia, o del perché è importante offrire a diversi produttori cinematografici l’opportunità di realizzare film in Estonia. Ad esempio, se il torneo di tennis di WTA si svolgesse a Tallinn in autunno, si potrebbe trasferire a centinaia di milioni di case in tutto il mondo un’immagine di Tallinn sicura, dove è possibile giocare a tennis. Ciò influirebbe sugli investimenti esteri nel nostro Paese ed avrebbe un effetto molto chiaro: che in Estonia va tutto bene! Quindi è fondamentale non ridurre i budget per gli eventi culturali, ma piuttosto contribuire all’aumento, così si fa diplomazia “soft”.
Il baricentro militare della NATO si sposterà verso Est, la guerra in Ucraina ha cambiato gli equilibri. La decisione, concepita nel corso del summit straordinario dell’Alleanza atlantica dello scorso 24 marzo a Bruxelles, è stata poi spiegata dal Segretario Jens Stoltenberg: “Stiamo studiando un piano per schierare una forza militare permanente sui nostri confini orientali. La NATO si deve adattare alla nuova situazione ed è esattamente ciò che stiamo facendo”. Lei cosa ne pensa rispetto a questo “ritorno” ai confini militarizzati?
L’aumento della presenza militare alle frontiere accresce le tensioni da entrambe le parti. Ma è molto importante sottolineare che per noi la NATO rappresenta una organizzazione di difesa. L’Estonia non ha un esercito, l’Estonia ha una Forza di Difesa (Kaitsevägi in estone). Il movimento delle truppe o il suo pre-dispiegamento non significano che quei cannoni dovranno sparare, è solo deterrenza verso il nostro avversario e che non avrebbe senso venire nel nostro territorio.
La Finlandia e la Svezia stanno accelerando in queste ore le trattative per il loro ingresso nella NATO, i due paesi partecipano come “osservatori” da anni alle esercitazioni militari alleate. Durante la “Guerra fredda” il pilastro della politica di sicurezza finlandese è stato quello di non provocare il vicino russo, la cosiddetta “finlandizzazione”. Cosa ne pensa del possibile ingresso nella NATO dei due paesi nordici?
Il modo in cui decidono di entrare a far parte dell’Alleanza per la Difesa è una scelta sovrana per questi popoli. Penso che sarebbe estremamente importante per l’Estonia se l’intero perimetro nella regione del Mar Baltico fosse coperto dagli Stati membri della NATO. L’esercito finlandese è molto forte e potente, considerando anche come hanno costruito le proprie difese nel corso degli anni. Essendo un paese neutrale, hanno costruito un esercito molto forte e potente in termini di equipaggiamento e formazione. Pertanto, sarebbe molto importante per l’Estonia far parte di questa alleanza di difesa con finlandesi e svedesi, proprio come lo siamo con altri paesi nella regione del Mar Baltico.
C’è ancora spazio secondo lei per la diplomazia oppure è d’accordo con i paesi Occidentali e gli Stati Uniti nell’aiutare la resistenza ucraina tramite l’invio di armi?
Non vedo più possibile oggi alcun negoziato ragionevole con il Cremlino. Ci sono stati molti tentativi da parte della diplomazia internazionale per prevenire il conflitto armato. Oggi possiamo solo rispondere alle richieste di aiuto degli amici ucraini. Il presidente dell’Ucraina ha chiesto armi. Sono stati inviati anche da altri paesi. Penso che sia stato giusto, la diplomazia finisce lì dove iniziano a parlare le armi. Oggi la Russia ha scelto questa strada sconvolgente per l’intero mondo civilizzato. Naturalmente, dobbiamo aiutare gli ucraini anche con le armi in modo che possano difendere il loro territorio dagli attacchi. È un Paese che si difende, e non attacca, ma è importante aiutare l’Ucraina su altri piani, per esempio fermando la diffusione della propaganda russa che si diffonde attraverso i media controllati da Mosca. L’Estonia, ad esempio, ha oscurato i canali russi dalla rete televisiva.
