Siria: “Ho visto quelle bimbe morire tra le macerie di un bombardamento a Idlib, ho spento la camera e sono corso ad aiutarle”
Siria: “Ho visto quelle bimbe morire tra le macerie di un bombardamento a Idlib, ho spento la camera e sono corso ad aiutarle”
In Siria, documentare o intervenire per prestare soccorso? Quando ci si trova in un contesto di guerra, non sempre è possibile rispettare i ruoli, lasciare ai giornalisti il dovere di documentare e ai soccorritori quello di intervenire per tentare di salvare vite umane. Davanti alla scena che si è trovato davanti Bashar al Sheikh, reporter di SY24, non ha avuto esitazioni: ha scattato la foto, ma poi ha spento la fotocamera ed è corso verso le bambine che aveva appena immortalato.
Uno scatto potente, con una palazzina semi-distrutta, un uomo che grida disperato e due bimbe incastrate tra le macerie pericolanti. Lo scatto, come spesso accade, comincia a circolare velocemente in rete e sul sito Sy24 per cui lavora Bashar, viene pubblicata la notizia di questo ennesimo bombardamento a Jericho, a sud di Idlib, in Siria, costato la vita a una donna e a due bambini.
Riesco a contattare Bashar, che mi racconta quei drammatici momenti.
“Nelle prime ore del pomeriggio un velivolo da guerra dell’aviazione governativa stava sorvolando la zona di Jericho, a Sud di Idlib. Mi trovavo vicino al luogo che è stato colpito da uno degli ordigni e così sono corso subito sul posto. C’era polvere ovunque, non erano ancora arrivati i mezzi di soccorso. Appena sono arrivato ho visto una palazzina distrutta dagli ordigni e ho sentito voci di bambini che piangevano e gridavano. Chiamavano ripetutamente il padre “Ya baba, ya baba”. Ho notato due bambine incastrate sotto le macerie, una avrà avuto poco più di cinque mesi, l’altra quattro o cinque anni. Il padre stesso, che era in un altro angolo della casa, gridata, chiedeva aiuto, ma dalla sua posizione non poteva fare nulla, se non provare a rassicurarle. Ho subito scattato la foto per documentare quanto stava accadendo. Mi sono accorto che la più piccola era in bilico, stava per cadere e la sorella maggiore la teneva per la maglietta, nonostante lei stessa fosse intrappolata“.
“È stata questione di pochi secondi, sono cadute entrambe a terra dal quinto piano. Ho spento la fotocamera e sono corso, le ho prese entrambe in braccio, ho fermato un mezzo della Protezione Civile e ho chiesto che ci portassero subito al Pronto Soccorso. Le abbiamo portate alla sede della Croce Rossa a Jericho, ma la loro situazione era talmente grave che ci hanno detto di andare al Mashfa al-Shami, un ospedale con specialisti e attrezzature più adatte. Quando siamo arrivati hanno tentato di fare il possibile, ma hanno dovuto trasferirle all’ospedale di Idlib. Lì le hanno prese subito in carico“.
Rispetto alla notizia data inizialmente, in cui il quadro sembrava stabilizzato, Bashar viene a sapere successivamente da un medico che la bimba più grande è spirata, mentre la piccola resta grave. La voce di Bashar è rotta dalla commozione. Il bilancio però si aggrava ancora: sotto le macerie sono stati trovati la madre senza vita e altri 4 fratellini.
“Non posso descrivere quello che ho provato, chiunque abbia una coscienza si sarebbe comportato come me, smettendo di scattare e correndo a prestare soccorso. Anche se siamo giornalisti, qui in Siria non possiamo limitarci a raccontare, fotografare e filmare i crimini contro i civili, i bombardamenti, le distruzioni, la situazione degli sfollati. Il nostro lato emotivo a volte prevale, perché qui si sta scrivendo nel sangue la nostra storia. Ho sentito che quelle due bimbe erano le mie figlie; in quegli istanti ho ragionato e agito da padre. Non potrò mai dimenticare quella scena; mai in vita mia ho vissuto una circostanza così drammatica. Non potevo continuare a documentare, dovevo intervenire per prestare soccorso e l’ho fatto. Un testimone che abita nella zona dove è avvenuta la tragedia mi ha detto che quando mi ha visto tanto coinvolto ha creduto che quelle due bimbe fossero davvero le mie figlie. Mi ha detto che ho gridato come un padre disperato“.