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Stupri di guerra: che cosa sono e quante sono le vittime

Immagine di copertina
Credit: Eduardo Soteras

Il premio Nobel per la Pace del 2018 è andato a Denis Mukwege e Nadia Murad per i loro sforzi nel porre fine all’uso della violenza sessuale come arma di guerra e conflitto armato.

Ma in cosa consistono gli stupri di guerra? E che diffusione hanno?

Con il termine stupri di guerra si intendono nello specifico le violenze sessuali commesse da soldati e militari nell’ambito di un conflitto armato. In questa macrocategoria rientrano anche le situazioni in cui le donne sono costrette alla prostituzione o il fenomeno delle schiave sessuali, come accadde nella seconda guerra mondiale. (Le schiave del sesso della seconda guerra mondiale)

Si tratta di un crimine contro l’umanità riconosciuto dalla Convenzione di Ginevra.

Lo stupro rientra a tutti gli effetti come arma di guerra, per costringere o umiliare il nemico. A farne le spese sono i civili, contro cui vengono perpetrate le violenze sessuali da parte di soldati e militari.

Gli stupri di guerra si verificano anche attraverso violenze sessuali di gruppo.

Durante le guerre spesso vengono commessi stupri allo scopo di seminare il terrore tra la popolazione, di disgregare famiglie, di distruggere comunità.

In passato sono stati spesso creati dei campi ad hoc per perpetrare questi crimini, i cosiddetti “campi di stupro”, dove vengono rinchiuse le donne e regolarmente violentate dalle autorità. Campi del genere sono stati documentati durante la seconda guerra mondiale ad opera dei militari giapponesi, in Bosnia Erzegovina negli anni ’90, in Sudamerica tra il 1976 e il 1986.

Gli stupri di guerra come crimini contro l’umanità

Per secoli, la violenza sessuale in situazioni di conflitto è stata tacitamente accettata in quanto inevitabile. Ma dopo il secondo conflitto mondiale la situazione iniziò piano piano a cambiare. La Quarta Convenzione di Ginevra nel 1949, inserì lo stupro e la prostituzione forzata in tempo di guerra come crimine.

L’articolo 27 della Convenzione intente tutelare coloro che durante un conflitto si trovano prigionieri di uno stato di cui non sono cittadini o sono sotto il controllo di una potenza occupante. Nel 1977 il Primo Protocollo Aggiuntivo alla Convenzione ampliò alle donne che vivono in una zona di conflitto la protezione.

L’articolo 4.2. del Secondo protocollo aggiuntivo stabilisce che sono proibiti “gli oltraggi alla dignità della persona, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti, lo stupro, la prostituzione forzata e qualsiasi offesa al pudore”.

Nel 1993, in Bosnia-Erzegovina, durante la quale si era fatto un uso sistematico dello stupro come arma di pulizia etnica, fu proposto di riconoscere lo stupro come crimine di guerra.

Oggi lo stupro sistematico, lo schiavismo sessuale, la prostituzione forzata, la gravidanza forzata, la sterilizzazione forzata, “o ogni altra forma di violenza sessuale di gravità comparabile” sono riconosciuti come crimini contro l’umanità.

Ad oggi però non esiste una definizione accettata in maniera universale di “stupro di guerra”. La Relazione dello Statuto di Roma, che vincola la Corte penale internazionale, considera “violenza sessuale” il caso in cui “l’autore invade il corpo di una persona con condotta risultante nella penetrazione, anche di ridotta entità, di ogni parte del corpo della vittima o dell’autore con un organo sessuale, o dell’apertura anale o genitale della vittima con ogni oggetto o ogni altra parte del corpo.”

“L’invasione è eseguita con la forza, o con la minaccia della forza o della coercizione, come quella causata dalla paura della violenza, della costrizione, della prigionia, dell’oppressione psicologica o dell’abuso di potere, contro le persone stesse o altre, o prendendo vantaggio di un ambiente coercitivo o contro persone incapaci di dare un genuino consenso”.

In generale gli stupri di guerra hanno un impatto grave e devastante sulle vittime. Gli effetti della violenza sessuale si protraggono anche dopo la fine del conflitto,

Alcuni dati sugli stupri di guerra

Secondo i dati rilasciati dalle Nazioni Unite, in Ruanda, durante il genocidio protrattosi per tre mesi nel 1994 furono stuprate tra le 100.000 e le 250.000 donne.

Le agenzie delle Nazioni Unite calcolano inoltre che più di 60.000 donne siano state stuprate durante la Guerra civile in Sierra Leone (1991-2002), più di 40.000 in Liberia (1989-2003), fino a 60.000 nella ex Yugoslavia (1992-1995), e almeno 200.000 nella Repubblica Democratica del Congo durante gli ultimi 12 anni di guerra.

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