Siria, 15 bambini sono morti per il freddo nei campi profughi
Sfuggire alle bombe, ai colpi di mortaio e alla violenza dell'Isis non è stato sufficiente
Quindici bambini sono morti a causa del freddo nei campi profughi in Siria, secondo quanto denunciato dalle Nazioni Unite: otto hanno perso la vita nel campo di Rukban, nel sud-est, e altri sette dopo essere scappati da Hajin, la città a nord fino a poco tempo fa roccaforte dell’Isis.
Sfuggire alle bombe, ai colpi di mortaio e alla violenza dell’Isis non è stato sufficiente: la morta ha comunque raggiunto i bambini, da sempre i meno protetti e quelli contro cui la guerra si accanisce maggiormente.
“Le temperature e le condizioni di vita a Rukban stanno mettendo a rischio la vita dei bambini”, ha dichiarato il direttore regionale dell’Unicef, Geert Cappelaere.
“In un solo mese, almeno otto bambini sono morti: la maggior parte aveva solo quattro mesi, il più piccolo è morto un’ora dopo la nascita”, ha continuato Cappelaere, che ha spiegato che nei campi profughi al confine con la Giordania l’80 per cento dei rifugiati (circa 45mila persone) sono donne e bambini.
Il maltempo che sta interessando la Siria non ha colpito solo i campi profughi: il freddo e la neve hanno messo in pericolo anche chi fugge dai territori in mano all’Isis in cui continuano i combattimenti, come Hajin.
La città è stata riconquistata a fine 2018 dalle forze curdo-arabe sostenute dagli Stati Uniti, ma vivere nella regione di Deir el Zoz è ancora pericoloso: secondo le Nazioni Unite, oltre 10mila persone sono fuggite dalla provincia da dicembre.
“Le famiglie che abbandonano la regione in cerca di salvezza devono affrontare molte difficoltà, a partire dal freddo e dall’assenza di un riparo”, ha detto Cappelaire.
La sicurezza di uomini, donne e bambini che scappano dall’est della Siria non è l’unico problema da affrontare: secondo le Forze democratiche siriane i jihadisti dell’Isis cercano di mimetizzarsi tra i civili in fuga per colpire in altre zone del paese.
Anche nel nord-ovest della Siria, nella zona di Idlib sotto il controllo di ribelli e jihadisti, la vita dei civili è messa in pericolo dall’intensificarsi dei combattimenti.
Inoltre, le violenze tra fazioni rivali stanno mettendo ritardando l’approvvigionamento di aiuti umanitari. “I casi di malattie sono in aumento e nelle aree più colpite le famiglie sono tagliate fuori dal mondo esterno, impossibilitate a lasciare i campi per accedere alle strutture sanitarie e in alcune aree anche le scuole sono state chiuse”, hanno affermato da Save the Children.