I gay non dovranno più provare la propria omosessualità per essere esonerati dalla leva in Turchia
Fino a poche settimane fa, per ottenere l'esenzione dal servizio militare i gay turchi dovevano fornire prove della propria omosessualità
In Turchia il servizio militare della durata di 15 mesi è obbligatorio per tutti i maschi di età superiore ai 20 anni (le donne non sono ammesse) con l’eccezione di malati, disabili e omosessuali.
L’esercito, uno dei più numerosi d’Europa, conta oltre 650 mila soldati, di cui circa 450 mila di leva.
Fino a poche settimane fa, per ottenere l’esenzione per motivi sessuali, gli uomini dovevano dichiarare pubblicamente di essere gay, sottoponendosi a visite fisiche e mostrando fotografie di se stessi che testimoniassero la propria omosessualità alla commissione dell’esercito incaricata della valutazione di idoneità.
Questo avrebbe garantito loro un futuro di discriminazioni, mentre l’alternativa era nascondere per un anno la propria identità sessuale, sperando di non essere scoperti.
Circa due settimane fa, tuttavia, sono state modificate le disposizioni più controverse del regolamento. I medici ora dovranno solamente osservare i comportamenti e le dichiarazioni verbali dei soggetti. In altre parole, una persona omosessuale può scegliere di rivelare o non rivelare la sua identità. Se lo fa, la presente dichiarazione costituirà l’unica base per la decisione del medico.
Il cambiamento rappresenta un passo decisivo verso l’allineamento delle norme militari turche con le leggi di tutela dei diritti umani fondamentali.
“Essere gay in Turchia è difficile, ma per un gay in età da servizio militare, è un vero inferno”, ha detto Ahmet K., un ragazzo omosessuale turco ai microfoni del sito di informazione Al-Monitor. “Nella vita di tutti i giorni, poi, ammettere la propria identità sessuale significa essere emarginati dalla società, perdere opportunità di lavoro, nessuna speranza di diventare un dipendente pubblico, umiliazioni da parte di tutti. Insomma, una vita rovinata”.
Tali discriminazioni scaturiscono anche dalla definizione che il regolamento sulle capacità fisiche dell’esercito dal 1986 ha dato dell’omosessualità come di un “disturbo psicosessuale avanzato”, ovvero una malattia mentale.
Dopo anni di critiche per le violazioni dei diritti umani fondamentali in corso nei ranghi militari, nel 2013, l’esercito ha modificato il regolamento interno introducendo, per definire l’omosessualità, la categoria di “identità sessuale e disturbi comportamentali”, riconoscendo l’omosessualità come un’identità e non più come una malattia.
Ma se qualche passo in avanti è stato fatto in materia di ammissione al servizio militare, l’accesso ai ranghi professionali rimane sostanzialmente bloccato. L’omosessualità resta infatti motivo di espulsione dall’esercito per ufficiali e sottufficiali, così come per gli studenti delle scuole militari.