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Home » Esteri

I giovani siriani che scelgono di continuare a studiare per ricostruire il paese

Immagine di copertina
OMAR HAJ KADOUR/AFP/Getty Images

"Quando studio, mi sembra di potermi lasciare la guerra alle spalle". Nonostante le bombe e la mancanza di risorse, molti giovani siriani hanno deciso di non rinunciare allo studio. Ecco le loro storie

Ovunque, in Siria, il semplice atto del sopravvivere è diventato ormai un’azione totalizzante. In un paese squarciato da una guerra civile che prosegue da sette anni, con un bilancio di più di 350mila vittime, la quotidianità è stata spazzata via dal fuoco incrociato delle tante fazioni che si contendono il dominio dei territori.

In tanti sono stati costretti ad abbandonare casa, lavoro e paese, scappando da una morte certa, ma c’è anche chi ha deciso di restare.

Secondo il rapporto “Voci dalle aree del pericolo” di Save the Children, infatti, oltre due milioni di persone continuano a vivere nelle aree assediate, spesso senza la possibilità di ricevere aiuti umanitari per via dell’isolamento quasi totale in cui si trovano le zone coinvolte.

Nel pieno dei combattimenti che coinvolgono le forze di sicurezza del presidente Bashar al Assad, i ribelli siriani, i terroristi affiliati al sedicente Stato Islamico (Isis), i curdi siriani e numerose potenze e milizie straniere, alcuni giovani studenti siriani portano avanti il loro sogno di laurearsi, e costruirsi un futuro.

Tra loro c’è Mahmoud, che a vent’anni studia informatica nel Ghouta orientale, regione che dal febbraio 2018 vive un feroce assedio condotto dal regime siriano.

In un’intervista alla BBC ha raccontato che studiare è un modo per guardare avanti, e sperare in un futuro migliore.

“Quando i bombardamenti diventano molto pesanti, possiamo pensare solo a sopravvivere. Ma poi, quando la situazione migliora, anche solo per poco, torniamo a pensare al nostro lavoro, ai nostri studi, al nostro futuro”.

Terminate le scuole superiori, Mahmoud non ha trovato in Ghouta una sede per proseguire i suoi studi. Si è quindi iscritto alla University of the People, l’università statunitense online che offre agli studenti in difficoltà di tutto il mondo la possibilità di frequentare corsi e conseguire un diploma di laurea.

Finanziata da Google, Hewlett Packard e Gates Foundation, accademici volontari e docenti universitari in pensione, l’Università della Gente è “un’alternativa per chi non ha alternative”, come la descrive il presidente e fondatore Shai Reshef.

Nell’inferno della Ghouta orientale la UoPeople conta ben 10 iscritti attivi, che non si fanno scoraggiare dalla guerra e traggono dallo studio un’incredibile carica di ottimismo e speranza.

“Voglio laurearmi. Per noi sotto assedio è una grande opportunità, dà speranza agli studenti” spiega Mahmoud. “Se ne ho l’opportunità, voglio essere parte del processo di ricostruzione del paese”.

Alla grande università no profit si erano iscritti anche diversi studenti dell’università di Aleppo, quando la sua sede venne squarciata dai missili.

Una di loro, Mariam Hammad, ha raccontato la sua storia in un articolo scritto per l’Huffington Post chiamato “Cosa significa essere uno studente ad Aleppo”.

Mariam studia a lume di candela ad Aleppo, Siria

Quando una bomba colpì il palazzo in cui Mariam si trovava per frequentare i corsi di Business Administration, senza ferirla ma traumatizzandola profondamente, la ragazza decise di lasciare l’università, troppo spaventata per poterci tornare.

Decisa a proseguire i suoi studi, Mariam racconta di aver trovato online la UoPeople, più accessibile delle altre università online per via dei requisiti linguistici flessibili e delle borse di studio garantite agli studenti che non possano permettersi di pagare la già modesta retta di 100 dollari l’anno.

Mariam ha potuto iscriversi grazie ad una borsa di studio istituita appositamente per gli studenti siriani. “Mi ha ridato speranza. Quando studio, mi sembra di potermi lasciare la guerra alle spalle”.

Col rischio costante di bombardamenti e sparatorie, riuscire a trovare la pace mentale e la concentrazione necessarie a dedicarsi allo studio non è certo cosa da poco, ma questa purtroppo è solo una dei tanti ostacoli che gli studenti siriani si trovano a dover superare.

Chi studia deve allo stesso tempo fare i conti con tutte le difficoltà di un paese in guerra, dove tutto ciò che gli altri studenti nel mondo danno per scontato, semplicemente, manca.

Mentre i loro compagni di corso contano i giorni che li separano dagli esami, gli studenti siriani tengono il numero delle vittime, delle case distrutte, delle porzioni di acqua quando non ce n’è abbastanza.

“Durante il mio primo semestre non c’era internet ad Aleppo quando avrei dovuto dare gli esami” racconta Mariam. “Pensavo di non poter finire il semestre, ma mia cognata da un’altra città ha scritto una mail all’università e mi hanno concesso una proroga”.

Ad Aleppo l’elettricità manca da due anni, e anche in Ghouta ci si affida principalmente a singoli generatori. Mahmoud racconta che, fino a febbraio 2018 studiare era complesso ma, tutto sommato, fattibile:

“Era difficile ottenere cose come la corrente elettrica, la connessione ad internet, tutto ciò che serve per studiare online. A volte non c’erano proprio”.

Adesso, però, i continui bombardamenti hanno distrutto porzioni sempre maggiori di città, e i civili sono costretti a spostarsi continuamente, trovando ripari improvvisati in scantinati e sotterranei di ogni tipo.

La casa di Majed, un altro studente di informatica della Ghouta orientale, è stata distrutta da un attacco aereo, e ora ha serie difficoltà a trovare una connessione internet, o un modo per ricaricare il telefono.

“Le nostre vite dovrebbero continuare, la guerra non dovrebbe impedircelo” ha raccontato alla BBC. “Alla fine saremo noi a ricostruire il paese e riparare i danni. Credo che l’istruzione ci aiuterà a costruirci un futuro”.

A preoccuparlo, però, è soprattutto la prossima generazione di siriani, nati durante la guerra e privati da subito dell’istruzione, ad altissimo rischio di emarginazione e sfruttamento minorile.

Anche nelle tante famiglie che riescono a fuggire dalla guerra e rifugiarsi in Libano i bambini corrono il pericolo di non ricevere un’educazione, per via delle difficoltà ad accedere al sistema scolastico libanese.

Per questo motivo, numerose organizzazioni non governative internazionali stanno lanciando progetti per agevolare l’inclusione dei rifugiati siriani all’interno delle scuole dei paesi circostanti  come Libano e Giordania.

L’Institute of International Education, inoltre,  ha lanciato un appello alle università di tutto il mondo, chiedendo loro di fare di più ed istituire borse di studio per permettere agli studenti siriani ad andare a studiare all’estero.

Tanti di loro, però, non vedono lo studio come una scialuppa di salvataggio che li porti lontano dalla guerra, a costruirsi un futuro migliore fuori dalla Siria.

Molti desiderano anzi restare, e utilizzare le competenze acquisite per ricostruire il tessuto economico e sociale del paese, quando la guerra sarà finita.

“Laurearmi è la mia unica chance per fare qualcosa di buono in questa vita” racconta Mariam. “Voglio usare le mie abilità per aiutare a ricostruire il mio paese. Dopo la laurea, voglio aiutare altre persone come me, creando ad Aleppo un centro per lo studio come UoPeople.

Prima della guerra, non avevo mai capito come le persone potessero vivere delle vite normali durante una simile crisi. Ora so che quando gli esseri umani sono messi alla prova, farebbero qualsiasi cosa per sentirsi vivi”.

Leggi anche: Siria, i bambini che sfidano le bombe e vanno a scuola tra le macerie; Questi sono i suoni che i bambini non dovrebbero mai ascoltare in una scuola: l’audio

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