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Home » Esteri

Radicalismo sui diritti sociali e difesa delle minoranze: la cura spagnola per la sinistra Ue e per il Pd

Immagine di copertina
Credit: AGF

Leggi contro la speculazione sulla casa. Incentivi al lavoro. E salari minimi a 9,50 euro. La sinistra in Spagna è popolare e socialista. L'esatto opposto di quanto accade nel Pd, che ormai rappresenta per lo più i ricchi. Ecco la ricetta Sanchez per provare a uscire dalla Ztl

Il 70% degli elettori spagnoli ha certificato un sistema bipolare, in cui i due principali attori Popolari (Pp) e Psoe hanno superato il 65% dei voti. Il protagonista assoluto di questa tornata è stato Pedro Sánchez. Il Psoe ha aumentato i consensi nella fascia più povera della popolazione delle aree del Sud come l’Andalusia, con un reddito sotto i 15mila euro. In generale, la sinistra si è posizionata come egemone in tutte le aree a basso e medio reddito, oscillando nelle zone popolari tra il 35% e il 50%, in crescita rispetto al dato nazionale del 31,7%. Anche il Pp mantiene un buon radicamento nelle fasce popolari, specie nelle aree interne ma è anche il partito del consenso tra i ricchi, come dimostrano i risultati a Madrid, Bilbao, ecc.

La sinistra spagnola è popolare e socialista, l’esatto opposto di quello che è accaduto in Italia, dove ormai è un assunto che il Pd sia radicato nelle fasce più alte della popolazione, tanto da guadagnarsi l’appellativo di partito delle Ztl. Ma quali sono le differenze che distinguono i due partiti, come mai Sánchez ha tenuto alta la soglia del voto popolare, mentre Letta è stato protagonista di una Caporetto portando il Pd ai minimi?

“Le parole sono pietre” che segnano un’identità: Psoe sta per Partido Socialista Obrero Español, ma vi immaginereste cosa accadrebbe in Italia se il Pd comprendesse nel suo nome la parola socialista o la parola operaio? Sono parole bandite da tempo dal vocabolario di un partito che ha fatto di tutto per gettarsi nell’oblio, dimenticando le radici che lo vogliono figlio del più grande Partito Comunista d’Occidente. Un revisionismo che nel nome del blairismo ha trattato la propria eredità valoriale come qualcosa da nascondere, risultando subalterno intellettualmente a un pensiero liberale preso come assioma e a valori storicamente appartenenti alla destra, come le privatizzazioni, la svalutazione del mercato del lavoro, la perdita di contatto con la coscienza di classe.

Nel suo governo, Sánchez ha messo in fila i fatti, vedi la legge sulla casa, dove non si è fatto scrupoli a regolamentare un mercato degli affitti che offriva alla speculazione di grandi gruppi privati lauti guadagni a scapito di intere comunità di residenti. Insieme alla sua ministra del Lavoro, Yolanda Díaz, ha promosso una delle leggi sull’occupazione più incisive di sempre, limitando il ricorso ai contratti a tempo determinato, ridimensionando la pratica del subappalto e valorizzando la contrattazione collettiva e, non da ultimo, ha promosso il salario minimo a 9,50 euro. Del Pd, l’unica legge sul lavoro che si ricordi è il Jobs Act; del salario minimo ricordiamo invece solo battaglie dopposizione.

Il ritorno al radicalismo sui diritti sociali e la difesa dei diritti delle minoranze ha permesso a Sánchez di non perdere consensi, rimanendo popolare e maggioritario. L’ultimo congresso del Partito Democratico si è caratterizzato per un esame di coscienza centrato sul ritorno al radicalismo e sulla critica al “liberismo”. Il risultato, inatteso quanto necessario, ha portato un nuovo assetto del partito e al ritorno a principi e valori di una sinistra ulivista.

Il volto di Elly Schlein è il segno di un ritorno del Pd tra le fasce meno abbienti? Vedremo alle prossime elezioni europee. Radicalismo significa tagliare con il passato, un passato fatto di forti equivoci valoriali e mancanza di memoria, per questo non basterà dire: «Sono una nativa democratica e per ragioni demografiche non ho potuto appartenere alle storie precedenti».

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