Al momento – insieme alla Lettonia e alla Lituania – stiamo lavorando insieme per oscurare anche i canali satellitari russi. Abbiamo parlato di questa necessità anche in Europa, ma esistono società private che trasmettono i canali russi via satellite. In Russia, di fatto, non c’è libertà di stampa, il Cremlino controlla e usa i media come un’arma! Nel contesto militare i media sono estremamente importanti. Per quanto riguarda gli aiuti mi piace ricordare quanto sta facendo la Fondazione del Patrimonio Storico dell’Estonia che fornisce quotidianamente ai colleghi ucraini materiali di imballaggio e tanto altro per salvaguardare l’arte in Ucraina. Il patrimonio artistico ucraino e anche patrimonio artistico europeo ed è molto importante proteggerlo dal conflitto militare.
Secondo lei l’escalation potrebbe portare all’uso di armi nucleari a medio raggio da parte della Russia?
Molto difficile rispondere a questa domanda. Spero vivamente che non ci arriveremo, perché sappiamo tutti quali potrebbero essere le conseguenza.
In Estonia, Lettonia e Lituania il ricordo dei bombardamenti e della “liberazione” sovietica è ancora vivo. Le generazioni che hanno vissuto l’occupazione sono ancora tutte in vita, così come quelle che non l’hanno subita direttamente e sono nate in tre paesi liberi, ma portano dentro la memoria collettiva di quello che le loro famiglie hanno sofferto. Cosa ricorda lei di quel periodo?
Sono nato nel 1979, ero ancora un bambino durante il periodo sovietico. I ricordi personali sono quelli vissuti attraverso gli occhi di un bambino e di un giovane adulto. Penso che tra le questioni più importanti allora le libertà individuali rappresentarono un tema molto importante, per esempio la libertà di movimento, ma anche la questione della libertà di pensiero e di espressione. Credo che la visione che la mia generazione aveva della vita in Unione Sovietica fosse certamente diversa da quella di un adulto.
Mi ricordo, ad esempio, che era estremamente difficile andare in Finlandia, si doveva ottenere un permesso di partenza, molto complicato. In questo senso, la situazione per i miei figli oggi è molto diversa. Mio figlio più grande ha 10 anni, la mia stessa età di allora, ma la società in cui vive è completamente diversa. Quante opportunità per i giovani oggi di fare esperienze di vita e di studio in un mondo libero! O poter progettare, certamente, il proprio percorso creativo come artista! Durante il periodo sovietico queste opportunità erano molto limitate e la società in cui si viveva era sempre costantemente controllata. Il controllo ha posto i limiti per l’istruzione, per la libera espressione di sé stessi e per l’arte, soffocandone le peculiarità di ognuno di noi.
Il suo Paese ha avuto – da sempre – una posizione strategica nei destini storici dell’Europa, oggi più che mai nella sfera euro-atlantica. Che ruolo può giocare l’Estonia nel conflitto russo-ucraino?
Dobbiamo essere molto vicini all’Ucraina e prestare attenzione a ciò di cui l’Ucraina ha bisogno. Sulla base della nostra esperienza storica, l’Estonia può amplificare il messaggio di aiuto ucraino al tavolo delle decisioni politiche. Possiamo spiegare le questioni emerse nell’attuale crisi a livello internazionale sulla base della nostra esperienza storica. Possiamo affermare quali sono le pratiche politiche ascrivibili alla tipica dottrina russa e possiamo prevedere i prossimi passi, in questo senso, della Russia. Oggi, molti altri ministri e leader europei hanno confessato che avrebbero dovuto ascoltare quanto affermavamo noi estoni da anni rispetto alle possibili mire russe.
Cambieranno i rapporti con la Russia, visti i legami culturali con l’Estonia e la storia comune, cosa ne pensa al riguardo?
