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Home » Esteri

Ecco come stiamo morendo di fame e di stenti a Ghouta, in Siria

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Wassim Khatib, direttore dell’Ufficio per la documentazione a Damasco e periferia e giornalista di inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Siria, denuncia a TPI le disastrose condizioni sanitarie nella zona di al Ghouta

“Almeno 1.100 bambini stanno morendo di stenti nella zona di al Ghouta”: è l’allarme lanciato dalla portavoce Unicef Monica Awad. “Tra i casi registrati negli ultimi tre mesi, ce ne sono 232 gravissimi, con bambini bisognosi di cure immediate per sopravvivere alla morte. Almeno altri 1500 bambini, soprattutto neonati, rischiano la vita perché le loro stesse madri sono malnutrite ”, prosegue la denuncia dell’Unicef.

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Sono circa cinque anni (1.851 giorni) che al Ghouta è sotto assedio e continuamente bombardata, con la totale chiusura dei corridoi umanitari. Mancano beni di prima necessità e il costo del cibo è ormai proibitivo.  Secondo Ismael Hakeem, medico ad al Hakim Emergency Hospital, ad al Ghouta, un bambino ogni quattro soffre per la malnutrizione.

La zona est di al Ghouta è compresa nell’area di de-escalation delle violenze prevista dagli ultimi accordi di Astana, firmati il 24 luglio scorso, a cui hanno partecipato Turchia, Iran e Russia, ma in realtà il regime non ha mai interrotto i bombardamenti, né ha mai permesso la reale apertura di corridoi umanitario o il rilascio di prigionieri politici. Secondo un rapporto del Syrian Network for Human Rights ad al Ghouta almeno 398 persone, tra cui 206 bambini, sono già morte a causa dell’assedio, mentre secondo il Syrian Observatory for Human Rights l’ultimo convoglio di aiuti umanitari sarebbe entrato lo scorso 24 luglio.

Al Ghouta è tristemente nota per il massacro con armi chimiche del 21 agosto 2013, costato la vita a centinaia di persone. La città è nella provincia di Damasco ed è sotto il controllo dell’Esercito Siriano Libero.

Contro questa zona, dalla grande importanza strategica per la sua vicinanza alla capitale, si sta applicando la cosiddetta “Politica della punizione collettiva”, proibita dall’articolo 33 della IV Convenzione di Ginevra. Secondo fonti locali, dal giorno della firma dell’accordo il 24 luglio al 5 ottobre sono morte 117 persone, 337 sono state ferite, 63 delle quali in modo irreversibile; 2430 famiglie sono state sfollate, 1.243 case sono state distrutte e 5 ospedali sono stati colpiti. 

Wassim Khatib, direttore dell’Ufficio per la documentazione a Damasco e periferia e giornalista di inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Siria, denuncia a TPI: “Circa 450mila persone vivono nella zona orientale di Al Ghouta, tra cui 130mila minorenni, la maggior parte dei quali non frequentano più la scuola. Ben 78.911 sono gli sfollati interni. Si registrano 252 casi clinici gravi, e oltre 590 casi di malati oncologici totalmente senza cure, che avrebbero urgente bisogno di assistenza medica fuori da al Ghouta. Almeno 40 strutture sanitarie sono state distrutte. Mancano vaccini contro la tubercolosi, il morbillo e altre malattie infettive. Mancano antibiotici, farmaci per i reni e per le cure pediatriche. Mancano strumentazione chirurgica e farmaci per anestesia. Il numero dei disabili permanenti è di 5258, mentre i feriti sono oltre 4400.  Le vittime delle violenze sono oltre 18mila, tra cui 4845 bambini. Gli orfani sono 16243; le vedove 4392, le detenute 169, i detenuti 10500. Oltre 50mila sono i feriti”.

Attivisti siriani hanno lanciato l’hashtag #AssadBesigesGhouta, postando foto e video di bambini siriani stremati dagli stenti, come quella di Sahar Dofdaa, che si è spenta ad un solo mese di vita a causa delle privazioni subite, chiedendo una mobilitazione internazionale in loro favore.

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