Tensioni in Palestina
La morte di un giovane palestinese in un carcere israeliano, seguita da giorni di tensioni, ha portato a nuovi scontri e violenze in Cisgiordania
Tensioni in Palestina
Questa mattina un razzo partito da Gaza è esploso nel sud di Israele, nell’area industriale di Ashkelon. È il primo dal coprifuoco di novembre. Secondo le autorità israeliane sarebbero stati ritrovati resti del razzo che, nelle parole del portavoce della polizia Micky Rosenfeld, avrebbe “danneggiato una strada senza provocare feriti”. Finora nessuno si è assunto la responsabilità dell’attacco.
Lo sciopero della fame di Samar Al-Asawi, che dura ormai da più di 220 giorni, è motivo di tensioni. Il palestinese tenta di portare l’attenzione pubblica sulle condizioni a cui sono costretti i prigionieri politici palestinesi : assenza di accesso diretto agli atti di accusa, detenzione amministrativa (attualmente sono 178 i prigionieri in attesa di giudizio) e detenzione di minori (193 a oggi).
C’è stato poi il caso di un giovane palestinese, Arafat Jaradat, morto nel carcere di Megiddo. Secondo le autorità israeliane si è trattato di un arresto cardiaco. Tesi sconfessata dai risultati dell’autopsia, che riporta numerosi segni di violenza e ossa rotte, ma nessun danno all’apparato cardiaco. La morte di Jaradat ha portato a scontri violenti con i militari dell’Idf nei campi profughi di Aida (Betlemme) ed Hebron: un morto e decine di feriti. L’Autorità Nazionale Palestinese ha subito chiesto di aprire un’inchiesta sulla misteriosa morte di Jaradat per fare chiarezza sui fatti. Intanto oggi si celebreranno i funerali a Hebron, in un’atmosfera che non promette nulla di buono.
A destare poi allarme per il governo israeliano è l’improvviso cambio di rotta di Fatah. Negli ultimi giorni il partito di Abu Mazen non aveva preso parte alle manifestazioni in compagnia degli estremisti del Fdlp (Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina). Ma è di ieri la notizia che Fatah intende supportare ogni forma di resistenza popolare non violenta, che secondo Azzam Al-Ahmad, ex ministro e attuale membro del Comitato Centrale, è un diritto riconosciuto dalla comunità internazionale. Parole che gelano in un qualche modo i tentativi di dialogo tra Netanyahu e Abu Mazen e che sembrano rendere inutile l’imminente visita di Obama in Medio-oriente.
A risuonare nelle aule della Knesset sono anche le parole forti dei leader del Fdlp, che venerdì ha celebrato a Ramallah il suo 44esimo anniversario. “La morte di Arafat Jaradat porterà a un’enorme sollevazione popolare, e noi non ci tireremo mai indietro, supporteremo sotto ogni forma la lotta e i movimenti di protesta”. E proprio in questi giorni il Fdlp sta tenendo incontri in tutte le principali città palestinesi in solidarietà con i prigionieri politici e le famiglie di Jaradat e Al-Asawi. La parola d’ordine è sempre la stessa: resistenza.
Netanyahu tenta di correre ai ripari: proprio ieri è stata sbloccata la restituzione delle tasse all’Autorità Palestinese, per una somma totale di circa 76 milioni di euro. Voci di corridoio confermano l’intenzione di Israele di placare gli animi, riavviando i dialoghi con Abu Mazen. Sarà abbastanza?