Dalla mattina del 24 febbraio le relazioni con la Russia sono chiaramente cambiate. A livello nazionale, abbiamo interrotto ogni cooperazione sia con la Russia che con la Bielorussia, che sostiene la Russia in questa aggressione. Abbiamo informato il settore culturale estone della posizione governativa, tuttavia in una società libera non possiamo costringere teatri ed enti culturali che non vogliono collaborare. Non possiamo imporre agli operatori culturali privati di coinvolgere artisti e musicisti russi nel loro lavoro. Ma sembra che in Estonia ci sia una forte comprensione da parte del popolo. In una situazione in cui c’è una guerra in Europa e i nostri ospedali ricevono i feriti dall’Ucraina, non è facile ospitare artisti russi sui nostri palchi teatrali, far entrare i loro direttori d’orchestra o far partecipare i loro atleti alle competizioni sportive.
La Russia si è posizionata fuori dalla società civile con questa guerra e noi non possiamo accettarlo. Ovviamente ha un impatto molto chiaro sulle nostre relazioni culturali. C’è anche chi si domanda perché puniamo gente comune? Che male ha fatto un’artista? Ma noi non sappiamo chi tra artisti o atleti russi è a favore con il regime al potere a Mosca. Al grande evento dell’anniversario dell’annessione della Crimea gli atleti olimpici erano accanto al leader del regime, con tanto di medaglie al collo e lettere Z sul petto, approvando l’azione del Cremlino. Non possiamo fare finta che non sia successo nulla! Gli attori ucraini oggi vanno solo in trincea. In una situazione del genere, non possiamo avere buoni rapporti con lo Stato aggressore!
Quanto potrebbe durare questa situazione?
Se finirà e quando? È molto difficile dirlo! La storia europea ci ha dimostrato che possono volerci decenni prima che una società si riprenda dopo aggressioni militari di questo tipo. Se la Russia diventerà una comunità che rispetta gli altri paesi e il diritto internazionale? Lo spero proprio, ma penso che ci vorrà anche molto tempo. Basta dare un’occhiata ai sondaggi dell’opinione pubblica in Russia. All’inizio della guerra il sostegno al regime di circa il 70% oggi siamo all’80%. È molto difficile capire cosa stia succedendo nella testa e nel cuore dei russi! E ovviamente tutto questo si lega ai media controllati dal regime! Questa “lavaggio del cervello” è andato avanti per così tanto tempo che queste persone sono state avvelenate dai media, perché hanno ascoltato una sola “verità” costantemente presentata. Ora, purtroppo, sembrano non comprendere quanto realmente stia accadendo nel mondo. Se avremo in futuro un buon rapporto con la Russia? Spero vivamente! Perché l’arte e la cultura russa sono molto ricche. Non rinunciamo a Čajkovskij, Dostoevskij o a Repin! Ma oggi, molto chiaramente, abbiamo reciso i contatti con la società russa che sostiene l’aggressione contro uno Stato e un popolo libero.
Vorrei sottolineare infine che non si tratta di ideologie politiche o se l’economia possa essere colpita dal comunismo o da un’economia di mercato… Il punto è che un paese ne sta attaccando un altro con il desiderio di portarlo sotto il suo controllo, uccidendo civili. Non si tratta di una concorrenza economica. Questo è un attacco chiarissimo a un Paese libero. Immaginate adesso una persona che calpesta la vostra stanza, picchia i vostri figli, uccide vostra moglie e ruba le vostre cose. Non si possono approvare simili comportamenti! Non è possibile discutere di ideologia. Non è una questione di punti di vista o ideologie, è una questione di aggressione molto chiara, violenza ovvio, contro la quale l’Ucraina si sta difendendo. E lo fa con molto coraggio! Il fatto che i russi e gli ucraini, che si consideravano popoli molto vicini, si siano trovati in una situazione del genere è probabilmente un grande shock anche per questi popoli che si sono sempre percepiti come grandi amici e fratelli. Sullo sfondo della sua guerra, Putin ha spesso illustrato la sua retorica sul popolo ucraino e sul fatto che non è una nazione. In questo senso, non vedo alcuna comprensione del comportamento della Russia. L’Ucraina si sta difendendo dall’aggressore! Cos’altro gli resta?