Sei persone hanno passato un anno chiusi in una tenda per simulare una missione su Marte
Sei scienziati della NASA il 28 agosto sono usciti all’aperto dopo un anno intero passato in isolamento al fine di scoprire come si reagisce a questa condizione
365 giorni senza uscire da una stanza di circa cento metri
quadrati, eccetto qualche sporadica passeggiata nei dintorni: non si tratta di
ergastolani condannati al carcere duro, ma di sei scienziati della NASA che il
28 agosto sono definitivamente usciti all’aperto dopo un anno intero passato in
isolamento.
I sei (tre uomini e tre donne) erano i principali
protagonisti di un esperimento dell’agenzia spaziale statunitense volto a
simulare nel modo più accurato possibile l’eventualità di un viaggio su Marte,
e quindi la necessità per gli astronauti coinvolti di vivere per molto tempo in
condizioni che metterebbero alla prova lo stato psicofisico di chiunque.
Per la simulazione è stata utilizzata una cupola geodetica di
circa 11 metri di diametro poggiata tra le montagne vulcaniche di Manua Loa, nelle
isole Hawaii, che a quanto pare sono il luogo sulla Terra più simile al
paesaggio di Marte. Gli scienziati che hanno partecipato al progetto potevano
uscire dalla cupola solo abbigliandosi con una tuta spaziale, e i loro unici
contatti consistevano in un sistema di messaggistica in differita.
(Qui e in basso, alcune immagini della missione NASA. Credit: University of Hawai‘i News)
“Venivamo a sapere solo attraverso resoconti altrui, e
dopo i fatti, degli attacchi terroristici, di persone che morivano e di tutte
queste cose terribili, quindi era inquietante sentirne parlare, ma non potevamo
fare nulla, siamo rimasti bloccati nella cupola senza essere in grado di
aiutare in nessun modo”, ha dichiarato il comandante della missione Carmel
Johnston.
Uno dei membri del gruppo, Sheyna Gifford, ha perso sua
nonna mentre partecipava all’esperimento: “Ho detto addio a mia nonna tramite
un messaggio video in differita”, ha dichiarato all’Huffington Post.
“È
qualcosa che nessuno vorrebbe dover fare”.
Si tratta della più lunga simulazione di un viaggio spaziale
mai condotta negli Stati Uniti (a livello mondiale il record appartiene al
programma russo-europeo Mars 500, del 2007, con 520 giorni), e nonostante
questo il tempo speso è comunque inferiore alle più ottimistiche previsioni
riguardo a un eventuale futuro viaggio di andata e ritorno dal Pianeta Rosso.
“Lo scopo del progetto è quello di scoprire tutto ciò
che può andare storto prima che vada effettivamente storto”, ha
sintetizzato Johnston. Vista la situazione così anomala, la possibilità di
derive verso l’instabilità mentale è forte, e la NASA vuole sapere in anticipo
come prevenirle.
Ora che sono “sulla Terra”, i sei membri dell’esperimento
trascorreranno i prossimi giorni a ricalibrare la loro routine, recuperando il
tempo perduto con gli amici e la famiglia e parlando finalmente con tutti
quelli che non hanno avuto modo di sentire per un anno intero. Come ha detto uno
dei “finti astronauti: “ogni nuova faccia o nuova voce è un po’ come un piccolo
regalo, a questo punto”.
Questo il video che documenta l’uscita dei sei scienziati dopo un anno, ripreso dalle camere di University of Hawai‘i News: