Esclusivo TPI – Costretti a vivere tra le macerie: le vite spezzate dei bambini a Raqqa
Il rapporto di Save The Children in esclusiva su TPI
Esclusivo TPI – Costretti a vivere tra le macerie: le vite spezzate dei bambini a Raqqa
Quattro anni dopo che la città di Raqqa, in Siria nord-orientale, è stata sottratta all’ISIS, i bambini vivono ancora tra le macerie, con accesso limitato ad acqua, elettricità e istruzione. È quanto riporta il nuovo rapporto di Save The Children “Costretti a vivere tra le macerie: recupero inclusivo a Raqqa”, che noi di TPI pubblichiamo in esclusiva. Dopo la fine della battaglia nel 2017, migliaia di persone sono tornate o si sono trasferite a Raqqa e il rapporto dell’Organizzazione stima che attualmente vi risiedono tra le 270mila e le 330mila persone.
Secondo una ricerca precedente il 36 per cento degli edifici della città è completamente distrutto ma il livello di ricostruzione e ripristino delle abitazioni rimane ancora basso, con bambini che vivono nella costante paura che le loro case crollino. Nel corso degli ultimi quattro anni il ripristino della città, che nel periodo di picco dei bombardamenti ha subito 150 attacchi aerei al giorno, è stato minimo, costringendo i bambini a vivere in case danneggiate senza un posto dove imparare o giocare se non tra le rovine.
Inoltre, tre quarti della popolazione di Raqqa dipende dai sussidi per l’acquisto di cibo e altri beni e servizi di base. Una situazione esacerbata dalla siccità, la peggiore degli ultimi nove anni nel nord-est della Siria, che impedisce l’accesso all’acqua pulita per le famiglie di Raqqa causando una crisi di salute pubblica con un aumento di malattie trasmesse dall’acqua e difficoltà nel prevenire la diffusione del Covid-19.
“Sono terrorizzata che un giorno la nostra casa possa crollare sui miei figli, la struttura è in pessime condizioni, non c’è acqua corrente né elettricità e costa troppo ripristinare la linea elettrica o ristrutturare casa. Quando i miei figli escono ho paura che possano farsi male e per questo non li faccio uscire. Rimangono in casa e non possono allontanarsi. C’è un edificio distrutto qui e ho paura che ci sia qualcosa sotto [ad esempio una mina]. Non si sa mai e per questo li tengo lontani” racconta Aida*, 27 anni, che è fuggita da Aleppo nove anni fa a causa del conflitto.
Nel 2015 suo marito è stato ucciso in un bombardamento e ora vive con i suoi quattro figli in una casa distrutta di Raqqa, senza acqua né elettricità. La popolazione di Raqqa ha assistito a profonde violenze e l’impatto sul loro benessere psico-sociale è significativo: i vari fattori di stress legati al contesto siriano, tra cui l’esposizione alla violenza, discriminazione, povertà e lutti hanno un impatto negativo sulla salute mentale e sul benessere dei bambini.
Nonostante i chiari desideri di rimanere e stabilirsi a Raqqa a lungo termine, diverse persone hanno espresso la loro preoccupazione per il futuro, in particolare la paura di ulteriori sfollamenti e il timore di perdere la casa o il lavoro. “I dieci anni di guerra hanno provocato una crisi di salute mentale per i bambini e le loro famiglie. A Raqqa i bambini, per problemi di sicurezza, non possono nemmeno svolgere attività di base che potrebbero aiutarli a dimenticare ciò che hanno vissuto, ad apprezzare la vita e a prepararsi per il futuro, come andare a scuola o giocare con i loro amici.
“I bambini rischiano di ferirsi e morire anche solo stando seduti a casa tra le macerie” ha dichiarato Sonia Khush, responsabile di Save the Children per la risposta in Siria. Dieci anni di conflitto, crisi economica e altri fattori come la pandemia hanno aumentato i bisogni della popolazione in tutto il Paese. A maggio 2021, il sotto-distretto che comprende la città di Raqqa, registrava la più alta percentuale di famiglie con un consumo scarso o al limite di cibo. Circa l’80 per cento delle famiglie di Raqqa intervistate da Save the Children è dovuto ricorrere a misure drastiche per soddisfare i bisogni primari, come acquistare cibo a credito o far lavorare i figli.
Infatti, molti genitori dei bambini che attualmente non frequentano la scuola hanno dichiarato di non poterli mandare perché dovevano lavorare per guadagnare qualcosa per la famiglia, rimanere a casa per aiutarli o perché semplicemente non potevano permetterselo per le spese di trasporto o altro. Per le famiglie che possono permettersi di mandare i propri figli a scuola, ci sono ancora più disagi. Difatti, il conflitto e ciò che ne consegue ha decimato l’intero settore dell’istruzione e ad oggi l’80 per cento delle scuole della città è ancora danneggiato e solo un quarto degli edifici scolastici è in ricostruzione.
Molti insegnanti sono fuggiti nel 2017 e non sono mai tornati e le autorità locali hanno difficoltà a riportare in città personale qualificato, per questo molti insegnanti non hanno qualifiche e formazione professionale. “Prima studiavamo in una scuola per metà distrutta, eravamo due classi in una, poi ci siamo spostati in un’altra struttura perché la scuola è stata demolita e poi ricostruita” racconta Yaseen*, 12 anni, che vive in un edificio parzialmente demolito con 4 fratelli e i genitori. Questo rischia di negare a migliaia di minori l’accesso all’istruzione, costretti a studiare in edifici sovraffollati e a volte danneggiati.
Il 14 per cento dei bambini non frequenta affatto la scuola e quasi il 20 per cento la frequenta meno di tre volte a settimana. Con l’avanzare dell’età i tassi di frequenza dei bambini diminuiscono, sia per i maschi che per le femmine, e il 65 per cento dei bambini con disabilità non la frequenta affatto. “Quattro anni dopo la battaglia a Raqqa, i bambini e le loro famiglie vivono ogni giorno tra macerie, rovine e rischi quotidiani, in gran parte causati dagli attacchi aerei della Coalizione per sconfiggere l’ISIS”.
Tra i membri della Coalizione ci sono anche alcuni dei donatori della risposta umanitaria in Siria e loro stessi hanno la responsabilità di porre rimedio alle conseguenze delle loro azioni militari. È necessaria un’assistenza umanitaria immediata, basata sui bisogni e indipendente da obiettivi militari e di sicurezza. A Raqqa i bambini e le loro famiglie vivono ogni giorno in una città in rovina, con poche opportunità, tra siccità, pandemia e una crisi economica diffusa in tutto il Paese”.
“La risposta umanitaria essenziale, che possa rispondere alla complessità dei bisogni, rimane limitata. Viste le circostanze che i bambini devono affrontare e i timori dei loro genitori per il loro futuro, è fondamentale che loro e tutti i donatori umanitari si impegnino per garantire il ripristino dei servizi di base e per dare ai bambini la possibilità di un futuro migliore, dopo tutto quello che hanno dovuto subire nel corso del conflitto in Siria” ha concluso Sonia Khush.
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*nomi modificati per proteggere l’identità