Scoprire di essere lesbiche in età adulta
Le storie di Evie e Regina, due donne di 32 e 35 anni che hanno deciso di cambiare vita facendo coming out, dopo aver avuto un matrimonio e una vita regolare
Scoprirsi lesbica in età adulta, nel ruolo di donna sposata o di madre, così come è successo alle due donne americane Evie e Regina, rispettivamente di 32 e 35 anni, è un fatto che può capitare a molte persone. Per anni Evie, pattinatrice professionista, aveva visto con i suoi occhi un certo numero di compagne di squadra sposate lasciare i propri mariti e iniziare una relazione con altre donne.
Evie si ripeteva ogni volta che questo a lei non sarebbe mai accaduto. Era sposata da dieci anni e mezzo con ragazzo di buona famiglia, ben voluto dai suoi genitori. Un matrimonio felice come tanti, con una vita regolare scandita dalle giornate di lavoro, di allenamento in palestra e dalla sua carriera sportiva.
Ma alla fine anche lei ha ceduto a quella che ritenne essere la sua vera natura, e ha lasciato suo marito lanciandosi a 32 anni nella sua prima relazione lesbica con una sua compagna di squadra.
“Era come se dentro di me prima o poi qualcosa sarebbe esploso, come una bomba. Avevo lavorato tantissimo con me stessa, sforzandomi di apparire perfetta nel pieno rispetto delle convenzioni sociali, Ma non ero davvero felice”, ha raccontato la donna.
Regina amava suo marito Mitch. “Abbiamo avuto davvero un grande matrimonio. L’adoravo, ma avevo bisogno di perseguire un altro stile di vita”. Quando Regina decise di separarsi da suo marito di anni ne aveva 35.
Le esperienze di Evie e Regina non sono rare, anche se l’interrogativo che spesso affiora quando ci si trova dinanzi a queste storie è sempre il medesimo: “Che cosa succede a scoprire di essere lesbiche in età adulta?”.
Lo stesso è accaduto a Elizabeth Gilbert, meglio conosciuta come l’autrice del best-seller “Eat, Pray, Love” (da cui è stato tratto anche il film interpretato da Julia Roberts) che all’età di 47 anni ha recentemente annunciato di aver lasciato il marito e di aver iniziato una relazione d’amore con la sua migliore amica, Rayya Elias.
In una lunga intervista rilasciata al Guardian, l’autrice del romanzo autobiografico – uno dei più venduti del 2006, rimasto nella classifica del New York Times per 187 settimane – ha raccontato di come e perché abbia preso una decisione del genere.
Il cambiamento è stato drastico ma necessario pur nella consapevolezza che una simile decisione avrebbe comportato delle conseguenze profonde. “Ma non bisogna aver paura nella propria vita di premere il pulsante reset”.
L’autrice ha raccontato anche dei momenti in cui non si è sentita a suo agio nel dover ammettere la verità e fare coming-out. Tuttavia, le donne che scoprono di amare un’altra donna e lo ammettono in età avanzata non sono numerose e questo dipende, nella maggior parte dei casi, dall’idea e dal ruolo sociale attribuito a queste ultime.
Al contrario, non sono mancate storie di minori e della loro consapevolezza circa la loro identità sessuale. Recente la storia di Reese, un’adolescente di 13 anni che ha dichiarato di essere lesbica e di averlo scoperto quando frequentava le scuole elementari.
Se gli studi compiuti nel 1970 documentavano che l’età media delle persone che facevano coming-out si attestava intorno ai vent’anni, ossia con la maggior età, le ultime ricerche dimostrano invece che l’età media è scesa oscillando tra i 14 e i 16 anni. Non sono mancati casi di tredicenni che hanno ammesso la loro omosessualità.
Questa graduale consapevolezza della propria identità sessuale la si può ricollegare, per certi versi, anche alla crescente inclusione sociale delle comunità LGBT.
Un sondaggio realizzato nel 2015 da Gallup, la compagnia americana che si occupa di sondaggi, ha rivelato che oltre il 60 per cento degli americani sosteneva apertamente i matrimoni gay. Mentre, nel 2016 le forze armate statunitensi hanno aperto la leva militare anche alle persone omosessuali.
