Per capire cosa sta succedendo in Siria bisogna tornare indietro di 70 anni
Il legame attuale fra la Siria governativa di Assad e la Russia di Putin non è altro che la prosecuzione dei legami già stretti fra l'Unione Sovietica - dove Putin era a capo dei servizi segreti (KGB) - e il Partito del Risorgimento Arabo Socialista - Baʿth
Per capire cosa sta succedendo in Siria bisogna tornare indietro di 70 anni
Per comprendere al meglio le alleanze che stanno scendendo in campo nella nuova guerra siriana scatenata da Erdogan e l’avvicinamento dei curdi alle forze governative siriane di Bashar al-Asad bisogna fare un passo indietro negli anni.
Durante la guerra fredda i paesi mediorientali avevano stretto alleanze con l’una e l’altra parte a seconda di rapporti strategici, economici e ideologici. Si trattò sostanzialmente della contrapposizione tra due grandi ideologie politico-economiche: la democrazia-capitalista da una parte e il totalitarismo-comunista dall’altro. I Paesi di orientamento islamico sciita si avvicinarono maggiormente alle ideologie comuniste sovietiche mentre i Paesi sunniti, Arabia Saudita in primis, si legarono alle strategie capitalistiche prevalentemente statunitensi, anche per gli accordi petroliferi in corso fra questi Paesi.
L’inizio della guerra fredda è anche il periodo in cui nasce il Partito del Risorgimento Arabo Socialista meglio noto come Partito Baʿth. La dimensione panaraba del partito è sottolineata proprio dall’eterogeneità religiosa dei fondatori: musulmano sciita/alawita al-Arsūzī, cristiano ortodosso ʿAflaq e musulmano sunnita al-Bīṭār.
Al contrario del marxismo, il socialismo arabo non era collegato a una visione materialistica della vita ed il partito Baʿth si vantava di aver elaborato una sorta di marxismo “spirituale”. Negli anni il partito diventò la via di dialogo e collegamento fra il blocco sovietico comunista – filo sciita – verso alcune frange sunnite meno inclini alle ideologie capitaliste. Il Baʿthismo si mise quindi in contrapposizione con le altre forze di potere politico e religioso sunnite quali il wahhabismo/salafismo saudita e la fratellanza mussulmana turca che stavano delineando le loro strategie radicali proprio in quegli anni.
Il partito Baʿth si avvicinò maggiormente quindi alle forze comuniste sovietiche, per la vicinanza nell’ideologia socialista e per quella religiosa sciita vista la contrapposizione con le forze emergenti sunnite. Il controllo del partito fu preso quindi dapprima dal presidente siriano Hafiz al-Assad alawita/sciita. Poi dal 2000 nella leadership fu inserito suo figlio Bashar al-Assad, l’attuale presidente della Siria Governativa. Risulta evidente quindi come il legame attuale fra la Siria governativa di Assad e la Russia di Putin non è altro che la prosecuzione dei legami già stretti fra l’Unione Sovietica – dove Putin era a capo dei servizi segreti (KGB) – e il Partito del Risorgimento Arabo Socialista – Baʿth.
È di domenica scorsa la notizia che i curdi siriani hanno trovato un accordo con il regime siriano di Bashar al Assad per fermare l’invasione turca nel nordest della Siria. Alla luce del discorso storico risulta comprensibile anche il legame fra le forze militari curde e la Siria governativa di Assad. I curdi siriani dell’Ypg – Unità di protezione popolare – legato ideologicamente al Pkk (il Partito curdo dei lavoratori), considerato dalla Turchia un’organizzazione terroristica, è di impostazione ideologica marxista e quindi da sempre vicino al partito Baʿth e all’ex blocco Sovietico. Era prevedibile che in una situazione come quella odierna, dopo il disimpegno statunitense, la Russia e la Siria di Assad potessero tendere le mani alle forze militari curde in difficoltà.
Ma in questi giorni avviene un’altra azione assolutamente prevedibile per chi è a conoscenza degli equilibri mediorientali. L’esercito turco di Erdogan si posiziona nei combattimenti contro i curdi a fianco dei terroristi jihadisti di al-Qaeda. Le organizzazioni cooptate dalle forze militari turche sembrano legate, oltre che ad al Qaeda, anche al sedicente Stato islamico. Tra queste vi sono i miliziani di Ahrar Al Sharqiya che derivano dalle forze paramilitari di Al Nusra, un gruppo armato jihadista salafita. Questi gruppi jihadisti sarebbero penetrati una trentina di chilometri all’interno del territorio curdo al fianco dell’esercito turco. Le autorità curde hanno annunciato poi la fuga dei jihadisti dal campo Ayn Issa, nel nord della Siria, circa 35 km a sud del confine turco, dichiarando che la prigione è ormai senza controllo.
Per spiegare questo aspetto basti ricordare che le dottrine saudite wahhabite/salafite hanno ormai sostituito tutte le interpretazioni coraniche sunnite e il 90 per cento dell’islam sunnita in tutto il mondo ragiona secondo i dettami della monarchia saudita. Ma dopo le guerre del Golfo, quando i sauditi hanno fatto parte delle coalizioni militari insieme agli alleati statunitensi ed occidentali, gran parte dei salafiti di tutto il mondo hanno visto la loro mamma saudita non più santa ma venduta al demonio. Il legame fra Arabia Saudita e capitalismo occidentale/statunitense è stretto dall’origine dei tempi ma non è mai stato pubblicizzato alle masse dei fedeli. Quando tutto diventa evidente, dopo la prima guerra del Golfo, gran parte del mondo salafita si ribella all’Arabia Saudita. Le forze salafite di Al Qaeda prima e dell’Isis dopo dichiarano quindi guerra ai sauditi provocando azioni terroristiche e conflitti in tutto il mondo.
Erdogan, a capo della fratellanza musulmana anch’essa in aperto contrasto con l’Arabia Saudita, soprattutto dopo gli avvenimenti delle primavere arabe, prende l’occasione di aumentare la cerchia di potere anti saudita affiliando nelle sue truppe le forze paramilitari jihādiste e salafite di Al Qaeda e di quello che resta dello stato islamico. Si realizza quindi una guerra con le tre coalizioni quali i salafiti ribelli ai sauditi alleati con la fratellanza mussulmana di Turchia e Qatar in contrapposizione ai sauditi, gli sciiti e la Russia con quello che resta del partito Baʿth insieme ai Kurdi, l’Arabia Saudita – sempre vicino agli Stati Uniti – contro tutti quanti. Una variabile imprevedibile, ancora da valutare adeguatamente, è il legame della Turchia con gli USA all’interno della NATO che potrebbe portare a risvolti di mediazione e negoziato grazie all’intervento dell’unione Europea.
In ogni caso il vincitore della destabilizzazione provocata dall’intervento turco nel nordest della Siria è Putin. La Russia riesce a tenere le redini di Erdogan con le forniture militari, ha venduto un sistema di difesa antimissile S-400 di fabbricazione russa (nonostante la Turchia faccia parte della Nato) mentre Italia, Germania, Francia e sempre più Paesi hanno annunciato lo stop alla vendita di armamenti ad Ankara. Fino a poco tempo fa buona parte della Siria sfuggiva al controllo di Damasco ed oggi probabilmente tutto quello che sta avvenendo porterà Bashar al Assad al controllo di gran parte del suo territorio, ma come fantoccio e servente del nuovo Zar: Vladimir Putin, sempre al potere in URSS come in Russia.
• Altro che difendere i curdi, Putin vuole prendersi il Medio Oriente (di Giulio Gambino)