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Belgio, la magistratura indaga sui 5 miliardi di Gheddafi svaniti nel nulla: “Finiti nelle mani delle milizie in Libia”

Immagine di copertina
Muammar Gheddafi. Credit: Ann Ronan Picture Library

Secondo alcune inchieste, il governo di Bruxelles avrebbe avuto un ruolo nel finanziamento e nel rifornimento di armi per le milizie libiche responsabili del traffico di esseri umani

Soldi Gheddafi spariti | Dall’autunno 2017 la magistratura belga sta indagando sulla sparizione di una somma tra i 3 e i 5 miliardi di euro che apparteneva a Muammar Gheddafi, il raìs libico ucciso nel 2011.

Si tratta degli interessi maturati negli anni dei circa 16 miliardi di euro di Gheddafi, congelati per volere delle Nazioni Unite in 5 banche belghe dopo la morte del leader libico.

A indagare è il pubblico ministero belga Michel Claise, che sta cercando di chiarire se la somma sia davvero finita nelle mani di persone, milizie o partiti in Libia, come ipotizzato da una serie di inchieste giornalistiche.

Durante la guerra libica del 2011, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite decise di imporre un embargo sugli asset libici appartenenti al dittatore.

In Belgio, il patrimonio venne congelato in quattro banche. La maggior parte dei fondi (12,8 miliardi) era depositata presso la Euroclear Bank.

Tuttavia, nel corso degli anni, gli interessi maturati da questi fondi sono spariti. Secondo le inchieste giornalistiche pubblicate dal quotidiano Le Vif l’express e dal sito Politico.eu tra i 3 e i 5 miliardi di euro sarebbero stati trasferiti a misteriosi beneficiari.

A ricevere le armi sarebbero stati Ali al Salabi (uno dei leader dei Fratelli musulmani in Libia) e Abdel Hakim Belhadj (ex capo del Gruppo libico combattente). Le armi sarebbero state poi trasferite alle milizie islamiste di Derna e Bengasi.

Ma come avrebbero fatto i soldi a raggiungere i libici nonostante le sanzioni Onu?

Secondo un rapporto stilato da un gruppo di esperti e destinato al Consiglio di sicurezza Onu, “Euroclear ha trasferito interessi e dividendi in conti dedicati per distinguerli dai beni congelati”.

Questi poi sarebbero stati resi disponibili in conti bancari della Libyan Investment Authority (il principale fondo di investimento libico ai tempi di Gheddafi) in Paesi terzi.

In particolare, secondo Le Vif l’express 1,5 miliardi di euro sarebbero finiti sui conti della Lia aperti presso la Arab Banking Corp e la HSBC Luxembourg.

Mentre secondo l’Onu “rendere interessi e altri guadagni liberamente disponibili per la Lia viola il regime delle sanzioni”, per il Belgio interessi e dividendi dei conti congelati non rientrano tra i beni colpiti dall’embargo.

La decisione di “sbloccare” sarebbe stata competenza di Didier Reynders, ex ministro delle Finanze e attuale ministro degli Esteri belga, come svelato dall’emittente tv Rbtf.

L’emittente, inoltre, ha riportato che secondo una fonte “vicina ai servizi”, il governo di Bruxelles avrebbe avuto un ruolo nel finanziamento e nel rifornimento di armi per le milizie libiche responsabili del traffico di esseri umani nel Paese.

“Dopo 7 anni, constatiamo che le milizie hanno trovato tutte le armi di cui hanno avuto bisogno”, ha detto la fonte all’emittente. “Alcuni Paesi le hanno rifornite apertamente, ma hanno trovato il modo di procurarsele anche in altre maniere”.

Ad accusare il governo belga è anche l’autorità opposta al governo Al Sarraj, che almeno nominalmente governa la Tripolitania, vale a dire l’Esercito nazionale libico guidato da Khalifa Haftar.

Lo scorso 21 novembre, Ahmed al Mismari, portavoce dell’Esercito nazionale libico, ha annunciato di “avere le prove che confermano il coinvolgimento del Belgio nell’invio di armi alle milizie della Tripolitania e ai gruppi terroristici di Derna e Bengasi”.

“Abbiamo scoperto dei voli aerei sospetti per il trasporto di armi dal Belgio alla Libia nel 2016”, ha dichiarato al Mismari. L’operazione si sarebbe svolta sotto la guida di Khaled Sharif, all’epoca viceministro degli Esteri libico.

Leggi anche: Come è andata la conferenza sulla Libia: il diario della inviata a Palermo
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