La terza giornata di convention democratica a Filadelfia
Il racconto di Iacopo Luzi della terza giornata di convention che ha visto protagonista il discorso del presidente Barack Obama a sostegno di Hillary Clinton
Nella terza giornata della Convention Nazionale dei Democratici, che si sta tenendo a Filadelfia, erano molti gli speaker attesi, ma nessuno più del presidente degli Stati Uniti in carica: questa era la serata di Barack Obama.
Chiamato a tenere un discorso cruciale per la campagna presidenziale di Hillary Clinton, probabilmente uno dei più importanti della sua carriera politica, il presidente non ha disatteso le aspettative.
“Sono pronto a passare il testimone”, ha detto Obama, dichiarando che Clinton è la persona ideale per prendere il suo posto alla Casa Bianca.
La terza giornata di questa afosa convention democratica nasceva con la speranza che, dopo gli attriti e le numerose proteste dei primi due giorni, il partito democratico potesse finalmente trovare una sua unità. I sostenitori di Sanders e di Clinton insieme, sotto lo stesso ombrello, per vincere le elezioni di novembre e sconfiggere il “pericoloso” Donald Trump.
Tanto pericoloso che lo stesso Obama, nel suo discorso, lo ha definito una minaccia: una persona che fa l’amicone con Putin, elogia Saddam Hussein e chiede agli alleati Nato di pagare la propria parte per continuare ad avere la protezione degli Stati Uniti.
Il discorso di Obama si è principalmente focalizzato sulle doti della Clinton, una persona professionale, capace, estremamente competente e che conosce bene il mestiere, essendo stata Segretaria di Stato e avendo fatto politica per più di 40 anni, spesso battendosi per i più bisognosi e svantaggiati. Per Obama, Clinton rappresenta una speranza per tutte le minoranze e per un futuro maggiormente egualitario fra uomini e donne.
In molti temevano che Obama si sarebbe soffermato soprattutto a elencare i suoi meriti e i successi della sua presidenza, per legittimare la propria eredità presidenziale, ma non lo ha fatto.
Nel suo discorso, è stato capace di riconoscere che la Clinton ha commesso alcuni errori durante la sua carriera (riferendosi molto probabilmente alla storia delle email di lavoro inviate con un account personale) e che la battaglia delle primarie fra Hillary Clinton e Bernie Sanders ha lasciato un partito spaccato a metà. Ma, ha sottolineato Obama, non è più tempo per essere divisi.
Non ha dimenticato di chiamare in causa Trump che, secondo Obama, ha demonizzato gli Stati Uniti, descrivendoli come un paese allo sbaraglio incapace di essere salvato, se non dallo stesso imprenditore newyorkese.
Le parole del presidente sottolineano una incrollabile certezza: “Chiunque minacci i nostri valori, che sia un fascista o un comunista o uno jihadista o un demagogo nostrano, alla fine sarà sempre destinato a fallire”.
E nel concludere il suo discorso, terminato con l’entrata in scena della stessa Clinton sul palco della convention democratica per ringraziare il presidente, Obama ha rilanciato uno dei cavalli di battaglia della propria campagna presidenziale. Il famoso motto “Yes, we can” in contrapposizione al trumpiano “Yes, he will”, per esprimere cosa gli Stati Uniti siano veramente.
Si è rivolto poi agli americani: “Stasera vi chiedo di fare per Hillary Clinton quello che avete fatto per me”.
In una giornata percorsa da grandi emozioni, che ha visto molti delegati e speaker commuoversi durante i vari interventi, oltre al discorso conclusivo del presidente Obama, sono degni di nota anche quelli del vicepresidente Joseph Biden e del vicepresidente nominato dalla Clinton per accompagnarla nella corsa presidenziale, il senatore della Virginia Tim Kaine.
Biden ha definito Trump una persona senza idee, non in grado di fare il mestiere del presidente americano, ma chi ha sorpreso più di tutti è stato il senatore Kaine.
Quest’ultimo ha colpito per alcune parti del suo discorso, in cui ha dato dimostrazione anche di saper parlare un ottimo spagnolo. Ha rivolto agli elettori repubblicani l’offerta di un rifugio sicuro nel partito democratico qualora non si sentissero rappresentati da Donald Trump, come simbolo del partito di Abraham Lincoln. Altra cosa degna di nota, il motto di Obama “Yes, we can” riutilizzato e convertito in uno spagnolo “Si, se puede”.
La convention democratica si concluderà domani con il discorso finale di Hillary Clinton, che dovrà servire da collante definitivo per compattare le fila dei democratici e le aspettative sono alte.
Sopra ogni altra cosa, ciò che rimane della terza giornata di convention democratica è la grande, e piuttosto rara per un presidente americano, occasione per Obama di appoggiare il proprio successore e spianargli la strada verso le elezioni.
Obama, nel suo discorso, non ha mancato di sottolineare che solo Hillary Clinton potrà proseguire sul sentiero tracciato da lui negli ultimi anni. Al contrario, con Trump tutto quello che è stato costruito durante la sua amministrazione andrebbe perduto in men che non si dica e per sempre.