Ma per realizzare questi cambiamenti c’è voluto del tempo. Altri studi, infatti, suggeriscono che nelle generazioni più adulte, le donne tendono ad ammettere la loro omosessualità molto tardi rispetto agli uomini. E questo ritardo è legato all’immagine comune che si ha della donna, come madre e moglie. A volte, è associato alla difficoltà di dover abbandonare o rinunciare a ruoli prestabiliti.
Altri ancora individuano le cause di questo ritardo al diffuso sessismo. Una psicoterapeuta specializzata nella terapia che spinge il paziente ad ammettere la propria omosessualità, ha spiegato che: “La società permette alle ragazze di toccarsi, di abbracciarsi, di baciarsi. Mentre, i ragazzi fin da bambini vengono educati a non toccarsi, e se questo accade allora vengono classificati come ‘strani’ o ‘eccentrici'”.
Per le donne quei gesti fisici vengono classificati, al contrario, come slanci d’affetto e non sono immediatamente ricondotti a inclinazioni omosessuali. Su quest’aspetto sono state innumerevoli le interpretazioni. La poetessa femminista Adrienne Rich si è spinta fino a sostenere che ogni esperienza femminile sia alimentata da un cosiddetto “continuum lesbico”.
Nel suo celebre testo apparso negli Stati Uniti nel 1980, dal titolo “La costrizione all’eterosessualità e l’esistenza lesbica”, l’autrice sostiene che l’eterosessualità non è qualcosa che va da sé, cercando di capire come le donne restino sottomesse a questa sessualità, chiave essenziale della dominazione maschile e delle norme patriarcali.
Nella sua analisi difende il riconoscimento e la visibilità dell’ “esistenza lesbica”, insieme a ciò che ha chiamato “il continuum lesbico”. Questo continuum ingloba non solo le relazioni lesbiche, ma anche “le multiple forme dei rapporti intensi e privilegiati tra donne” che non si identificano necessariamente come “omosessuali”. Questa tesi ha provocato molte discussioni all’interno del movimento lesbico.
Ritornando a Evie, la donna racconta la sua prima relazione sentimentale con un’altra donna. “Mi sentivo strana. Era tutto incredibile. Un’esperienza intensa in quel rapporto, reso ancora più profondo nel momento in cui abbiamo fatto sesso”.
Oltre ad aver annullato un matrimonio, Evie e Regina hanno ribaltato anche la loro routine quotidiana. Prendere consapevolezza della propria identità sessuale significava anche frequentare nuovi spazi e nuove persone.
Evie ha incontrato una donna e per vivere con lei ha lasciato il sud della California e l’ha seguita fino in Oregon. “Stavo cercando di capire chi ero in questa identificazione lesbica”, racconta ancora la donna.
Non solo cambiare vita, ma anche aspetto. Evie si è tagliata i capelli e lo stesso ha fatto Regina.
Nel 1979, la sessuologa e psicologa australiana Vivienne Cass introdusse la sua teoria sullo sviluppo dell’identità omosessuale. A tal proposito individuò sei step specifici. Oggi la sua teoria è nota come Modello di Cass sull’Identità Omosessuale. Il quinto degli stadi, conosciuto come Identità Pride (di Orgoglio), l’individuo si immerge nella cultura gay o lesbica, riducendo al minimo il contatto con il mondo eterosessuale.
Per molto tempo, Evie ha vissuto un momento difficile nel definirsi come una lesbica, ma oggi dopo aver preso piena consapevolezza di sé ammette di odiare l’espressione “lesbiche in tarda età”, perché è come voler confermare di aver sprecato del tempo ad ammettere la propria reale identità.
Quando Evie ha ammesso di essere lesbica, ha perso tanti amici e ha messo fine al suo matrimonio. Si è trasferita in un altro stato e ha ribaltato la sua vita. “Questo caos è valso perché ora sono felice. Quando vivi nella piena consapevolezza di chi sei, tutto diventa più leggero”.
A volte ci vogliono anni per tirare fuori la propria natura, ma spesso non sempre si riesce o lo si fa troppo tardi, come è successo a Evie e a Regina, la quale ha voluto concludere la sua lunga intervista al sito Alternet con un aneddoto.
Mentre rispolverava lo scaffale del suo ufficio Regina ha trovato un vecchio diario delle scuole superiori. Aprendolo è capitata sulla data 17 dicembre 1976. Qui c’era appuntata una semplice frase “Oh mio Dio, credo di essere lesbica”.