Studente arrestato in Egitto, parlano i genitori: “Lo hanno torturato per sapere dei Regeni”
I genitori di Patrick George Zaki, lo studente dell'università di Bologna arrestato in Egitto, hanno parlato alla stampa italiana
Studente arrestato in Egitto, i genitori: “Torturato per sapere dei Regeni”
Bologna deve sembrare davvero lontana dal tinello della casa di Patrick, ad al-Manṣūra. È qui che i genitori dello studente arrestato in Egitto – Patrick George Zaki – hanno incontrato alcuni giornalisti italiani. Hanno ammesso solo loro nella casa in Omar Ibn el Khattab Street, una ventina di minuti dal lungodelta.
Eppure Bologna resta nei loro cuori e nei pensieri di Patrick che, fanno sapere i genitori, in cella non fa altro che studiare: “Ha chiesto dei libri”.
Ai giornalisti del Corriere e di Repubblica, il padre descrive lo stato psicologico dello studente di 28 anni che dopo essere arrivato all’aeroporto del Cairo è stato fermato e arrestato dalla polizia egiziana: “Più che per sé, mio figlio è preoccupato per noi. Ha paura di quel che stiamo passando. Di quanto sta soffrendo sua madre…”.
Nel suo racconto la conferma di quanto avevamo annunciato proprio da queste colonne: “L’hanno fermato per quello, per i post su Facebook”.
È così: Patrick da quando era in Italia si era sentito più libero di esprimere il suo dissenso verso il regime egiziano. Ma i suoi post sui social gli sono costati caro. Per lui, a settembre, era scattato un mandato di arresto.
Le accuse nei suoi confronti sono molteplici: diffusione di false notizie per disturbare la quiete pubblica; incitamento a proteste non autorizzate, con l’obiettivo di screditare il prestigio dello Stato e disturbare la pace e la sicurezza pubblica; propaganda per rovesciare il governo e cambiare i principi basilari della costituzione; utilizzo di account social per destabilizzare l’ordine pubblico e soprattutto promozione di comportamenti violenti e crimini di matrice terroristica.
Ma spunta anche un altro elemento. Al regime, il caso Regeni, interessa eccome. E sarebbe questo un altro elemento che ha messo in pericolo la sua permanenza sul suolo egiziano. “Gli hanno sequestrato tutto: documenti, occhiali, vestiti, passaporto, telefonino, laptop, tesserino universitario. L’hanno interrogato illegalmente per trenta ore. E poi, sì, gli hanno chiesto anche dei suoi legami con la famiglia di Giulio Regeni”.
“Dal 2016, di quel ragazzo italiano si parla su tutti i social media e anche Patrick conosceva il caso, se n’era interessato”, spiega il padre.
Per ora nessuno del governo italiano si è fatto sentire e le speranze della famiglia sono riposte nella Chiesa: “Speriamo che almeno la Chiesa, in Vaticano si preghi per noi”.
La dichiarazione della famiglia di Patrick George
“Non riusciamo ancora a comprendere le accuse mosse a Patrick, nostro figlio non è mai stato fonte di minaccia o di pericolo per nessuno, anzi, è stato una costante fonte di sostegno e di aiuto per molte persone. Patrick è tornato in Egitto per una breve vacanza dai suoi studi in Italia, per venire a trovare noi e i suoi amici e per passare un po’ di tempo insieme prima di tornare alla sua intensa vita accademica”, scrivono in un comunicato i genitori di Patrick.
“Non avremmo mai immaginato che potesse essere trattato in questo modo, né che avremmo vissuto anche solo per un giorno con una paura e un’ansia senza precedenti per la sicurezza e il benessere di nostro figlio”.
“Non sappiamo nemmeno quando o come finirà questo incubo. Noi, la famiglia di Patrick – chiediamo a tutti di stargli vicino e di sostenerlo in questa situazione di difficoltà e dichiariamo il nostro pieno sostegno alle richieste dei suoi amici e colleghi dentro e fuori dall’Egitto, che insistono sull’immediato e incondizionato rilascio di Patrick e sulla caduta di tutte le accuse, oltre alla garanzia che non ci saranno ulteriori persecuzioni nei confronti di Patrick o dei suoi familiari e che gli sarà permesso di continuare i suoi studi”, conclude il comunicato.