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Picchiati e lasciati morire di fame: su TPI le testimonianze dei bambini Rohingya bloccati per mesi in mare

Immagine di copertina
Un'imbarcazione carica di Rohingya al largo della Malesia. EPA/MARITIME ENFORCEMENT AGENCY HANDOUT

Centinaia di persone di etnia Rohingya, tra cui anche bambini, sono rimaste bloccate in mare su imbarcazioni stracolme e pericolose a causa delle restrizioni dei Paesi per l'emergenza Covid-19. Le loro testimonianze:

Picchiati e lasciati morire di fame: su TPI le testimonianze dei bambini Rohingya bloccati per mesi in mare

“Il cibo che avevamo era finito. Per giorni abbiamo sofferto la fame. La barca non era abbastanza grande per contenere tutte le persone che c’erano. Non ricordo quanti eravamo, ma riuscivamo a malapena a muoverci perché eravamo seduti tutti vicini”. Aziz*, 16 anni appena compiuti, è uno dei giovani rifugiati Rohingya salvati da una barca trovata alla deriva nel Golfo del Bengala, al largo della Malesia, ad aprile. Le sue parole, raccolte dagli operatori dell’organizzazione internazionale Save the Children, vengono pubblicate in esclusiva da TPI insieme alle altre testimonianze di bambini sopravvissuti a questo incubo, picchiati e lasciati morire di fame nei mesi passati in mare, costretti a guardare i corpi dei loro genitori gettati in acqua.

Le testimonianze dei bambini Rohingya

Aziz ha raccontato di essere rimasto intrappolato in mare per quasi due mesi senza cibo né acqua dopo che la barca su cui viaggiava è stata respinta dalla Malesia per la terza volta a causa delle restrizioni per la pandemia di Covid-19. “Non avevamo acqua da bere. Alcune persone hanno bevuto acqua di mare. E dopo si sono ammalate”, racconta Aziz. “Ho visto morire un uomo e il trafficante ha gettato il corpo in mare. Quell’uomo ci ha picchiati quando gli abbiamo chiesto di tornare in Bangladesh. Non avrei mai pensato di sopravvivere”.

Sara*, bambina Rohingya di 8 anni, stava cercando di raggiungere la Malesia a bordo di un’imbarcazione con sua madre e suo fratello di 9 anni. La madre è morta sulla barca, il suo corpo è stato gettato in mare di fronte ai suoi figli. La nave è stata rispedita in Bangladesh e Sara e suo fratello sono stati affidati ai nonni nel campo di Cox’s Bazar. Ora lei sta ricevendo supporto psicologico per affrontare il trauma della perdita della madre, secondo quanto riporta Save the Children.

Era partito invece per trovare lavoro Abdullah*, 19 anni. La barca su cui si trovava ha tentato tre volte di raggiungere la Malesia, senza riuscirci, e a quel punto si è diretta verso il Myanmar. “Eravamo senza speranza”, racconta. “Stavamo già morendo per la mancanza di cibo ed acqua. Non avevamo idea di dove saremmo andati! Poi il trafficante ci ha chiamati dicendoci che ci stavamo dirigendo verso il Myanmar. Una volta arrivati lì, siamo stati respinti. Siamo rimasti in mare senza cibo o una goccia d’acqua per quasi 60 giorni. Poi siamo stati salvati dalla guardia costiera del Bangladesh. Quasi 80-90 persone sono morte di fame o perché hanno bevuto l’acqua dell’oceano”.

Mentre vengono diffuse queste testimonianze, i media danno notizia di un’altra imbarcazione che, secondo quanto riferito, trasportava oltre 200 rifugiati Rohingya intercettati al largo della costa di Langkawi e portati a terra dalle autorità malesi lunedì 8 giugno. Secondo Save the Children, centinaia di bambini Rohingya, fuggiti dalle gravissime violenze in Myanmar e dai campi sovraffollati di Cox’s  Bazar, in Bangladesh, potrebbero ancora essere bloccati in mare su imbarcazioni stracolme e pericolose, nel disperato tentativo di trovare un futuro migliore.

I Rohingya e la pandemia di Covid-19

I Rohingya sono una minoranza musulmana dello Stato del Rakhine, in Myanmar (detto anche Birmania). A causa della loro religione sono da anni vittime di discriminazioni e violenze nel paese a prevalenza buddista e non sono riconosciuti come cittadini birmani. Negli ultimi anni sono stati presi di mira dalle forze armate birmane, che hanno dato il via a una vera e propria pulizia etnica, per cui sono stati costretti a fuggire in Bangladesh.

Ora tuttavia la paura dell’epidemia Covid-19 e della quarantena potrebbe spingere i rifugiati Rohingya a fuggire dai campi del paese. La scorsa settimana, infatti, le autorità del Bangladesh hanno confermato la prima morte di un Rohingya per Covid-19 nei campi profughi sovraffollati, dove le persone vivono in scarsissime condizioni igieniche. Il timore è che il virus possa diffondersi rapidamente fra la minoranza.

“È chiaro che le famiglie Rohingya sono così disperate da essere pronte a compiere viaggi pericolosi, spesso in balia delle organizzazioni criminali”, ha dichiarato Hassan Saadi Noor, direttore regionale in Asia per Save the Children. “Save the Children chiede a tutte le nazioni della regione di condividere le responsabilità al fine di proteggere i Rohingya, e invita, in particolare, il Myanmar a trovare una soluzione a lungo termine per questa crisi. I Paesi asiatici hanno assunto impegni nell’ambito della Dichiarazione di Bali del 2016 al fine di operare congiuntamente per accogliere e aiutare i rifugiati in mare, e non per allontanarli o lasciarli morire. I governi non dovrebbero usare l’epidemia di Covid-19 come scusa per negare ai rifugiati più vulnerabili i loro diritti”.

“Ad oggi, il Bangladesh è uno dei pochi paesi ad aver recentemente permesso ai rifugiati Rohingya di sbarcare dopo essere stati bloccati in mare”, prosegue il direttore regionale. “Chiediamo a tutti i governi della regione di condurre missioni di ricerca e salvataggio per portare in salvo tutte le imbarcazioni alla deriva in conformità con il diritto internazionale. Tutti i bambini hanno il diritto a una cittadinanza inequivocabile e ai documenti, che invece il Myanmar continua a negare ai rifugiati Rohingya”. E aggiunge: “Gli sfollati Rohingya devono poter tornare nelle loro città e nei loro villaggi in modo sicuro, dignitoso e volontario, e i diritti dei bambini e delle loro famiglie devono essere rispettati come quelli dei cittadini del Myanmar. Il governo del Myanmar deve agire rapidamente e concretamente per creare le condizioni per consentire ai bambini Rohingya di crescere al di fuori dai campi di Cox’s Bazar, al sicuro e sentendosi a casa nel Rakhine”

* i nomi sono stati modificati per proteggere l’identità degli intervistati

Leggi anche: 1. La Corte Onu ordina alla Birmania di prendere tutte le misure necessarie per proteggere i Rohingya dal genocidio /2. Le foto dei rifugiati Rohingya che tutto il mondo dovrebbe vedere

3. Il limbo dei Royingya dopo il massacro del 2017: tornare in Myanmar o restare in Bangladesh? Un popolo in fuga tra persecuzione e segregazione / 4. La storia dei rohingya, una delle minoranze più perseguitate al mondo

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